Beppe Grillo, al quale pur si deve una boccata di aria fresca nell’antro della politica italiana, ce la sta mettendo tutta per dimostrarsi peggiore di com’è. Dopo una serie di cazzate che hanno come ultimo anello (cronologico) la lista di proscrizione dei giornalisti, ieri è arrivata la madre di tutte le minchiate: la gogna per il ministro Dario Franceschini che ha inviato un sms agli amici in cui perorava la causa della compagna, Michela Di Biase, candidata al Consiglio comunale di Roma.
Nella furia collettiva di un qualunquismo becero, nel turbine di ignoranza in cui il primo che urla ha più ragione dell’ultimo che pensa, l’accusa di Grillo (Franceschini tiene famiglia!) è un’offesa alla vera politica che il Movimento 5 stelle dovrebbe invece difendere.
Cosa ci aspetta in un futuro grillistico?
Che un marito non possa più fare campagna elettorale per la moglie? Che le colpe dei padri ricadano per linea ereditaria sui figli? Che la purezza sia certificata dalla società di Casaleggio? Che la verità rivelata sia vergata su carta telematica del blog di Beppe Grillo?
Suvvia, Franceschini ha tutto il diritto di inviare sms a chi vuole per sostenere la campagna elettorale della compagna. E purtroppo Grillo ha tutto il diritto di inanellare una scempiaggine dietro all’altra per decretare la fine di un movimento che sembrava alba e che invece è notte sempre più fonda.
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Dal “resistere” al cubo, al lapidario “vaffanculo”
Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Il primo consiste nello scattare una fotografia dell’attuale situazione sociale ed economica e nell’analizzarne, con una lente d’ingrandimento, alcuni dettagli. Nella grana dell’immagine sono evidenti molti spazi vuoti: è il vuoto delle promesse che non possono più essere fatte, il vuoto di credibilità della politica isolana, il vuoto di motivazione strategica dei partiti. Nel voto di scambio è fondamentale la merce che passa di mano e se questa manca, viene meno la garanzia sulle speranze a buon mercato. Il movimento di Grillo ha riempito questi buchi, ponendosi non come alternativa – che sarebbe stato un tipico ragionamento politico, di quelli classici insomma – ma fisicamente come mastice, che ha chiuso, sigillato gli spazi vuoti.
La moda dell’onestà
Grillo promette: “L’onestà diverrà di moda”. E’ una bella prospettiva che non può avere oppositori: trovereste qualcuno che promette il contrario? Vabbè, forse sì… ma per praticità escludiamo i lestofanti.
Comunque il problema è questo: basta l’onesta per governare un Paese?
Ovviamente no. Però l’Italia si trova in una posizione più scomoda, in cui chiede non già di essere governata, bensì implora una ricostruzione. Che è una cosa diversa.
Per amministrare servono competenze e furbizia. Per scavare tra le macerie servono braccia forti, magari giovani, e abnegata onestà. Perché tra governi politici e tecnici, tra ministri esperti e creativi, tra figli di papà e figli di puttana, abbiamo consegnato la nostra nazione a gente che quanto a capacità distruttiva considera gli Unni poco meno che pivelli.
La moda dell’onestà, con tutte le scintille qualunquiste che può suscitare, è quindi più che auspicabile, chiunque la proponga.
Il modello di governo che l’Italia degli onesti si aspetta è semplice e di un’intransigenza ferrea: lavorare a testa bassa per tirare su tutto ciò che è venuto giù. Senza fronzoli, senza privilegi, senza odiosi orpelli.
Altrimenti le prossime elezioni, se le faremo, le faremo nelle caserme.
Crocetta e delizia
Non ho votato Rosario Crocetta, lo avrei fatto se non avesse condiviso (inspiegabilmente?) la sua strada con l’Udc, un partito che non ha nulla a che vedere con la sua storia di pilastro antimafia e di alfiere della libertà sessuale.
Eppure, ora che è stato eletto, sono contento. Per lui e per me.
Perché Rosario Crocetta è una delle persone più oneste che abbia conosciuto, perché ha la follia che serve per domare i contrattempi e perché un governatore omosessuale nell’isola del maschilismo più becero è una gran bella cosa.
Buon lavoro, governatore Crocetta, da uno che la contesta politicamente, ma che la stima personalmente.
Reazione intestinale
Si è parlato di “vendetta”, ma ci starebbe anche “avvertimento” o più prosaicamente “porcheria”. Indubbiamente il voto contrario del Pdl al governo Monti come reazione alle dichiarazioni del premier sullo spread e Berlusconi è un’offesa al ruolo del parlamento perché mescola le questioni private con l’interesse pubblico. Ma è anche un’occasione preziosa per capire da chi siamo rappresentati: da un manipolo di furbacchioni che si fanno i fatti propri. Sei stato monello e io ti voto contro, e chi se ne frega se la barca affonda e siamo tutti con l’acqua alla gola.
La logica, molto berlusconiana, del tanto comando io deve essere estirpata con la forza perché se siamo nei guai è anche colpa di questo tipo di ragionamenti. Proveniamo da un ventennio di scollamento tra realtà parlamentare è realtà sociale, abbiamo tanti di quegli esempi di uso scorretto e/o abominevole della cosa pubblica che per trovare un solo caso positivo bisognerebbe far risorgere i morti.
Quei quattro fantasmi del Pdl che per manifestare la loro presunta esistenza in vita devono necessariamente ricorrere a mezzi straordinari, un tempo mi avrebbero fatto pena. Oggi più che un sentimento, suscitano in me una reazione intestinale.
Offro io
New Forest, in UK. Aperitivo in atmosfera ovattata. Fuori una pioggerella che fa molto England, dentro legno che sa di limone. Barman che propone una specialità del luogo e che a un certo punto si ferma. Cambia lingua e chiede: “Da dove venite?”. La risposta non lo sorprende. Sfodera all’improvviso un dialetto siciliano arrugginito, ma sempre efficace. Segue una lunga chiacchierata di ricordi. Gli diciamo che tra qualche giorno nella sua città natale si voterà. Lui alza le spalle e sorride: “L’aperitivo stasera lo offro io”.
Buono come il Paniz
Maurizio Paniz (sì, sempre lui) a la Zanzara: “Molti elettori mi dicono: come posso fare a votare per lei e non per il Presidente Berlusconi?”.
Proviamo a rispondergli: basta aspettare che la natura faccia il suo corso.
Grazie alla Contessa.
Il bandito milanese
L’effetto urticante della vicenda di Marco Milanese non è dovuto all’odioso atto di salvataggio compiuto dal governo nei confronti di una persona sospettata di aver commesso gravi reati, ma al ghigno col quale una classe politica distante dalla realtà celebra se stessa. Nei commenti successivi al voto infatti non c’è stato spazio per una spiegazione razionale del no all’arresto, ma si sono registrati solo elogi compiaciuti (o meno) sulla “tenuta della maggioranza”, sulla compattezza del pdl.
Insomma, anziché inseguire i rapinatori si discute, ammirati, sulla potenza dell’auto che ha consentito loro la fuga.
Bonifici bancari
Caso Ruby, Berlusconi conta di raggiungere quota 330 deputati entro martedì.
Il tempo tecnico per effettuare i bonifici.
Rosi che si approva da sola
Aveva l’aria di una che aveva fatto di tutto per essere lì in quel momento e in quel contesto Rosi Mauro, leghista e presidente di turno del Senato, che ha approvato e disapprovato tutto e meno che tutto da sola, come una maestrina indispettita.
Invece oggi la signora è una macchietta della politica italiana che probabilmente maledice quel pomeriggio di untuosa presunzione in seguito al quale è stata consacrata reginetta di un video virale. “Chi è favorevole, chi è contrario, non approvato!”
La verità è che Rosi Mauro, con il suo fiocco verde lega, ci appare come la capoburocrate (privilegiata) di un consesso di burocrati odiato dai superstiti della burocrazia: è in un posto di dominio e non si interroga su quel che accade intorno, ma va avanti secondo i suoi principi piccoli, rigidi e fragili.
In qualsiasi altra nazione una come lei sarebbe stata spedita altrove dal suo stesso partito, perché la politica vive soprattutto di attendibilità e le varie Rosi Mauro, che pur non capendo nulla di procedure sono chiamate a imporle, hanno un problema di credibilità.
Invece l’onorevole sta lì, sugli scranni del Senato a rappresentare un’Italia che non si sognerebbe mai di recitare quella parte doppiamente ridicola perché macchiettistica e perché invalidata proceduralmente.
Rosi Mauro probabilmente dorme i sonni tranquilli che nessuno di noi, avendo fatto la sua figuraccia, dormirebbe mai. Quanto sia inconsapevolezza e quanto subcultura del neoberlusconismo (che celebra la santificazione delle minchiate) non lo sapremo mai. Il dato incontrovertibile è quello legato al primato di ridicolaggine: quello non glielo toglie nessuno, almeno fino alla prossima finta resa dei conti tra i ministri del Pdl e il Pdl stesso.