Di nome faceva Michele

Dario Flaccovio Editore, 2004

DALLA PREFAZIONE DI RAUL MONTANARI

“Palazzotto scarta di volta in volta tutte le soluzioni espressive più ovvie e disegna architetture audaci e fulminanti, inseguendo insieme al lettore non solo la verità della storia, ma più ancora una verità della lingua che rende ogni pagina godibile e divertente. Di quel divertimento che nasce dall’intelligenza e da un’immaginazione giosamente senza freni”.

LA TRAMA

Dietro la chiesa c’è un morto. Accanto a lui, agonizzante, il parroco coraggioso che ha cercato invano di fermare l’assassino. Il commissario Giovanni Porzio è solista dell’investigazione, ma stavolta la storia è inestricabile e deve ricorrere alla collaborazione degli unici poliziotti di cui si fida e di un medico legale appassionato di hard rock al quale è legato da un antico rapporto di avversione. Teatro del delitto è un parco di Palermo. Sul rovente scacchiere della città d’agosto, due donne muovono le proprie pedine tra amore e solitudine. Ognuno alla ricerca della propria verità. Che porta tutti dietro quella chiesa, dove c’è un morto. Anzi, a voler essere precisi, un morto e mezzo.

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ALCUNE RECENSIONI

LA REPUBBLICA – PALERMO (6 luglio 2004)
“C’è Martina Ferreri che ha smesso di uscire di casa. E allora scrive, filtra, interpreta. C’è padre Mario, prete di frontiera che una notte, al fittizio borgo dell’Annunziata, Palermo, incontra l’inferno in terra tra cemento ribollente, sangue, corti circuiti mentali che lo rendono ora testimone incolpevole, ora qualcosa di peggio. Ci sono Porzio, Faraci e Chimenti, poliziotti in un commissariato fin troppo stretto per il caldo che fa. E quel “morto e mezzo” dietro la chiesa, che si avvia a germinare altri cadaveri, altri filoni d’indagine, a ritmo esponenziale. C’è, soprattutto, un bel libro giallo, titolo: ‘Di nome faceva Michele’, che segna l’esordio del giornalista Gery Palazzotto nella narrativa di qualità. Un intreccio a enigma che guarda con rigore ai classici del genere senza perdere di vista il ‘qui e adesso’, oscillando tra flusso di coscienza e inabissamenti nell’humour nero, compreso un medico legale che si assorda a colpi di ‘Black Sabbath’ in un mondo di corpi freddi che non gli chiederanno mai di abbassare il volume”.
Giacomo Cacciatore

CLASS (luglio 2004)
“Gery Palazzotto, 41 anni, giornalista ai vertici del Giornale di Sicilia, coltiva il sogno di ‘fare lo scrittore a tempo pieno, l’istruttore di sub a Ustica e il maestro di free-climbing a Palermo’. Qualcosa più che un’ambizione. I brevetti sportivi ce li ha e il suo giallo d’esordio, Di nome faceva Michele (Dario Flaccovio), gode di lusinghiere recensioni (nella prefazione del libro, Raul Montanari definisce la prosa ‘ricca di invenzioni dalla prima all’ultima riga’)”.

CORRIERE DELLA SERA (5 settembre 2004)
“Il morto è un giostraio che spaccia droga pesante e smercia sesso particolare. Accanto a lui, steso in una pozza di sangue ma vivo per miracolo, c’è il parroco stimatissimo del rione. Al giostraio hanno spezzato l’osso del collo prima di squartarlo con un coltello. Al prete, possibile testimone del delitto, hanno disfatto la faccia a furia di sbatterla contro una panchina di granito. La scena del delitto è dietro la chiesa, immersa in un parco della città minacciato da una spregiudicata operazione di abusivismo edilizio. Ce n’è d’avanzo per sconvolgere il tran-tran di un piccolo commissariato palermitano al quartiere dell’Annunziata, comandato da Giovanni Porzio, uomo d’ordine un po’ scombinato e perennemente sul punto di perdere le staffe. Fa un caldo cane, a Palermo, ma quell’agosto sarà ancor più rovente per il poliziotto e per i suoi due agenti Faraci e Chimenti, chiamati a sbrogliare una matassa nella quale si incontrano altri bizzarri e umanissimi personaggi: il medico legale diventato sordo ascoltando heavy metal a tutto volume, la scrittrice in erba che si reclude in casa in cerca di ispirazione, la segretaria-amante di un ingegnere misteriosamente scomparso. L’intreccio giallo è un rebus letterario che Gery Palazzotto, alla sua opera prima, risolve brillantemente, disseminando l’estate palermitana di umori, colori, e colpi di scena. La scrittura agile, a tratti funambolica, è un buon invito alla lettura. La new entry fra gli investigatori nostrani, il commissario Porzio, regge con vigore la scena: egocentrico e impaziente, non finge di essere il cugino povero di Montalbano. E, grazie a Dio, ci riesce benissimo”
Claudio Colombo

PANORAMA (settembre 2004 – n. 38)
“Siamo in Sicilia, ma il commissario Porzio assomiglia poco al suo collega Montalbano. E’ uno sbirro irascibile, che quando s’arrabbia piglia una sedia e la scaglia a un centimetro dal naso dell’agente Faraci. E anche la Sicilia di questo romanzo d’esordio è diversa da quella di Camilleri. Palazzotto raduna una serie di personaggi tutti un poco devianti: il medico legale fanatico di heavy metal, l’aspirante scrittrice che non esce di casa. E dà vita al ritratto di una Palermo livida e feroce”.
Giorgio Ieranò

3 commenti su “Di nome faceva Michele”

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