La rivoluzione dei portafogli pieni

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

La frase chiave è questa: “Nell’interesse superiore dell’Autonomia siciliana”. E’ con sacro furore che ieri l’Assemblea regionale ha approvato una risoluzione che dà mandato al presidente Ardizzone di mobilitarsi, lui e tutte le truppe cammellate della “deputazione siciliana al Parlamento nazionale”, affinché venga sventato il grave attentato ai danni della Sicilia organizzato dal governo Renzi. La bomba sarebbe nascosta nel comma 13 dell’articolo 33 del ddl di riforma del Senato, laddove si stabilisce che le Regioni a statuto speciale dovrebbero perdere le competenze esclusive.
Deflagrando, l’ordigno annienterebbe il monumento simbolo della specificità isolana e raderebbe al suolo il totem dell’autodeterminazione.
(…)
Insomma anni e anni di “interesse superiore” calpestati dai tacchi centralisti di un governo che va contro la storia e la geografia. Il sospetto, però, è che il vero problema sia la matematica.
Il Senato rappresenta infatti un sempiterno termine di paragone quando si parla di indennità nella Regione sommamente autonoma, cioè quando si tratta di stipendi di personale e deputati. Non a caso nel 1948 la prima, mirabile, applicazione concreta del concetto di autonomia fu una delibera in cui l’Assemblea si attribuì, senza pensarci su, un trattamento economico privilegiato in linea con le tabelle del Senato. E da quel giorno quando qualcuno mette in dubbio la storica equiparazione con Palazzo Madama, all’Ars i pugni fendono l’aria, ma soprattutto stringono i portafogli.

Dite a Grillo che sono preoccupato

beppe grillo

Dove vuole arrivare Beppe Grillo? La domanda la pongo a me stesso e non ai militanti del Movimento 5 stelle che, come telecomandati, mi risponderebbero: “Ad azzerare il sistema attuale”. Che poi sarebbe anche una risposta che mi convince se solo intravedessi i passaggi elementari di una strategia così dirompente. Perché – lo dico pubblicamente – io il movimento di Grillo l’ho votato: mi sentivo di dare fiducia ai giovani, alle facce nuove, alla politica pulita, alla democrazia low-cost.
Però adesso sono allarmato perché non ci capisco niente.
Grillo mostra, almeno nelle prime battute, di muoversi con schemi vetusti, lui che si pone come il grande rinnovatore. La logica di schieramento rigida e inscalfibile è roba da partito comunista di quarant’anni fa, chi ha la mia età se la ricorda. La blindatura delle dichiarazioni non concordate e l’accentramento del sistema di comunicazione è un’invenzione di Berlusconi, anno di grazia 1994. La ruggine del “chi non è con me è contro di me” è l’elemento che ha distrutto movimenti di popolo come la Rete, ed è passato qualche decennio. Continua a leggere Dite a Grillo che sono preoccupato

Tra Grasso e Schifani

Non so come finirà al Senato tra Pietro Grasso e Renato Schifani (anzi sì, ma lo tengo per me). Però la certezza è che tra i due, come figure istituzionali, come personaggi politici, come professionisti, come entità simboliche, c’è tutta la distanza che corre tra un Paese normale e un Paese spacciato.

Massì, offro io

Questa foto è già virale sul web. E io do il mio modesto contributo perché l’argomento merita.

Grazie a Giuseppe Giglio.

Rosi che si approva da sola

Aveva l’aria di una che aveva fatto di tutto per essere lì in quel momento e in quel contesto Rosi Mauro, leghista e presidente di turno del Senato, che ha approvato e disapprovato tutto e meno che tutto da sola, come una maestrina indispettita.
Invece oggi la signora è una macchietta della politica italiana che probabilmente maledice quel pomeriggio di untuosa presunzione in seguito al quale è stata consacrata reginetta di un video virale. “Chi è favorevole, chi è contrario, non approvato!”
La verità è che Rosi Mauro, con il suo fiocco verde lega, ci appare come la capoburocrate (privilegiata) di un consesso di burocrati odiato dai superstiti della burocrazia: è in un posto di dominio e non si interroga su quel che accade intorno, ma va avanti secondo i suoi principi piccoli, rigidi e fragili.
In qualsiasi altra nazione una come lei sarebbe stata spedita altrove dal suo stesso partito, perché la politica vive soprattutto di attendibilità e le varie Rosi Mauro, che pur non capendo nulla di procedure sono chiamate a imporle, hanno un problema di credibilità.
Invece l’onorevole sta lì, sugli scranni del Senato a rappresentare un’Italia che non si sognerebbe mai di recitare quella parte doppiamente ridicola perché macchiettistica  e perché invalidata proceduralmente.
Rosi Mauro probabilmente dorme i sonni tranquilli che nessuno di noi, avendo fatto la sua figuraccia, dormirebbe mai. Quanto sia inconsapevolezza e quanto subcultura del neoberlusconismo (che celebra la santificazione delle minchiate) non lo sapremo mai. Il dato incontrovertibile è quello legato al primato di ridicolaggine: quello non glielo toglie nessuno, almeno fino alla prossima finta resa dei conti tra i ministri del Pdl e il Pdl stesso.

Bene o male

di Abbattiamo i termosifoni

Marcello Dell’Utri, nonostante una condanna per mafia in primo grado, è un senatore della Repubblica. Fin qui, purtroppo, niente di nuovo. Apprendo oggi che è nella top five dei parlamentari più assenteisti, con uno smagliante terzo posto.
Resta da chiedersi se sia un bene o un male. E’ meglio che si assenti e rubi lo stipendio o che frequenti e faccia di peggio?