Il futuro se ne fotte del bilancino

Non potremmo concludere la nostra riflessione sulla rivoluzione obbligata del futuro senza parlare dell’informazione e della politica. Due argomenti che, in piena epoca di qualunquismo destrutturato e di superficialità al potere, destano sbadigli se non accoppiati a improperi, maledizioni e slogan manettari. Ma proviamoci.

Il grande errore dell’informazione negli ultimi due decenni è stato quello di cercare di domare la realtà. Che detta così sembra una cosa che ha a che fare con il sacrosanto dovere di stare alle calcagna della cronaca. Invece è diverso. Le aziende editoriali italiane non si sono dimostrate capaci di offrire una proposta flessibile, non sono state in grado di declinare il prodotto nelle infinite versioni a disposizione. Prendete il rapporto tra carta e online. Ci sono giornali che per salvare il cartaceo hanno sacrificato il loro contributo sul web: una follia peraltro perpetrata da anni in redazioni in cui i siti sono stati affidati a service o a collaboratori di scarsa qualità, quasi come se si trattasse di materiale di risulta. È un tema sul quale in queste pagine si dibatte da troppo tempo, quindi la faccio breve.
Il futuro del giornalismo è tutto nel saper guardare oltre la cronaca: e questo va bene come slogan.
Nel cogliere la rarefazione degli attimi in un fatto e nell’analizzarla come si fa con un video al rallentatore: e siamo più dentro la questione, no?
Ma affondiamo la lama.
Il futuro del giornalismo è tutto nel sottrarre una quota di tempo alla cronaca, quindi nel non dimenticare ciò che è stato ieri e nel non sforzarsi in vaticini fatti a pelle magari sulla scia dell’ennesimo sondaggio (e i sondaggi sono quanto di più distante ci possa essere dal futuro). Nel togliersi dalla testa ogni velleità di controllo delle masse (il “controllo delle masse” ricorda più un film di Woody Allen che un programma politico-editoriale) e nello sposare con orgoglio una forma di narrazione: soggettiva, parziale, non equidistante.

Il futuro se ne fotte del bilancino, le rivoluzioni si fanno con gli squilibri, cazzo. E di squilibri culturali, di scontri di idee, di collisioni di proposte c’è bisogno in quest’era di finti dibattiti, in cui la scelta è prevalentemente tra una constatazione di ciò che è reale e un anelito negazionista, tra un’ovvietà (però reale) e una palese cazzata.

Infine siamo alla politica.
La politica è il terreno di coltura di tutto questo. È il punto di partenza e quello di arrivo, è il battesimo e giorno del giudizio. Anche qui il fattore tempo conta. In politica la nostalgia è sconsigliata dato che il passato ha sempre una brutta sorpresa per chi vuole scavare. Ma manco il futuro scherza. Le recenti cronache ci insegnano che nemmeno il trito “largo ai giovani” funziona più: in Italia abbiamo deputati e ministri imberbi che sono riusciti a fare più casini dei vecchi democristiani incatramati di convergenze parallele e di polvere massonica.
Perché? Perché conta la visione, anzi la visuale, anzi la vista a corto raggio. Perché la rivoluzione obbligata del futuro dà al futuro mandato pieno per giudicare: e per arrivare al futuro è vincolante dichiarare che il presente è un investimento che può avere costi altissimi.
È come costruire una metropolitana in una città dalla mentalità medioevale (ce ne sono, uh!): anni di scavi, sacrifici per i cittadini, disagi tremendi, polvere, clacson, soloni urbanisti, cialtroni urbanisti, cialtroni e soloni senza specializzazione. Si paga oggi per ciò che servirà domani. E la verità è che il politico che si impegna a prendersi i fischi e gli improperi per quei lavori si sta curando del futuro di quegli stessi cittadini che lo maledicono. Ma è complicato da spiegare se non esiste una mentalità che inquadra le cose nel loro divenire e le fotografa e basta.

È la politica che ci dice chi siamo, non viceversa. Il movimento più avveniristico che la sorte ci abbia elargito, proprio in questi giorni, si è arreso dinanzi alla più antica delle cause di separazione, i soldi. Ecco il Movimento 5 Stelle è l’esempio di come non si fa, quando si parla di futuro. Perché è un fenomeno costruito sulle peggiori (e pericolose) illusioni: che una cosa nuova sia ontologicamente migliore; che la tecnologia al servizio della democrazia sia una garanzia di qualità; che il sapere sia una palla al piede per volare verso il domani.
La rivoluzione obbligata del futuro parte dove finiscono le certezze, anche fondate, dietro le quali ci siamo messi al riparo sino a oggi.
Non è una scommessa, è una scelta consapevole. Soprattutto non si fa a piccoli passi, ma con falcate decise. Non serve coraggio, ma conoscenza. E consapevolezza che i soliti noti faranno le solite cose. Gli altri – inclusi quelli che sbaglieranno – faranno cose interessanti.

Il futuro è un delizioso mostro che si nutre di cose interessanti.        

3 – fine

Prima puntata.
Seconda puntata.

Forello, cinque stelle di eresia

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Manca solo la pericolosità sociale e nel meraviglioso mondo dei Cinque stelle quell’eretico di Ugo Forello potrebbe direttamente finire arso sulla pira del santo web. Chi ha un’età che consente un esercizio di memoria superiore all’emivita di una storia di Instagram, sa che le epurazioni dei sovversivi nei partiti delle grandi democrazie sono rare (e determinanti) come un autogol al 90°. Eppure nell’universo buio di un firmamento di stelle tarocche, prevale con sgarbata ignoranza una logica che sino a qualche anno fa avrebbe ispirato piazze, lenzuoli, scioperi della fame, bonzi del pensiero debole e attivisti della logica forte. A Palermo il capogruppo del M5S al Comune viene cacciato perché ha tradito “il senso di appartenenza” (sono parole di Toni Randazzo, lo statista prêt-à-porter che lo ha sostituito a poltrona ancora calda, tipo democristiano degli anni settanta). In realtà Forello ha liberamente criticato la chiusura dei porti, il pacchetto (in)sicurezza e l’attacco ai giornalisti. L’hanno trattato come un criminale, manco avesse defollowato Casalino.

Elogio del dissenso a 5 stelle

L’articolo di ieri su la Repubblica.

La nascita delle correnti all’interno del M5S siciliano, di cui scriveva su Repubblica  Antonio Fraschilla, segna una tappa fondamentale oltre la linea Maginot di una presunta diversità del partito di Di Maio. O forse rappresenta qualcosa di più importante poiché solo coltivando un sano dissenso si arriva a sagge decisioni. Pensate alla vera emergenza politica italiana, quel Salvini che mette i piedi in ogni minestra che trova, che discetta su tutto dai Rom ai vaccini, che incita all’odio e traveste vecchi fantasmi in nuovi nemici. Il Movimento 5 stelle rischia di essere fagocitato da questo cattivismo incolto. Paradossalmente la sua salvezza dipende proprio dalla capacità di saper mettere a frutto il dissenso interno. Le voci dissonanti, quelle ad esempio che credono nell’accoglienza degli immigrati e che sono contrarie alla chiusura dei porti, riconciliano con l’idea di una vera politica che parte dal basso, attenta ai temi sociali, nella tutela dei più deboli. È la vera scommessa da vincere quando le stelle non stanno solo a guardare.

La banca di Casaleggio e il denaro della rabbia

Leggendo “Supernova”, l’atto di accusa di Nicola Biondo e Marco Canestrari al sistema del Movimento 5 Stelle, ci sono passi su cui ci si deve fermare a riflettere. L’obiezione più comune è: gli autori sono ex grillini, vissuti all’interno dell’establishment, e hanno il dente avvelenato. La mia osservazione è: stiamo ai fatti, se i due autori riferiscono cose false c’è un solo modo per smentirli, e non sta nella piattaforma Rousseau ma in un’aula di giustizia.
Intanto c’è un passaggio del libro che merita una citazione, su quale servirebbe un dibattito franco e senza limiti di tempo.

(…)La tecnologia non è neutra: soprattutto i social network sono progettati per suscitare e raccogliere le reazioni spontanee e istintive degli utenti, non quelle più ragionate. E ogni reazione ne alimenta altre, ogni provocazione suscita indignazione più facilmente che ispirare fiducia e positività. È un mercato in cui la “banca centrale”, governata da Davide (Casaleggio, ndr) attraverso le sue società, associazioni, prodotti editoriali più o meno chiaramente collegati a Grillo, stampa (…) il denaro della frustrazione e della rabbia per raccogliere i frutti elettorali attraverso lo sportello del consenso che è il Movimento 5 Stelle.

L’incompetenza al potere

rosario crocetta
La sconfitta del Pd, soprattutto in Sicilia, è la dimostrazione che l’incompetenza al potere genera solo comparse e tiene lontani i protagonisti. Il partito di governo, della Regione e della nazione, si mostra come un’orchestra di improvvisatori. Ogni tanto, con una botta di culo, si azzecca una nota, si imbastisce un’armonia, ma generalmente si stecca perché la politica vera – come la musica – non è roba per poveri superbi.
Il Centrodestra brinda alla rinascita ma, si sa, pensare in grande quando le molliche si spacciano per pagnotte è un buon modo per mascherare l’agonia.
Ora, piuttosto, è il Movimento 5 stelle a dover dimostrare che dalla protesta colorata, suggestiva e un po’ qualunquista, si può partire per fare buona amministrazione. Che non significa necessariamente rincoglionirsi con le litanie del web, ma piuttosto scegliere di rappresentare, armarsi di coraggio e osare. Un sindaco grillino io lo vorrei cazzuto e indipendente, anche dai suoi guru, anche da quel magma non recensibile che è la gggente. Servono persone oneste che diano un’impronta personale alla tutela dell’interesse pubblico. In Sicilia i ragazzi del M5S hanno lavorato sodo, tenendosi lontani dagli svarioni dei compagni di cordata del governo nazionale. Ora serve che ascoltino, ma che al momento delle decisioni siano concentrati sull’obiettivo, non sull’audience e sul folklore del “non ci sto” di default.

Un vaffanculo ci seppellirà

Beppe Grillo a Genova

Alluvione di Genova. Grillo va tra gli spalatori di fango e lo contestano perché ci va. Se non ci fosse andato lo avrebbero contestato perché non c’era. In ogni caso un politico, oggi, è contestabile qualunque cosa faccia e questo la dice lunga sul muro di qualunquismo che, come una grottesca barriera di autodifesa, circonda ogni capannello, ogni manipolo di lavoranti, ogni adunata organizzata di cittadini disorganizzati, ogni pulpito sociale, ogni punto di raccolta di menti attive. La contestazione fanculista, che è il cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle, è in realtà l’arma brandita da qualsiasi non-politico insoddisfatto della politica che si è rifiutato di fare (e che quindi ha subito). Non esistono più le argomentazioni, i pallosissimi distinguo, le mozioni d’ordine, no. Esiste un vaffanculo generalizzato che non sente ragioni e che probabilmente non ne porterà una, una sola sulla soglia di un dialogo che sia (anche lontanamente) costruttivo.
Dopodiché alla democrazia malata non resterà che sperare nell’eutanasia.

Ecco perché il M5S è indispensabile

Un estratto dall’articolo di oggi su La Repubblica.

Sulla home page del sito del Movimento 5 stelle di Palermo campeggia una frase di Buckminster Fuller: “Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta”. Tutto si può contestare ai grillini, tranne di non aver fatta propria questa massima.
La sconfitta elettorale suggerisce, anzi impone, al Movimento di cambiare modello, perché la realtà si è appena rifatta il look restituendo con gli interessi quei “vaffa” che aveva assorbito in anni di appassionate contestazioni. Che sia la strada del dialogo all’Ars o quella di una degrillizzazione dell’enclave siciliana, con toni meno aspri e maggior esercizio di relativismo politico in ossequio al fatto che siamo sempre nella terra di Pirandello, poco importa in questo momento. Ciò che è giusto analizzare è il motivo per cui il Movimento – che piaccia o no – è ormai fondamentale per questa terra.

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Lettera aperta al Movimento 5 stelle

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Cari amici del Movimento 5 stelle,
certe sconfitte sono come gli antibiotici, vanno prese anche se fanno male alla panza perché in fondo servono a qualcosa. Il vostro movimento non è come altri partiti di cui si potrebbe fare a meno, voi siete giovani, nuovi (acerbi), onesti. Pensate alla differenza che passa tra il M5S e un partito a caso, Forza Italia, e ritenetevi fortunati a vivere in un contesto in cui contate come persone, col vostro entusiasmo e con la vostra forza creativa.
Avete fatto molti errori.
Schematicamente: avete dato alla Rete un ruolo che andava filtrato e che invece ha finito per chiudervi in un’illusione; non avete saputo imbastire un programma semplice e accattivante, ruffiano se vogliamo, fatto di piccoli passi; avete cantato vittoria quando bisognava fare gli scongiuri; avete peccato di grillismo poiché di Grillo ce ne è uno solo e imitarlo, in Parlamento o in tv, è solo fumo negli occhi di chi crede(va) in voi; non vi siete lasciati consigliare da menti esterne, da cervelli indipendenti che avrebbero potuto risvegliarvi da quell’ombelichismo che vi contraddistingue; avete dato molto, ma avete capitalizzato pochissimo; siete stati un ottimo esempio ma pessimi maestri, quasi che spiegare e rendere conto siano attività da vecchi.
Insomma avevate un bel giardino fiorito, e ora siete assediati dall’erba secca.
Ma non tutto è perduto. Innanzi tutto perché non ripartite da zero, ma da una posizione di tutto rispetto nel cuore degli italiani. Secondo, perché, come Beppe Grillo ha mostrato al mondo ieri, avete saputo accettare la sconfitta. In un Paese in cui, da quarant’anni ci si proclama vincitori sempre e comunque anche se si è con l’acqua alla gola, trovare qualcuno che dica “ok, abbiamo perso” è un buon segno. Terzo, perché in Italia servono più soldati che generali, più sentinelle che burocrati, più vedette che strateghi.
Il Movimento 5 stelle, a mio parere, può essere un grande partito – sì, partito – di opposizione, in una nazione che odia i controlli, detesta i doveri, ama i furbi e si nasconde dietro il primo segreto che incontra. Servono occhi aperti, persone affidabili, giovani accesi e non lobotomizzati dalla promessa di una passerella o di una comparsata in tv. Ecco perché dovete smetterla di rompere i coglioni con le grillaggini e diventare adulti.
Io, anche se non vi ho votati, conto su di voi.

Dare dell’idiota a chi lo è

vaffanculoHai detto vaffanculo?

Scusate, cosa c’entra Enrico Letta con Daria Bignardi?

Daria Bignardi

Non capisco. Daria Bignardi intervista il deputato del Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista e, con discreta sensibilità giornalistica, indugia con alcune domande sul passato fascista del padre del politico. Scelta legittima: nel giornalismo corretto non ci sono domande che devono piacere per forza, ma domande che devono suscitare risposte. Punto.
Per reazione all’intervista scomoda, il portavoce del M5S, Rocco Casalino scrive una lettera al blog di Beppe Grillo in cui, con discreta sensibilità politica, capovolge la situazione e domanda alla Bignardi come si sarebbe sentita se a lei, in veste di intervistata, avessero chiesto insistentemente del passato giudiziario del padre di suo marito, Adriano Sofri, condannato definitivamente come mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Scelta legittima: in politica non ci sono argomenti che devono piacere per forza, ma argomenti che devono suscitare domande e risposte. Punto.
Quindi siamo di fronte a due comportamenti semplicemente legittimi, l’uno giustifica l’altro, e come nel caso della Boldrini non vedo scandali. Non faccio parte del Movimento 5 Stelle e anzi l’ho spesso criticato – lo ribadisco perché da qualche giorno qualcuno, un po’ distratto, mi taccia di neo-cinquestellismo – ma le bassezze politiche travestite da atto di civiltà mi danno la nausea. Cosa c’entrano i messaggi di solidarietà del premier Enrico Letta e della presidente della Camera Laura Boldrini alla Bignardi e al marito Adriano Sofri? Da chi devono essere istituzionalmente difesi? Da uno che controbatte in un normale contraddittorio mediatico? Da una truppa di nuovi potenziali stupratori che si prendono d’invidia delle “Invasioni Barbariche” e magari s’inventano, mouse alla mano, qualche invasione più barbarica nel profilo facebook del potente e presuntuoso di turno?
Posso sbagliare – anche perché l’ho dichiarato in principio, non capisco – ma la sensazione sgradevole è che ci sia un accerchiamento politico senza precedenti nei confronti del Movimento 5 Stelle. E che stia decollando una strategia che punta a catalogare come violenza tutto ciò che è dissenso, a derubricare in fango ciò che è comunque opinione. Tutto questo, piacciano o no i movimenti (spesso sgraziati) del Movimento, è allarmante.