Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Ci sono due modi per cercare di capire come il “Movimento 5 stelle”, che ha la ruvidezza della protesta e la profondità dell’opinione, possa aver attecchito in modo così esemplare in una terra come la Sicilia, nella quale il voto di scambio – sia reale che simbolico – è sempre stato il perno di ogni competizione elettorale.
Il primo consiste nello scattare una fotografia dell’attuale situazione sociale ed economica e nell’analizzarne, con una lente d’ingrandimento, alcuni dettagli. Nella grana dell’immagine sono evidenti molti spazi vuoti: è il vuoto delle promesse che non possono più essere fatte, il vuoto di credibilità della politica isolana, il vuoto di motivazione strategica dei partiti. Nel voto di scambio è fondamentale la merce che passa di mano e se questa manca, viene meno la garanzia sulle speranze a buon mercato. Il movimento di Grillo ha riempito questi buchi, ponendosi non come alternativa – che sarebbe stato un tipico ragionamento politico, di quelli classici insomma – ma fisicamente come mastice, che ha chiuso, sigillato gli spazi vuoti.
Il primo consiste nello scattare una fotografia dell’attuale situazione sociale ed economica e nell’analizzarne, con una lente d’ingrandimento, alcuni dettagli. Nella grana dell’immagine sono evidenti molti spazi vuoti: è il vuoto delle promesse che non possono più essere fatte, il vuoto di credibilità della politica isolana, il vuoto di motivazione strategica dei partiti. Nel voto di scambio è fondamentale la merce che passa di mano e se questa manca, viene meno la garanzia sulle speranze a buon mercato. Il movimento di Grillo ha riempito questi buchi, ponendosi non come alternativa – che sarebbe stato un tipico ragionamento politico, di quelli classici insomma – ma fisicamente come mastice, che ha chiuso, sigillato gli spazi vuoti.
La Sicilia dei partiti tradizionali non conosce la coerenza, basti pensare ai mille ribaltoni della Regione e alla transumanza di candidati da una landa costituzionale all’altra, e per questo, i grillini vincono non impegnandosi in una congruità semantica del linguaggio politico (che anzi temono come la peste) e rivendicando il contrario della coerenza partitica, cioè l’assenza di una strategia di posizionamento. Ciò evidentemente attrae quella parte di elettorato che, delusa da decenni di malgoverno, crede nell’impossibile senza chiedersi come ciò sia possibile, fatta la dovuta eccezione per i giochi di prestigio sull’Imu.
L’altro modo per capire è quello di guardare al passato non per trovare similitudini, ma per analizzare il vigore e la natura di altre spinte aggregative che in qualche modo hanno scardinato le porte blindate del potere. Nel nostro caso l’unico modello utile di riferimento è la Rete di Leoluca Orlando. Era il 1991 e l’obiettivo era “spezzare l’inganno della Dc” con tutta una serie di nemici accessori che si andarono materializzando man mano che l’azione del partito divenne più aggressiva e articolata. Acqua fresca al confronto dei grillini poiché è evidente che oggi siamo di fronte a un movimento che non si batte contro una precisa componente politica, ma pretende di far crollare il palazzo con dentro tutti i partiti, conciliando l’ineluttabile destino dei moderni Filistei con la scaltrezza di un Sansone evoluto che a tutto pensa tranne che a immolarsi sotto le macerie. (…)