Gli spaventati del presepe

Non parliamo dei risultati elettorali. O meglio ne parliamo ma da un’altra angolazione. Cercando di spiegare come siamo arrivati a oggi. Niente politica, promesso. È una storia che mi è venuta in mente ieri, leggendo alcuni post su Facebook dove c’erano molte persone che si meravigliavano del fatto che tutta questa destra nelle loro timeline non l’avevano vista e che sospettavano che magari molti avessero votato di nascosto Meloni per poi far finta di nulla, fischiettando su Facebook.

È una storia che la dice lunga su quanto non sappiamo dei mezzi che usiamo, su quanto ci illudiamo di padroneggiare e su quanto dovremmo investire in conoscenza, studio e buona creanza, prima di meravigliarci per il poco di cui non c’è proprio nulla da meravigliarsi. Buon ascolto.

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Gery Palazzotto
Gery Palazzotto
Gli spaventati del presepe
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Il mitra

Sappiamo pochissimo dell’altro. E quel poco che sappiamo spesso ci terrorizza o peggio ci annoia. Invece è come col berlusconismo. Berlusconi è stato egemone per vent’anni perché ha saputo identificarsi coi disvalori di una società. La capacità di riconoscersi è alla base del rapporto con l’altro, che sia persona, entità, barlume di idea (ho esperienza di idee che sono corporee più degli esseri umani e non meno pericolose). Restando a Berlusconi, è stato l’unico leader politico a saper plasmare un elettorato a sua immagine e somiglianza. L’idea del miracolo italiano, se ci pensate, era tutta una promessa mai mantenuta, una vela mai dispiegata. Eppure milioni di italiani ci hanno creduto come non hanno mai creduto ad altri (Craxi lo fischiarono e lo colpirono con le monetine, Mussolini finì come finì, eccetera). Perché Berlusconi conoscendo benissimo l’altro, sapeva come ingannarlo, forgiarlo secondo il proprio comodo, illuderlo con ostentata grazia.

Oggi, grazie ai disastri della cretinocrazia, conosciamo il dna dell’altro che ci conviene. O meglio ne intuiamo il calo delle difese immunitarie, le crisi, gli imbarazzi e soprattutto i vizi. Sappiamo che l’altro può essere ingannato non già con fandonie ben congegnate, che risalgono all’era pre-social, ma con scemenze pacchiane, con l’alfabeto dei rutti, con il colpo mortale di “mi ha detto mio cuggino”.

È questo il vero punto di svolta.

Oggi l’altro non è un trampolino dal quale spiccare il volo verso nuove sapienze e nuove esperienze, ma un mezzo di locomozione per le idee più balzane, per il sottosopra che vuol insegnarci a camminare sulla punta del naso come se fosse giusto ed elegante, per un autolesionismo latente che non sa cosa è, cosa vuole, ma solo cosa distruggere. Oggi siamo sotto tiro di un mitra che uccide al contempo la vittima e il cecchino.

Coito ergo sum

olgettine

“Per queste ragioni sono obbligato a sospendere da gennaio ogni mio contributo”.

E’ questa l’unica frase che le Olgettine avranno capito della grottesca lettera che un Berlusconi in piena crisi di identità ha mandato loro per dire che non poteva più stipendiarle. Nell’esilarante inadeguatezza di quest’uomo – inadeguato come leader di governo, di partito, di famiglia, persino come condannato – c’è spazio per un’imbarazzante astrazione dalla realtà che lo rende ridicolo anche nelle occasioni più ordinarie. Come quando scrive una lettera, ad esempio. Nel suo comunicato a Marystelle Polanco, Iris Berardi e a diverse altre intellettuali con le quali imbastiva discussioni colte nelle famose cene eleganti, Berlusconi infatti si lancia, col monocorde linguaggio forzitalioto che fece la sua fortuna, in perigliose trattazioni dello stato della giustizia italiana preda di una “magistratura militante che fa un uso politico della giustizia per eliminare l’unico ostacolo che si è opposto e che si oppone alla definitiva presa del potere da parte della sinistra (della sinistra non parla più nemmeno la sinistra, lui invece persevera ndr)” e ragguaglia le signorine sul suo ricorso “alla Corte Europea di Strasburgo per correggere l’assurda e l’indegna sentenza del primo agosto (Mediaset Cassazione)”. Tutto ciò dopo un’omelia sul suo altruismo e sulla sua generosità dai quali scaturiscono quei benedetti assegni da 2.500 euro al mese versati alle succitate Olgettine. Ora, ve l’immaginate la ribollente passione civile di Barbara Faggioli nel leggere queste righe? O il baluginare dell’impeto politico di Barbara Guerra nel pesare le parole del vate di Arcore?

Francesca Pascale for president

Francesca PascaleSu Repubblica, Carmelo Lopapa ha raccontato come i nuovi equilibri di Forza Italia siano messi a dura prova da Francesca Pascale e dalla sua esuberanza domestica. È un affresco illuminante per capire il passaggio, o forse è meglio dire il trapasso, di FI da partito azienda a partito fazenda.
Un tempo le sorti di un sodalizio politico che incanta milioni di italiani si decidevano nello studio del grande capo, in seguito la situation room si spostò nella sua camera da letto, oggi i grandi giochi si fanno invece nel tinello. Non invidio il cronista che per raccontare al Paese il travaglio di una coalizione politica, è costretto a spremere le sue fonti non in parlamento bensì in cucina, giacché i nuovi attriti tra la Pascale e Berlusconi pare siano dovuti al licenziamento da parte di lei di una cuoca considerata più fedele di Marcello Dell’Utri. Ma sono tempi bui per l’ex Cavaliere e se i guai non arrivano da qualche pm comunista, magari un paio di stilettate se li prende dalla convivente. Della serie, dal pugno chiuso dei compagni al pugno e basta della compagna.
Tuttavia c’è poco da sorridere perché anche nella sua flautata agonia, Forza Italia si conferma un grande punto interrogativo della storia italiana. Facciamocene una ragione: se una ragazzotta come la Pascale riesce a passare dai ritocchi alla lista della spesa alla stesura dell’agenda politica nazionale, è segno che c’è un male incurabile nel nostro sistema. Dovevamo capirlo prima, la prevenzione è la migliore forma di cura. E invece ci scherzavamo su. Quando si parlava dei fagiolini a ottanta euro al chilo sghignazzavamo incoscienti, e non sapevamo (capivamo) di essere come la famosa lumaca di Pirandello che gettata sul fuoco sfrigola e pare ridere. Invece muore.

Lo so, sono discorsi che annoiano

Sono tempi difficili. Almeno per chi campa con poco, onestamente e si sforza di mantenere il timone saldo tra le mani nonostante la tentazione di virare, tornare in porto e mandare tutti a fare in culo.
Lo so, sono discorsi che annoiano. Però fanno bene a chi è riuscito a sviluppare un senso di orgogliosa resistenza.
Da qualunque parte mi volti è tutta una prova di forza. Mia, nostra.
Uno guarda il  proprio conto in banca e conosce ogni virgola, ogni uscita e soprattutto ogni entrata. Non c’è spreco di zeri, solo parsimonia. Qualche sacrificio e molto orgoglio: nonostante tutto non mi limito a galleggiare, ma nuoto con vigore. Sono fortunato.
Poi però uno legge la cronaca e si trova davanti a cifre che lo stordiscono più di una dichiarazione di innocenza di Berlusconi. Milioni di euro in tangenti. Stipendi pagati a chi non ha mai lavorato. Pensioni di quattromila euro al mese derubricate a spiccioli. Doppi e tripli incarichi elargiti come premio fedeltà, tipo i punti della Mucca Carolina. Perle ai porci e porci senza ali.
Lo so, sono discorsi che annoiano. Però fanno bene come un abbraccio d’amore: personalmente sono sempre e comunque per il trionfo delle certezze. Quelle che mancano quando si assiste all’ostentazione di carriere ingiustificate, al premio delle mediocrità, alla sperequazione dei meriti, allo spreco di fiducia.
Il ritegno è spesso un alibi per non dire, non fare. La prudenza mi piace solo nella guida dell’auto e nella gestione degli aperitivi. Per il resto credo che sia giunto il momento di ammettere che tra gli onesti non ci si annovera, ci si conta.

Governi domiciliari

Meno tasse per Fuffi

Twitter berlusconi cani elezioni

Dare dell’idiota a chi lo è

Senza titolo

Cretino

berlusconi-di-spalle

Si scatenano dibattiti, si mobilitano le segreterie dei partiti di mezzo mondo, ne parlano i giornali, ci si infognano i governi. A pranzo se ne discute a tavola, a cena sul divano. In ufficio e con gli amici è un argomento sempreverde, in tv è un riempipista. Non c’è categoria professionale che possa ignorarlo, perché è ovunque e comunque.
Eppure basterebbe poco per spegnere il suo interruttore, un clic che lo estingua senza traumi e violenze: non argomentare più, non impegnare più il nostro prezioso cervello per un argomento e una persona che non valgono neanche uno sbuffo di impazienza.
Dopo la cazzata sulla Shoa, di Berlusconi basterebbe dire ormai una sola, inequivoca parola.

Cretino.

Nightmare

Vent’anni fa il popolo italiano perdeva le elezioni.