Il vero difetto della democrazia

Il Trota si dice sereno, e ci mancherebbe altro. Ci mancherebbe un’inquietudine tardiva in un personaggio che di inquietudine ne ha suscitata molta tra gli italiani senzienti.
E’ questo il punto cruciale, l’inquietudine. Tardiva.
Per decenni solo in pochi si sono lasciati turbare dagli aborti della politica, e Renzo Bossi ne è emblematico esempio. Si è considerato normale, peggio fisiologico, che il figlio incolto del leader grezzo di un simil-partito potesse ambire a gestire la cosa pubblica. In nome di chi e cosa? Ma del suo essere figlio, naturalmente.
Se solo in Italia qualche elettore del centrodestra fosse stato più onesto con se stesso, oggi avremmo una nazione con meno storditi al governo. Non mi fate fare altri nomi perché una querela l’ho appena scampata e devo mettere i soldi da parte per pagare la Tarsu fresca fresca di notifica.
Però lasciatemi dire, nel pieno dell’esercizio di critica, che tra quelli che in questo momento stanno provando umanissimo disprezzo nei confronti del Trota e della sua famiglia ci sono molti ipocriti.
Un sistema con un briciolo di garanzie non avrebbe mai consentito a un ignorante di arrivare dov’è arrivato Bossi jr, con la benedizione di un elettorato degli anni Duemila (non la ciurma democristiana degli anni Sessanta, per intenderci). Chi ha votato il Trota è, secondo l’ipotesi più ottimistica, come il Trota. E questo dovrebbe diventare il manifesto della nuova politica. Noi siamo, in fondo, anche chi votiamo.
Il vero difetto della democrazia è che non ha nulla di definitivo contro i cretini.

Oggi le comiche

Denuncerò chi ha utilizzato i soldi della Lega per sistemare la mia casa.

Grazie alle parole di Umberto Bossi siamo oltre la nuova frontiera della sfrontatezza del potere malato. Non solo ti beccano mentre fai una malefatta, ma tu vuoi far passare il messaggio che quella malefatta, da cui tu e solo tu trai vantaggio, è stata ordita contro di te e quindi in fondo sei una vittima che chiede vendetta.
Della serie, oggi le comiche.
In realtà già da anni i corrotti di questo Paese, non trovando più scuse, hanno cercato riparo nel paradosso, nella ricostruzione grottesca. Nel giro di qualche legislatura siamo passati dal “lei non sa chi sono io” a “quel favore mi è stato fatto a mia insaputa”, dal “tutti colpevoli, nessun colpevole” di craxiana memoria al “denuncerò chi mi ha dato i soldi”.
Il sistema politico italiano, berlusconiano e non solo, è fondato – lo si apprende giorno dopo giorno – su una concatenazione di ruberie, milioni e milioni di euro che dalle casse dei partiti transitano nei conti privati. Cifre a sette-otto zeri di cui nessuno ufficialmente sapeva niente, soldi che adesso dovrebbero finire di diritto nel bilancio dello Stato, sequestrati.
Finiamola con questa pantomima del finanziamento ai partiti. Non sono più tempi e non solo per la congiuntura economica, ma anche per una questione di umore sociale.
Prima si rideva amaro, e adesso ci si amareggia soltanto.

Trova la differenza

 

Foto A
Foto B

 

Qual è la differenza tra il signore che vedete nella foto A e quello della foto B?
1) Nessuna, entrambi fingono per mestiere.
2) Nessuna, a parte la schiuma da barba.
3) Nessuna, entrambi hanno lo stesso senso della legge.

Il bandito milanese

L’effetto urticante della vicenda di Marco Milanese non è dovuto all’odioso atto di salvataggio compiuto dal governo nei confronti di una persona sospettata di aver commesso gravi reati, ma al ghigno col quale una classe politica distante dalla realtà celebra se stessa. Nei commenti successivi al voto infatti non c’è stato spazio per una spiegazione razionale del no all’arresto, ma si sono registrati solo elogi compiaciuti (o meno) sulla “tenuta della maggioranza”, sulla compattezza del pdl.
Insomma, anziché inseguire i rapinatori si discute, ammirati, sulla potenza dell’auto che ha consentito loro la fuga.

Uno legge un giornale e affonda una nazione

Non c’è solo l’Italia forgiata, rappresentata e stipendiata da Silvio Berlusconi a dare scandalo davanti agli occhi increduli del mondo. C’è anche quella millantata dal premier a lasciare attoniti innanzitutto i cittadini liberi, cioè quelli non foraggiati dal premier. Continua a leggere Uno legge un giornale e affonda una nazione

DalLavitola in giù

Quando non hai i soldi la gente non ti calcola più. Quando li avevamo, avevamo i centralini telefonici eravamo invitati ovunque e tutti ci volevano, quando siamo caduti in disgrazia a noi la gente non ci guardava più in faccia… lo dissi al Presidente, “sono stanca”… Io mi sono dovuta vendere tutto, dai vestiti, gioielli, orologi, borse…

Così Angela Devenuto in Tarantini spiega la sua caduta in disgrazia ai magistrati di Napoli. E’ l’ormai celebre interrogatorio in cui la signora, agli arresti, afferma che è molto difficile per lei campare con “soli” ventimila euro al mese. E in cui si manifesta in modo completo la storta filosofia del tarantinismo: io sono quel che guadagno, non importa come e perché.
La Devenuto in Tarantini è addolorata per il voltafaccia della “gente” che seguiva la sua scia di denaro, che sfilava elegante alle sue cene pantagrueliche, che ammirava i suoi gioelli. E in questo tragico risveglio c’è tutto il limite culturale, l’illogica concatenazione di concetti di un modo di vivere che ha nel sotto vuoto spinto il migliore contenuto. La vita imbastita di cose non nostre è come una scultura di ghiaccio, appena cambia il clima si trasforma, si appella alla materia primordiale, che sia fango o acqua. Se esistesse il brevetto della felicità l’invenzione non sarebbe di un miliardario, ma del suo opposto che vive di quello che ha, senza sprecare energie nel chiedere, ma godendo nell’ottenere. Del resto chiunque (o quasi) sa che per aumentare il livello di serenità basta incrementare il tasso di indipendenza.
Soldi disgraziati, amicizie interessate: cosa ci si aspetta da un mercato delle frequentazioni drogato dalla insana pulsione di essere tutto tranne che se stessi?
A tutti piace il denaro, però non tutti hanno disprezzo del denaro quanto chi non ha mai sudato per ottenerlo. La Devenuto in Tarantini  cade in crisi quando il sistema si è rimesso in equilibrio, azzerando i rapporti falsi e le complicità innaturali. Il mondo vero è quello in cui lei sta male, e il suo meravigliarsi è in fondo un risvegliarsi.
DalLavitola in giù ci sono solo incubi.

 

Berlusconi e il rigore mancato

Ora sono tutti lì a inveire contro di lui perché non solo non ha mantenuto la promessa di ridurre le tasse, ma anzi è stato costretto ad aumentarle. Come se ci volesse una crisi mondiale per svelare le zampe d’argilla del nano-titano della politica moderna.
Oggi Berlusconi, dopo decenni di imbrogli, profanazioni del buon gusto, inquinamento della morale, corruzione dei costumi, rischia seriamente di perdere la leadership di un Paese senza leadership per l’unica causa di cui non ha colpa: l’agguato degli speculatori internazionali.
Eppure si capiva già dal 1994 che per ridurre la pressione fiscale non servono le comparsate nel salotto televisivo di Vespa e i faccioni turgidi di cerone sui manifesti.
Per sanare l’economia, sia quella domestica che quella nazionale, occorre solo una cosa: rigore. Non lo insegnano all’università, basta vivere in un mondo che non sia popolato solo da yesman e donne a pagamento.
Rigore, quindi. Continua a leggere Berlusconi e il rigore mancato

La crisi della responsabilità

Che cosa penseranno in queste ore, leggendo nelle cronache delle belle imprese dell’onorevole Milanese, i suoi elettori? E che cosa avranno pensato ieri o l’altrieri gli elettori dei vari Cosentino, Papa, Brancher, Romano, e di non pochi altri senatori e deputati, a vario titolo indagati, rinviati a giudizio, condannati da un tribunale? La risposta è semplice: non hanno pensato niente. Per una ragione altrettanto semplice: perché quegli elettori in realtà non esistono.

Ieri, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli Della Loggia riassumeva così il catastrofico risultato dell’attuale legge elettorale italiana. Come infatti sapete, i deputati e i senatori, e non solo loro, non sono scelti direttamente dal popolo, ma dai capi di partito. Ne consegue un’interruzione del rapporto tra causa ed effetto che allontana sempre più la gente dalla politica e al contempo consegna il governo di una nazione all’onanismo di un oligarca.
Non si è rappresentanti del popolo se il popolo ignora chi lo rappresenta. Se la scelta di un deputato è demandata al capo di un partito, nonostante l’esito delle urne dove pure sono contenuti nomi e cognomi, il merito oggettivo diventa il suo contrario: raccomandazione, privilegio, favore.
Il momento politico che viviamo ormai da un decennio è inquadrabile, molto sommariamente, in un ambito di crisi di responsabilità. Ci arrabbiamo se nella Finanziaria qualcuno mette una norma che non c’entra nulla coi conti dello Stato ma solo con quelli di un malfattore. Ci indignamo se in un anno di attività parlamentare la maggior parte del tempo se ne va nel discutere la riforma di una giustizia che non piace sempre al solito malfattore. Ringhiamo davanti ai palinsesti di una tv pubblica depredata delle sue forze migliori solo perché non sono allineate col potere (frase trita, lo so, ma chiara…). Ebbene, dovremmo risparmiare le forze per incazzarci a monte. Tutto ciò accade perché chi vota questi provvedimenti, di qualunque partito sia, non ha una responsabilità diretta nei confronti dei suoi elettori. Esiste solo un maledetto cordone ombelicale col leader del partito: suo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.

L’infedele Berlusconi

Ieri sera l’impresentabile Berlusconi ha fatto un numero a L’infedele di Gad Lerner. Probabilmente, dato il nome della trasmissione, si è sentito snobbato.

I veri criminali sono single

Il presidente del Consiglio frequenta molte donne, quasi tutte di giovane età, organizza feste a casa sua, regala alle intervenute buste con migliaia di euro e cd di Apicella (molto più compromettenti dei soldi), si adopera per far liberare minorenni inguaiate con la giustizia, mente a ripetizione, premia attricette, starlette e igieniste dentali con un posto in politica, si fa svergognare da una moglie sui giornali, imperterrito continua a pagare prostitute che arrivano a casa sua con la scorta degli amici che gliele procurano, costruisce leggi che lo mettano al riparo dalla legge (quella vera), urla al complotto quando qualche magistrato ha qualcosa da ridire sui reati da lui commessi e in tutto questo pretende di amministrare la cosa pubblica con la serenità di una persona normale… Poi appare in tv, nelle sue tv, e a sua discolpa usa l’argomento più sorprendente: ho una relazione stabile.
Si sa, i veri criminali sono single.