C’è bisogno di un traduttore?

Così il magazine americano Foreign Policy descrive l’Italia. Mi pare che basti…
Tuttavia per i più curiosi (o masochisti) qui trovate qualcosa in italiano.

Grazie a Tex “Fabrizio” Willer.

La nuova memoria

Ieri, commentando le vicende politiche dei nostri giorni, mia moglie ha pronunciato una frase che mi sono segnato: “Vogliono imporci una nuova memoria”.
Il sistema che macina il passato nel mulino del presente è infatti la fabbrica del consenso berlusconiano. E la nuova memoria non è altro che un pane adulterato.
Non ci sono più eroi della storia, non esistono più sistemi di garanzia che abbiano più di vent’anni, il ricordo televisivo (l’unico certificato dall’accademia della moderna rimembranza) sbiadisce se non è rinforzato da un motivo contingente.
Mike Bongiorno non è più, come dovrebbe essere, un grande presentatore, ma diventa il simbolo ruffianissimo e imbarazzante (innanzitutto per lui, c’è da scommetterci) dell’unità d’Italia.
Il puttanesimo non è più una pratica clandestina e cialtronamente tollerata, ma un sistema di reclutamento politico.
I mascalzoni di una volta, quando scoperti, erano mascalzoni e basta. Oggi li si fa ministri per presentarli puliti e degni dinanzi alla coscienza collettiva.
I corrotti del passato, duole dirlo, sapevano cos’erano il senso della sconfitta e l’onore delle armi. Quelli del presente vanno in tv a dire che se il mondo gira in un senso opposto rispetto al loro, è colpa delle leggi che non sono ben sintonizzate col progresso.
Per cambiare non servono partiti, bensì un’unione di dignità. Una rivoluzione silenziosa che spazzi via i consensi immeritati e rimetta le pedine al posto che le regole impongono.
Però in questo momento, purtroppo, non ci sono notizie neanche dello scacchiere.

A chi servono le elezioni anticipate

di Tony Gaudesi

Sacra, inviolabile, sovrana. Da stuoino, qual è sempre stata, la volontà popolare sembra  di colpo diventata – a parole – l’ombelico del mondo politico, il denominatore comune, unico e irrinuncialbile, di tutte le politiche prossime venture. Bello, bellissimo, anzi patetico.

I nostri politicanti che oggi  fanno la ruota davanti alla telecamere, inalberando il vessillo popolare a difesa della maggioranza uscita dalle urne, evidentemente hanno la lingua e le mani lunghe ma la memoria corta.
Era il 1993 quando l’intoccabile volontà popolare, dicendo sì al referendum proposto dai radicali, scaraventò a mare il finanziamento pubblico ai partiti. E furono adesioni bulgare: oltre il 90 per cento degli italiani  (31 milioni contro 3 milioni) cassò l’iniquo balzello, che, uscito dalla porta, fu però fatto rientrare dalla finestra. Già lo stesso anno, infatti,  il finanziamento fu parzialmente riesumato  per essere potenziato nel 1994 e vitaminizzato nel 2002 prima e nel 2006 dopo. Risultato: i rivoli di denaro indirizzati alle casse dei partiti divennero torrenti, fiumi in piena, mentre il rimborso perdeva attinenza diretta con le spese realmente sostenute dai partiti, abbassava la soglia della rimborsabilità dal 4 all’1 per cento e, soprattutto, diveniva erogabile per tutti e cinque anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva.

E proprio quest’ultima ciliegina rischia di rendere particolarmente indigesta per i cittadini la torta in preparazione nelle segreterie romane dei partiti: la chiamata alle urne.  L’avvio anticipato della macchina elettorale innescherebbe infatti l’ennesimo maxi-scippo alle casse dello Stato. Questo perché l’ultima versione della legge-truffa che  si è fatta beffe delle “sacre” decisioni degli italiani porterebbe al terzo contemporaneo rimborso per i partiti: per la XV legislatura (Prodi) la XVI (attuale) e la XVII (nuova).
E si tratta di rimborsi enormi, ben più grossi delle spese sostenute: il Pdl, ad esempio, per il 2008 riceverà un rimborso di oltre 205 milioni di euro a fronte di spese accertate di poco più di 53 milioni, il Pd di 180 milioni a fronte di esborsi pari a 18 milioni e l’Udeur (l’Udeur???) continuerà a ricevere rimborsi fino al 2013.

Tutto mentre Roma predica sacrifici e razzola negli sperperi, i cittadini aggiungono buchi su buchi alla cinghia-groviera che ha più che doppiato il punto vita, i ricercatori vanno alla ricerca… di posti all’estero e i professori, in bagno, insegnano ai figli che uso fare del titolo di studio.

La finta democrazia

Presentatrici televisive che fanno i sindaci, soubrette che fanno i ministri, piduisti che fanno i premier, pregiudicati che fanno i senatori, lingue felpate che fanno i direttori di tg, imbroglioni e bugiardi che fanno i direttori di giornali.
Ogni mattina quando leggo i giornali, l’Italia mi appare sempre più dannata.
L’occupazione militare di ogni scranno, seggiola o strapuntino segue una regola fondamentale: quella della mistificazione.
Nella Prima Repubblica c’erano la corruzione e la censura, ed erano sotto gli occhi di tutti. Lo erano a tal punto che il potere non si sognava di nascondersi. Al contrario, l’imbroglio era ottriato come simbolo del privilegio del potere. Dalla Rai di Bernabei alla Milano da bere di Craxi, era un tripudio di benessere oligarchico.
Nella Seconda Repubblica qualcuno ha deciso che bisognava cambiare, se non altro per giustificare il terremoto politico. Il potere non voleva rinunciare ai suoi vantaggi trasversali e disonesti, ma non voleva più nascondersi. Così ha scelto di costruire una realtà deformata da elargire ai sudditi adoranti.
La negazione dell’evidenza è diventata lo strumento chiave di lotta alla verità.
Nani e ballerini al governo? No, no, mai, mai, vergogna, vergogna!
E intanto sale la musica e scintillano le paillettes: inizia il consiglio dei ministri.

Un uomo colto. Sul fatto

Non amo particolarmente Marco Travaglio, ma il suo numero su Dell’Utri (di Annozero della scarsa scorsa settimana) è stato molto efficace.

Effetto sorpresina

Atteso come l’acuto finale all’opera, è arrivato l’anatema di Berlusconi sui casini combinati dai suoi accoliti: c’è una congiura dei pm. Che è come incolpare l’albero, col cui legno è stata costruita la croce, della morte di Gesù Cristo.
A poco valgono i distinguo di Bossi e Fini, un duo ormai accomunato solo dal nome di una triste legge sull’immigrazione.
Il premier deve gorgheggiare come il suo pubblico si aspetta, incurante della profonda differenza tra il canto e la polemica, tra l’arte e la politica. Del resto, a parte che nel calcio, l’effetto sorpresa affascina solo chi ha il culto del bello. E con Berlusconi siamo fuori tema.

L’antidoto

Il sistema clientelare e truffaldino smascherato da Stefania Petyx ha avuto vita facile per una serie di motivi. Provo a schematizzare.
a)    La disattenzione e l’approssimazione dei cronisti locali.
b)    La connivenza delle opposizioni.
c)    La disonestà endemica di una piccola, ma determinante fetta della popolazione.
d)    La bassissima qualità della politica.
e)    La codardia dell’elettorato.
Qual è l’antidoto contro l’incancrenirsi di questa situazione?
Uno solo.
La denuncia continua.
I poteri forti, quelli che addomesticano i quotidiani e mozzano le teste che emergono dalle folle inginocchiate, detestano la pioggerella di accuse. Fateci caso: l’unica occasione in cui un potente perde le staffe è quando si rende conto che dal tetto di ombrelli che i suoi uomini hanno elevato a protezione, filtra qualche gocciolina insidiosa.
Cerchiamo di non fare i parolai e diamoci da fare per incrementare la circolazione delle informazioni: con tre-quattro siti internet (tra blog e portali d’informazione) abbiamo un bacino d’utenza superiore a quello del maggiore quotidiano cittadino.
E a noi non ci paga nessuno per non raccontare.

In galera e basta

Stefania Petyx ieri sera ha raccontato una storia di ordinaria truffa al comune di Palermo.
Sarà che stimo Stefania, sarà che detesto Diego Cammarata e la sua amministrazione, sarà che in questi giorni devo pagare l’Iva, fatto sta che quando ho visto il servizio su “Striscia” ho avuto un attimo di disorientamento. Dapprima ho dato la colpa al disturbo che al momento mi provoca qualche fastidiosa vertigine, poi però mi sono reso conto che c’era qualcos’altro: rabbia, senso di impotenza, sapore amaro di ingiustizia.

Siamo una terra di pseudo.
La maggior parte delle anime, qui, ha una componente usurpata rispetto al netto che la realtà sociale gli deve. Pseudo-politici, pseudo-professionisti, pseudo-elettori, pseudo-intellettuali, pseudo-lavoratori. C’è un modo per riconoscerli, questi pseudo (che sono la maggioranza). Cercate nella folla chi si agita di più, chi brandisce un tesserino, chi ostenta un titolo, chi sorride a sproposito: troverete il meglio del peggio certificato.
Tuttavia Stefania Petyx ci ha ricordato, con disinvolta caparbietà, che le nostre lande non sono popolate solo da questi individui, che esiste ancora chi sa che indignazione e disfattismo devono essere tenuti lontani come il fiammifero e la benzina.
L’esperienza e la buona fede insegnano che persino la trovata più mefistofelica è vana quando la sana evidenza viene esposta con coraggio, e nel mondo dominato dagli pseudo ci vuole coraggio anche a chiedere “scusi, che ne fate dei miei soldi?”.

Soldi.
Centinaia e centinaia di migliaia di euro che, nella Sicilia dei senzacasa e dei disoccupati cronici, finiscono nelle tasche degli pseudo-furbi, con l’orchestrazione di pseudo–amministratori, grazie all’ignavia di pseudo-giornalisti e alla distrazione di pseudo-magistrati.
In un raptus di ottimismo mi piace pensare che, prima o poi, tutti gli impostori coinvolti in questa storia pagheranno non tanto per quello che hanno rubato, ma per averci considerati tutti una massa di decerebrati.
Non ho mai contato sulle gocce che rovinano gli equilibri instabili dei vasi stracolmi, quanto sulle quelle che perforano la roccia.
Qui si è rotto il fondo, si è aperta una voragine. Che deve inghiottire, senza sconti, chi ha rubato, chi ha truffato, chi ha corrotto.

Grazie a Rosalio.

Era una casa molto carina…


Ok, saranno i giudici a stabilire se il ministro Claudio Scajola la casetta romana l’ha comprata coi suoi soldi oppure no.
Però, siccome la storia è molto delicata (un ministro che incassa la mazzetta fa ancora indignare molti italiani, non tutti ma molti), vale la pena di annotarsi le seguenti dichiarazioni:
1)    “Ho la coscienza a posto”.
2)    “E’ solo clamore mediatico”.
3)    “E’ solo una bolla di sapone”.

Appartengono, nell’ordine:
1)    Allo stesso Scajola.
2)    Al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti.
3)    Al premier Silvio Berlusconi.

Così, quando sarà, almeno tra noi avremo le idee chiare.

Presente!

Dice il governatore di Sicilia Raffaele Lombardo che domani all’Ars farà i nomi dei politici “legati alla mafia e agli affari”. Cioè farà l’appello?