Le troie di Battiato, i puttanieri di Grillo. La politica scopre, con un ritardo pluridecennale, le difficoltà dei facili costumi. Ora tra le vestali di Montecitorio è tutto un rigurgito di indignazione, fioccano le stigmatizzazioni e si aprono i cieli delle scomuniche.
In realtà chi ha un senso dell’ovvio minimamente sviluppato capisce benissimo quali sono i bersagli di quel turpiloquio. Le parole saranno sì pesanti, ma quello che tutti noi abbiamo dovuto digerire in questi anni di prostituzione politica – perché di questo si è trattato e sfido chiunque a dimostrare il contrario – non è roba da poco. Ci siamo dimenticati delle carriere di certe parlamentari che prendevano la rincorsa dalla camera da letto del capo? O dobbiamo sorvolare sui curriculum di altre showgirl, ballerine, calendariste e agitatrici di tette a scrocco, per atterrare nella realtà o ai suoi confini?
Le troie e i puttanieri nel nostro Parlamento ci sono stati, e pure senza preoccuparsi di non dare nell’occhio. Chi dice che non ciò è vero, è in malafede (o rientra nelle categorie succitate).
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Mignotte
Le liste del Pdl mi fanno venire i conati di vomito, Berlusconi ha ricandidato i soliti, con operazioni incomprensibili come mettere la Polverini nel Lazio. Non siamo mica nati ieri e sappiamo che ha candidato di nuovo delle mignotte. È cambiato troppo poco rispetto alle aspettative, la serietà delle persone è importante. Un censimento è difficile e vedendo le liste, volando basso, mi sono saltati agli occhi i nomi di una decina di mignotte, intese come persone che si adattano a fare qualsiasi cosa, che fanno quegli esercizi che non sono titolo di merito. Non è che se io faccio una scopata allora merito un aumento di stipendio.
Non lo dice Beppe Grillo. Né lo scrive Marco Travaglio. Non lo afferma Gianfranco Fini. Né lo manda a dire Antonio Ingroia.
Lo dice Vittorio Feltri, che dalla famiglia Berlusconi riceve un lauto stipendio.
Trova la differenza
Chi sta con Borghezio?
Per il parlamentare della Lega Nord Mario Borghezio, l’Abruzzo “è un peso morto come per noi tutto il Sud”.
E’ in quel “noi” l’elemento che dovrebbe scatenare indignazione.
Noi che nel 1976 siamo stati fermati in possesso di una cartolina firmata “Ordine Nuovo” e indirizzata “al bastardo Luciano Violante” (magistrato che conduceva inchieste contro l’eversione nera)?
Noi che in quella cartolina avevamo disegnato alcune svastiche, scritto “Viva Hitler” e – quel che è peggio – avevamo segnato la seguente frase: “1, 10, 100, 1.000 Occorsio”, laddove Vittorio Occorsio, era un magistrato ucciso pochi giorni prima?
Noi che nel 2005 siamo stati condannati in via definitiva per aver dato alle fiamme dei pagliericci nei pressi di alcuni immigrati che dormivano sotto un ponte di Torino?
Noi che nel 2008 siamo stati trascinati via a forza dalla polizia di Colonia per aver preso parte a un congresso non autorizzato contro l’Islam?
Noi che abbiamo detto: ai clandestini bastardi gli diamo il mille per mille di calci in culo con la legge Bossi-Fini?
O che abbiamo detto: non capisco tutta questa agitazione per la condanna di Saddam, quando nessun presidente della Repubblica ha ancora chiesto scusa alla famiglia Mussolini?
O che abbiamo detto: non bisogna aver paura di rischiare, bisogna fare i nomi perché devono essere scolpiti i nomi di, di… queste facce di merda (riferito ai magistrati Forleo e Papalia)?
Insomma, noi chi?
Giocatori
Se io gioco in una squadra è perché mi trovo bene in quella squadra. Magari il pubblico mi applaude pure, dopo aver pagato il biglietto.
Se io passo a un’altra squadra è perché mi hanno offerto di più, oppure perché in quell’altra mi trovo meglio. O ancora perché ha un pubblico migliore della prima.
Però non sto parlando di calcio.
Questo è quello che sta accadendo nella politica italiana. Con l’aggiunta di una sola, vergognosa, aggravante: i giocatori cambiano squadra mentre la partita è in corso.
Placidi criminali
Dice Michele Placido: “Vallanzasca era un criminale fino in fondo, ma in Parlamento c’è chi è peggio di lui”.
In Parlamento non so, ma nel mondo del cinema di certo sì.
Pirati su Wikipedia
Nella voce di Wikipedia dedicata a Gabriella Giammanco, una nostra cliente affezionata, qualcuno si diverte a definirla come escort.
Così non va.
Aggiornamento. La frase offensiva è stata rimossa alle 17,20 del 6 novembre 2009.
Grazie a La contessa.
Invece in America
Un parlamentare californiano, Michael Duvall, si dimette dopo aver narrato delle proprie acrobazie sessuali con due signorine. E dopo che il suo racconto è stato captato da un microfono.
P.S.
Duvall è uno strenuo sostenitore dei valori della famiglia.
P.P.S.
Nessuna delle due signorine è sua moglie.
Via Wittgenstein.
Una vera opinion leader
Gabriella Giammanco, deputato della repubblica italiana, sarà di certo una degnissima persona. Però mi chiedo solo ora – e sarà il caldo – per quale merito è stata eletta rappresentante del popolo italiano.
La spirale oziosa secondo la quale in politica si riesce per furbizia o per esperienza va automaticamente scansata, in questo caso. La Giammanco infatti è il prodotto glamour di un giornalismo più vicino alle griffe che alle notizie, la perfetta icona di una maggioranza che gode dell’involucro più che del contenuto. Né esperienza né furbizia quindi, solo flusso, corrente, andazzo, amicizie, censo, opportunismo.
Nel curriculum dell’onorevole Giammanco c’è scritto che è giornalista professionista: ha lavorato per la trasmissione palermitana Opinion Leader e per il Tg4. Questo basta per essere rappresentativi.
Gran parte dei giornalisti professionisti che conosco, con un’esperienza almeno quintupla rispetto a quella della signora in questione, si sarebbe reputata inadeguata al ruolo di parlamentare.
Sarà questione di appeal. O di guardaroba.
Cronaca in coma
Riassunto breve della giornata politica italiana di ieri.
Berlusconi fa il Berlusconi e dice che in fondo il Parlamento è un inutile accessorio, come la bomboniera dei matrimoni che non serve né come portacenere né come porta-altro. Dice anche che la giustizia penale è una patologia di questo Paese, ma solo perché il suo ghost-writer ha fatto un involontario copia-incolla dai discorsi precedenti.
La Marcegaglia fa la Marcegaglia e batte cassa a nome degli industriali tutti, senza pronunciare neanche una volta la parola “precario”, che nel panorama economico attuale è molto più calzante dell’espressione “coesione sociale” (da lei eletta a emergenza nazionale). Io so cosa vuol dire “precario”, ma sulla “coesione sociale” mi fermo a pensare.
Fini fa il Fini e si erge a baluardo della democrazia difendendo il Parlamento come organo di controllo del governo. Insomma dice una cosa che sta scritta su qualunque testo scolastico e – vedi un po’ che tempi – passa per eroe. Sulla giustizia-patologia non ha il tempo di dire nulla perché impegnato a moderare un’anteprima condominiale del Festival dell’Unità a Parma.
Ah, dimenticavo. Berlusconi ha inscenato una delle sue irresistibili gag, dando della velina alla Marcegaglia. La presidente di Confindustria si è irritata, causando l’unico sussulto alla cronaca comatosa della giornata. Fini, in tal senso, non si è pronunciato perché fiaccato da un’indigestione di piadina, mortadella e vino sfuso.