Noi siamo Giorgia

Chi è passato per una frana sentimentale più o meno pubblica, chi ha assaggiato la polvere della maldicenza compiaciuta, chi non si è dovuto accontentare del naufragio amoroso ma ha dovuto sorbirsi pure la schiuma della sguaiatezza sa.
Sa quanto ha dovuto masticare acido Giorgia Meloni per le incaute scempiaggini del compagno. Sa che ci sono momenti in cui uno vorrebbe farsi disarcionare da ogni responsabilità e darsi all’oblio di un cielo terso e basta. E invece nuvole, nuvoloni bui.
Nessuno è esente dalla stoltezza e dall’imperizia, proprie e altrui. Per questo, concetti come normale e tradizionale per i sentimenti e i frutti di essi sono fallaci quando vengono branditi come bandiera o manifesto politico.
Perché normali e tradizionali sono anche il tradimento, l’odio, l’arroganza, l’ingratitudine.
Al di là delle indecorose ironie social, spero che finalmente oggi ci sia una Giorgia in più che, soffrendo per un brutto colpo alle spalle, possa sentirsi più donna, più mamma, più tollerante. E che possa ammettere con se stessa che la famiglia migliore è quella che regge alla prova dei fatti. Non conta il tipo di ingredienti (colore, sesso, religione), ma la loro qualità.
Per quel che so l’amore più resistente è fatto di rispetto tra i protagonisti e di tolleranza degli astanti.

Stefania e la violenza di cittadinanza

C’è un aspetto secondario, ma manco troppo, nell’aggressione a Stefania Petyx da parte di un manipolo di delinquenti che occupano abusivamente le case di via Savagnone a Palermo.
Partiamo da un paio di punti fermi e incontrovertibili. Stiamo parlando di una cronista che documenta un abuso quindi siamo in una scena in cui il divario tra lecito e illecito è ben definito. Da una parte una cristiana che lavora (e rischia), dall’altra gentaglia che campa alle spalle degli altri e pure facendosi largo con la violenza. L’aggressione è un atto criminale che solo per poco non è sfociata in tragedia. Ecco così disinnescate le indicibili bofonchiate per cui “lei se l’è cercata”, “ma chissà quei padri di famiglia che problemi hanno” e via minchieggiando.
In realtà quello di via Savagnone è uno spaccato di un’Italia – altro che Palermo – che vive di aspettative a sbafo, che non conta sul lavoro ma sul denaro che (chissà come) c’è e va distribuito a pioggia, che seppellisce il merito come un morto da non piangere e riesuma lo Stato come mammella da cui succhiare il latte di cittadinanza.
Gli abusivi che aggrediscono Stefania, persino sotto gli occhi della Polizia, sono l’humus su cui fare crescere promesse elettorali indecenti senza capo né coda. Ponti costruiti con l’amore al posto del cemento, stati di povertà che si cancellano con un decreto, malattie che si sconfiggono con l’acqua e limone, panni che si puliscono in lavatrice con una pallina di plastica. Ed io che ho sempre pensato che le cazzate fossero una cosa seria. La verità è che sono come la pasta frolla: in mani giuste una delizia, in quelle sbagliate un disastro annunciato sin dal nome.

La professionalità che dà fastidio

A Palermo ci sono state ripetute minacce nei confronti di Stefania Petyx. Cosa c’è dietro? Semplice, Stefania è una brava cronista (ne abbiamo già parlato su queste pagine). Ai delinquenti e agli ignoranti nulla dà più fastidio della professionalità.

La Canalis su tutti i canali

In tv nelle ultime settimane c’è il caso imbarazzante di Elisabetta Canalis. Trascinata a forza davanti alle telecamere dalla produzione del film “A Natale mi sposo”, la bella ex velina passa da un programma all’altro biascicando qualcosa sulla pellicola che la vede nell’inopinata veste di attrice. Poi, quando l’intervistatore di turno cerca di cambiare argomento (quanti secondi di chiacchiera intellettualmente decente si possono dedicare a un cinepanettone?), la Canalis rischia di fare scena muta: di Clooney non si parla e di altro non si sa che dire.
Quando ancheggiava negli studi di “Striscia” lei faceva un figurone: ovvio, era quello il ruolo giusto. Senza offesa, una stangona bella e giovane fa sempre la sua figura quando deve interpretare il ruolo di stangona bella e giovane. Se invece la si promuove sul campo attrice o, peggio, donna di pensiero, la ragazza fa solo figure patetiche. Ovviamente mi guardo bene dal cadere nel luogo comune “bona uguale stupida”. Però nessuno mi può convincere sulla fiducia del contrario: una bona non è automaticamente una persona intellettualmente interessante.

Se volete…

…su diPalermo c’è la prima parte di una surreale intervista fatta dal sottoscritto all’ottima Stefania Petyx.

Finti scoop e reale ignoranza

La storia è emblematica. “Striscia la notizia” s’inventa che Benigni è stato censurato a “Vieni via con me” e mette in onda un servizio in cui c’è la frase incriminata:

Io di Endemol sono il padrone,
è quella che produce questa trasmissione.
Son proprietario di ogni spazio,
gira e rigira è mio anche il programma di Fazio.

Ovviamente, dato che il programma è in diretta nessuno può credere che la notizia sia vera (come si fa a censurare una strofa mentre la si deve ancora pronunciare?). Invece qualche scemo più o meno colpevole, tra i giornalisti, c’è davvero. Indovinate chi?
Il Giornale ci casca in pieno (l’articolo, stranamente, non è più online). E, quando a scoppio ritardato si accorge di aver fatto una minchiata stratosferica, anziché chiedere scusa e prendere provvedimenti nei confronti dei giornalisti che hanno abboccato alla scemenza senza preoccuparsi di fare un briciolo di verifica, che fa?
Tenetevi forte.
Dice che la figura di merda l’ha fatta Antonio Ricci!

Grazie alla Contessa.

Elogio di chi non ne ha bisogno

Mi sembra stucchevole fare l’elogio di persone che non ne hanno bisogno. Però il servizio di ieri, su Striscia, di Stefania Petyx merita una nota di plauso per il doloroso equilibrio. E non solo.
Stefania ha raccontato, meglio di qualunque giornalista-trombone, uno dei paradossi di casa nostra: il prima che si appresta a diventare, ontologicamente, dopo. Cioè il bene confiscato che segue il suo iter di burocrazia, amici e famigghie, fino a diventare un dopo assolutamente fasullo.
L’imbroglio della comunicazione istituzionale, specie con un sindaco evanescente e senza consistenza certificabile, può essere rivelato da una semplice occhiata allo stato di salute della città. Invece per entrare nel cortocircuito dei gangli del potere ci vuole una sensibilità particolare, che è di pochi.
Stefania Petyx è una figlia rinnegata di questa città. E’ una donna che lavora nell’ombra senza cercare l’overdose di riflettori. Una che potrebbe campare (e bene) di comparsate in feste e festival. Una che dà infinitamente meno di quel che può offrire.
Invece sta ai fatti e centellina i risultati delle sue inchieste. E li mette a disposizione del pubblico con l’umiltà delle migliori guide alpine: seguitemi, sembra dire, e se anche vi prendono le vertigini sappiate che il percorso è quello giusto.
Raggiunta la vetta, infatti, viene voglia di brindare con lei. Alla faccia degli indolenti, dei corrotti, degli invidiosi, dei nemici della contentezza.

Scandalucci e progettini

Ieri sera Stefania Petyx ha raccontato a “Striscia” altri retroscena dello scandalo dei progettini del Comune di Palermo. In tempi di vacche scheletriche anche lo spreco di un solo euro dovrebbe muovere le folle, invece l’indignazione si limita alle chiacchiere da coda alle Poste. E dire che qualcuno ha preparato una mozione di sfiducia al sindaco Cammarata… Vedremo chi ha il coraggio di firmarla e portarla avanti.

Grazie a Rosalio.

In galera e basta

Stefania Petyx ieri sera ha raccontato una storia di ordinaria truffa al comune di Palermo.
Sarà che stimo Stefania, sarà che detesto Diego Cammarata e la sua amministrazione, sarà che in questi giorni devo pagare l’Iva, fatto sta che quando ho visto il servizio su “Striscia” ho avuto un attimo di disorientamento. Dapprima ho dato la colpa al disturbo che al momento mi provoca qualche fastidiosa vertigine, poi però mi sono reso conto che c’era qualcos’altro: rabbia, senso di impotenza, sapore amaro di ingiustizia.

Siamo una terra di pseudo.
La maggior parte delle anime, qui, ha una componente usurpata rispetto al netto che la realtà sociale gli deve. Pseudo-politici, pseudo-professionisti, pseudo-elettori, pseudo-intellettuali, pseudo-lavoratori. C’è un modo per riconoscerli, questi pseudo (che sono la maggioranza). Cercate nella folla chi si agita di più, chi brandisce un tesserino, chi ostenta un titolo, chi sorride a sproposito: troverete il meglio del peggio certificato.
Tuttavia Stefania Petyx ci ha ricordato, con disinvolta caparbietà, che le nostre lande non sono popolate solo da questi individui, che esiste ancora chi sa che indignazione e disfattismo devono essere tenuti lontani come il fiammifero e la benzina.
L’esperienza e la buona fede insegnano che persino la trovata più mefistofelica è vana quando la sana evidenza viene esposta con coraggio, e nel mondo dominato dagli pseudo ci vuole coraggio anche a chiedere “scusi, che ne fate dei miei soldi?”.

Soldi.
Centinaia e centinaia di migliaia di euro che, nella Sicilia dei senzacasa e dei disoccupati cronici, finiscono nelle tasche degli pseudo-furbi, con l’orchestrazione di pseudo–amministratori, grazie all’ignavia di pseudo-giornalisti e alla distrazione di pseudo-magistrati.
In un raptus di ottimismo mi piace pensare che, prima o poi, tutti gli impostori coinvolti in questa storia pagheranno non tanto per quello che hanno rubato, ma per averci considerati tutti una massa di decerebrati.
Non ho mai contato sulle gocce che rovinano gli equilibri instabili dei vasi stracolmi, quanto sulle quelle che perforano la roccia.
Qui si è rotto il fondo, si è aperta una voragine. Che deve inghiottire, senza sconti, chi ha rubato, chi ha truffato, chi ha corrotto.

Grazie a Rosalio.

Avanti così

Ieri l’ottima Stefania Petyx ha dato un altro contributo utile alla causa “liberiamoci dei pesi morti”, portando importanti testimonianze per il Cammaratagate.