Se i teatri non interessano alla politica

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Tutto è più difficile quando in una città come Palermo, in una terra come la Sicilia, si avvicinano le elezioni. Perché nell’attesa del momento cruciale del voto – l’appuntamento elettorale è ontologicamente compreso nella categoria di “cose in divenire” – non si trova nulla di meglio da fare che rallentare, diluire, fermarsi. In un raro momento di comunità d’intenti la politica e la burocrazia tendono a spegnere i motori, da un lato per una sorta di indolenza da ultimo di giorno di scuola, dall’altro per non concedere vantaggi a chi arriverà.

Il caso più eclatante scaturito da questa pericolosa miscela di immobilismo e menefreghismo è quello della cultura. L’esempio dei teatri cittadini affamati da una guerra tra bande nei palazzi della politica è cruciale. In questi casi l’imperativo politico è quello di prendere decisioni soltanto quando non ci sono più alternative. Attenzione, questa logica non è nuova e non l’hanno inventata a Palermo: ne ha parlato lo scorso anno Alessandro Baricco quando ha tratteggiato i limiti della cosiddetta “intelligenza novecentesca”. “Se io sbaglio una serie di gesti, arriverà un momento in cui fare una cosa sbagliata sarà l’unica cosa giusta da fare”, ha scritto. “L’intelligenza novecentesca non trova soluzioni che non siano obbligate perché quel che sta giocando è un suo finale di partita, la posizione dei pezzi è da tempo determinata da strategie decise nel secolo scorso, i pezzi persi non si possono più recuperare”.
La politica isolana chiamata a decidere su arte e cultura si muove quando non ci sono più alternative. Col risultato di non scegliere, di non imprimere un’orma: però senza alternative non si prendono decisioni e si è ostaggi (quantomeno) di se stessi.
Quando ci si muove per emergenze (vale non solo per la cultura, ovviamente) non si esercita nessun ruolo di indirizzo, di governo. Quella delle spalle al muro non è una strategia, ma una resa. Tutto ciò innesca un circolo vizioso: se al governante non interessa la sopravvivenza degli artisti, il popolo che gli andrà appresso non si accorgerà più della morte della cultura perché nessuno avverte la mancanza di ciò che non conosce o che ha dimenticato. È qualcosa che accade ogni giorno, col benaltrismo applicato alle mille emergenze di una città sporca e affamata (non solo di cibo), con l’irritante sentire comune per cui c’è sempre qualcosa di più importante di cui discutere quando il problema non riguarda traffico e immondizia, con il trionfo dell’improvvisazione e il divieto assoluto di pianificare.

C’è poi il capitolo più inquietante. Quello dell’innovazione.

Per troppo tempo il futuro e la cultura sono stati considerati temi distanti tra loro. La Sicilia è terra di passato per eccellenza, monumento e simbolo di storia. I nostri scrigni d’arte brillano di luce propria.
Ribadiamolo: del passato si dovrebbero occupare gli storici, del presente i burocrati, del futuro i governi. Ora, in vista dell’ennesima tornata elettorale c’è solo una rivoluzione obbligata, quella del futuro (di cui abbiamo abbondantemente parlato qui). Ma per arrivare al futuro è vincolante dichiarare che il presente è un investimento che può avere costi altissimi.
È come costruire una metropolitana in una città dalla mentalità medioevale (ve ne viene in mente qualcuna?): anni di scavi, sacrifici per i cittadini, disagi tremendi, polvere, clacson, soloni urbanisti, cialtroni urbanisti, cialtroni e soloni senza specializzazione. Si paga oggi per ciò che servirà domani. E la verità è che il governante che si impegna a prendersi i fischi e gli improperi per quei lavori si sta curando del futuro di quegli stessi cittadini che lo maledicono. Ma è complicato da spiegare se non esiste una mentalità che inquadra le cose nel loro divenire e invece le fotografa e basta.
A questo serve la cultura. A dare l’inquadratura giusta, a fungere da terza dimensione per donare profondità persino alle urgenze più fastidiose: soffri oggi per godere domani e sempre.
Si dice innovazione e si pensa ai computer o al wi-fi libero, che sono cose che da sole non servono a un tubo. La vera innovazione sta nel provare a uscire dalla famosa “intelligenza novecentesca” di cui sopra. Serve una visione nuova che ci imponga di addestrarci per affrontare una realtà che cambia a velocità vertiginosa. Provate a frequentare un ufficio pubblico per testare la volontà di adattamento, la capacità di reazione. Si fanno leggi e regolamenti per situazioni statiche che mai si verificheranno nella realtà e si cerca di cristallizzare decisioni che riguardano ambiti estremamente fluidi. Si usa la flessibilità solo per costringere i lavoratori a orari più elastici, quindi per un uso magari mortificante, ma non la si prende minimamente in considerazione per agevolare, chessò, un progetto artistico che merita.
Innovazione è premiare la competenza e proteggerla dalle scorribande dei caporioni di quella politica che usa i voti come carta moneta. È soprattutto giocare a carte scoperte, senza blindature partitiche né adunate populistiche. Se ci pensate, la prima cosa che i candidati a sindaco fanno è andare a stringere mani e imbastire promesse nei mercati popolari.
Avete mai visto uno che fa la stessa cosa in un teatro, in una libreria, in un museo?

Do They Know It’s Christmas?

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo

Non si sa ancora se il Natale arriverà a Palermo. Il Comune non ha soldi per una congerie di motivi che va dalla convergenza astrale al menefreghismo assoluto. Va bene, i tempi sono difficili. Va bene, manca il bilancio. Va bene, l’atmosfera in Consiglio non è proprio da “We wish you a Merry Christmas” . Va bene tutto, ma il Natale non è una cosa che arriva a tradimento. Anzi, a volerla dire tutta, quest’anno arriva con una rincorsa lunga due anni, con l’inerzia di una disperazione latente che ci ha privati, causa pandemia, della socialità sufficiente per godere di feste decenti. Eppure, come se si trattasse di un evento improvviso e imprevisto, non c’è trippa per gatti e a Palazzo delle Aquile si stanno cercando vie alternative per salvare almeno le luminarie. Direte, certo ci sono cose più importanti da risolvere, tipo l’immondizia o le bare abbandonate al cimitero. Ma anche quelli sono problemi insoluti, anche quelli sono problemi figli del “ci sono cose più importanti”. In questa città c’è sempre una cosa più importante quando si tratta di prendere una decisione. Risultato: non c’è più spazio neanche per un consolatorio quanto inutile benaltrismo d’acchito. Con questi chiari di luna non solo non si accendono le luci natalizie, ma si spegne persino l’illusione di una qualsiasi soluzione. E a poco vale il gesto altruistico di alcune associazioni di commercianti che si sono fatte avanti per regalare un albero da mettere in piazza Castelnuovo. Nella “città del chissà” in cui già i privati puliscono le strade, accolgono gli ultimi, adottano piazze per strapparle all’abbandono e via elargendo, la distinzione tra visione e illusione appare sempre più sfumata. E il buio avanza.

Se la pubblicità smaschera il cittadino

manifesto tram comune di palermo

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Come previsto (e fortemente voluto) dai suoi ideatori, la campagna pubblicitaria per il tram di Palermo ha scatenato moltissime reazioni, soprattutto grazie a quel tritacarne di genialità e paranoia che sono i social network. L’accusa principale mossa al Comune è quella di protervia, nonostante l’ostentata provocatorietà dei messaggi (“Non ci scusiamo per il ritardo”, “Non ti chiediamo di avere pazienza”, eccetera) rimandi più alla furbizia del pubblicitario che all’effettiva sensibilità dei palermitani.
In realtà questa campagna e le reazioni ad essa ci dicono nulla del servizio in questione e molto, troppo, dei suoi potenziali fruitori, che si mostrano drammaticamente esasperati. Tra maledizioni e insulti, i cittadini internettiani sguainano le tastiere e si lanciano a post battente contro l’affronto subito. Il succo è: Palermo affonda e per giunta si celebra l’acqua alla gola. È davvero così?
La risposta sta, per paradosso, in altre domande. Tipo: la rabbia endemica mette al riparo da colpe personali? Qual è il livello di coscienza civica dell’automobilista medio palermitano? L’esercizio continuo di benaltrismo dà diritto a punti premio?
Nel video che accompagna e sostanzia la campagna pubblicitaria, Leoluca Orlando è protagonista unico e ciò dà la stura ad altre polemiche. Anche qui, una domanda può servire a qualcosa: questo sindaco è presenzialista e non va bene, quello di prima era assenteista e non andava bene, dove sta l’errore?
(…)

 

Il Comune che brilla per indecisionismo

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Un estratto dall’articolo di oggi su La Repubblica.

Pensavo fosse amore invece era una esse. Esse di sperimentazione. La Favorita, di cui il sindaco Orlando si dice grande estimatore, riapre al traffico nei fine settimana poiché l’esperimento di pedonalizzazione è stato dichiarato concluso. Il provvedimento della giunta, tipico caso di decisione presa a tentoni, ha subito vari rimaneggiamenti che probabilmente coincidono con le fasi umorali dei suoi estensori: prima indicava una fascia oraria, poi un’altra, prima prevedeva un corredo di manifestazioni, poi no. Il verde di tutti e la terra di nessuno. Una corsia aperta, l’altra chiusa.
Esse di socchiusa. Continua a leggere Il Comune che brilla per indecisionismo

Amministrare a metà

Un estratto dall’articolo di oggi su La Repubblica.
E’ la “maledizione della metà.” Se il Comune di Palermo annunciasse, chessò, un giorno di pizza gratis per tutti, state sicuri che la metà dei palermitani rimarrebbe digiuna. E non si tratta di errori di valutazione come qualche maligno vorrebbe insinuare, ma di iatture, di convergenze astrali, di equivoci o, addirittura, di sabotaggi. L’assessore alla mobilità Giusto Catania aveva promesso che domenica scorsa la Favorita sarebbe stata finalmente chiusa al traffico. Truppe di cittadini, attirati dal miraggio di “una giornata di cultura e sport” si sono precipitane a piedi all’ingresso principale, quello di piazza Leoni ma hanno rischiato di essere arrotate. Perché non avevano fatto i conti con la maledizione: Favorita mezza chiusa al traffico e mezza aperta ai cittadini. Continua a leggere Amministrare a metà

Se la pubblicità è l’anima del restauro

manifesto cattedrale di Palermo
Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Forse cadranno dal cielo quei soldi che servono per il recupero della Cattedrale di Palermo e di altri importanti monumenti cittadini. Di certo appare difficile che arrivino, come invece accade in tutto il mondo, dai privati. Coi tempi che corrono la pubblicità è l’anima del restauro, una forma collaudata e pratica di finanziamento o, se preferite, una toppa nelle tasche bucate della pubblica amministrazione. Il Comune non pare interessato all’argomento poiché non solo ha detto no ai manifesti sul ponteggio della Cattedrale, ma ha rinviato tutta questione a dopo l’approvazione da parte del Consiglio comunale del piano per la pubblicità. Siamo cioè all’ennesimo assolo nel concerto triste dei rinvii. In questa città, infatti, non c’è atto partorito che non sia legato ad altro atto in fase di concepimento, non c’è piano senza lacciuolo, non c’è delibera svincolata da un parere mancante. Continua a leggere Se la pubblicità è l’anima del restauro

La piccola idea della piccola Favorita

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Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

La chiamano Piccola Favorita, ma sembra già un’esagerazione. Il primo assaggio di ciò che, secondo il Comune di Palermo, dovrebbe diventare il grande parco senza le auto è importante solo perché si tratta di un atto di buona volontà. Per il resto basta un numero, 380. Rappresenta la lunghezza in metri della strada che dovrebbe essere chiusa al traffico in questo antipasto di pedonalizzazione: la bretella che da viale Ercole, all’altezza della grande curva che si percorre tornando da Mondello, porta alla Palazzina Cinese. Certo, è incoraggiante sapere che con meno di 400 metri di asfalto sottratto alle automobili si ottiene un anello pedonale che, nelle intenzioni dell’assessore al Verde, dovrebbe essere di quasi tre chilometri. Un po’ meno lo è apprendere che per aprire due cancelli, migliorare la pavimentazione, “eliminare qualche palma morta” e consegnare la Piccola Favorita ai palermitani ci vorranno almeno due mesi, manco si dovesse tirare su uno svincolo autostradale.
Il Comune pare finalmente deciso a intervenire sul destino della Real Tenuta, poco real e mal tenuta al punto da mostrarsi in tutto il suo stato di abbandono persino all’occhio elettronico di Google Earth, le cui immagini tramite Street View raccontano in mondovisione il verde nostrano sfregiato dalle immondizie e ritraggono persino un paio di prostitute al lavoro (vedi foto sopra). Continua a leggere La piccola idea della piccola Favorita

Quella voglia matta di Put

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Le grandi aspettative sono spesso il preludio di grandi delusioni. Il Piano urbano del traffico era molto atteso dai palermitani poiché sembrava non esistere attività terrena le cui sorti non dipendessero da quell’acronimo dal suono impertinente, il Put. Dalle zone blu ai gazebo dei ristoranti, dalle piste ciclabili alle isole pedonali, c’era un muro su cui ci si schiantava non appena si chiedeva una decisione, un aggiornamento, una briciola di notizia.
Tutto dipendeva dal Put. Continua a leggere Quella voglia matta di Put

Il fumo di Amsterdam e quello di Palermo

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Questa storia tutta palermitana inizia ad Amsterdam. E’ una storia di fumo, ma non nel senso che d’istinto vi porta con la mente a un coffe shop: qui non si parla di marijuana, ma di inconsistenza.
Domenica scorsa io e alcuni amici siamo stati nella città olandese in occasione della maratona. Quasi 42.600 partecipanti, un percorso incantevole, musica a ogni incrocio di strada, pubblico festante, cori di incitamento anche per gli ultimi, organizzazione perfetta con felice dispendio di tecnologia. Insomma tutto quel che serve per acuire il senso di disagio del rientro a casa. Perché a ogni bella sorpresa in terra olandese (i risultati in tempo reale sul cellulare, la puntualità dei mezzi pubblici, l’assistenza impeccabile ai runner) inevitabilmente corrispondeva un doloroso rimando alla maratona di Palermo. Continua a leggere Il fumo di Amsterdam e quello di Palermo

Il paradosso di un Comune che è torturatore sociale

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Il paradosso è istruttivo, ma non è divertente perché ci sono di mezzo i nostri soldi e la credibilità di una amministrazione pubblica quantomeno distratta: prima di illustrarlo, però, occorre avere chiaro lo scenario in cui ci si muove.
Molti cittadini in questi giorni si stanno dannando per pagare la Tares, cioè il nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi. Tra errori di calcolo e cartelle pazze, i contribuenti devono faticare non poco a tenere i nervi saldi dal momento che quest’anno si trovano sul groppone anche la Tarsu. E soprattutto devono riuscire ad arrivare a versare l’acconto entro il prossimo 15 settembre. Cosa non facile poiché è necessario andare di persona alle Poste o in banca ed è impossibile pagare online, come invece si fa con altri tributi. Inoltre per il saldo, che dovrà essere versato entro il 15 novembre, il Comune informa che manco il bollettino verrà inviato e che il cittadino dovrà procedere in autoliquidazione (un termine che richiama più una pratica suicida che la materia fiscale) “tramite un apposito sistema online sul sito web istituzionale”. Continua a leggere Il paradosso di un Comune che è torturatore sociale