Non sono leghista

 

L’uomo giusto al posto giusto

 

Poco servizi e molto segreti

Nell’anno 2011, in Italia, con un capo di governo che fa e dispone a suo piacimento, confortati da una carta costituzionale che è esempio per il mondo intero, il ministro degli Interni Roberto Maroni vuol farci inghiottire la prima scemenza che gli è venuta in mente per coprire le inefficienze del sistema di pubblica sicurezza.
Dice Maroni: la legge non è adeguata, i black bloc, anche volendo, non li si poteva bloccare.
Senza entrare nel merito legislativo della questione, senza cadere nella trappola dei codicilli e senza dar peso ai sofismi di un ministro furbetto ma nulla più, una cosa va detta con chiarezza: un vero Stato democratico forte non si accorge, a sconfitta bruciante incassata, che le norme non sono buone. Continua a leggere Poco servizi e molto segreti

Roma salva Romano

Dopo essere stato salvato dalla Camera, il ministro Saverio Romano ha dichiarato: “Adesso c’è da continuare a lavorare”. Contro chi?

Il ministro impresentabile

C’è un ministro della Repubblica che parla con pernacchie e versacci spesso al limite del comprensibile. Si chiama Umberto Bossi e rappresenta una parte impresentabile della Repubblica italiana, una non-regione, un’entità frutto della paranoia e dell’ignoranza.
Quando lo vedo in tv o ne leggo i rutti sui giornali provo una pena profonda per tutti quegli italiani del Nord che pur essendo certi di vivere in Lombardia o in Piemonte o in Veneto sono costretti a parlare di Padania. Noi del Sud ce ne intendiamo di capipopolo senza ragione, di rivolte strumentali, di inganni storici.
Se gli amici del Nord vogliono qualche consiglio, non hanno che da chiedere. Per noi è semplice: gli manderemo le nostre cicatrici.

Neanche una domanda a piacere

Se il ministro Brambilla ha un merito, è quello di darci un’idea precisa dello stato del giornalismo italiano.

E ora Caino ministro per la Famiglia

Le dimissioni del ministro all’Impunità Aldo Brancher ricordano la storiella del bambino che,  pizzicato mentre ruba la marmellata, si difende dicendo che in realtà lui odia la marmellata e che ha preso il barattolo solo per vedere cosa c’era sotto.
Il fatto che Brancher abbia operato per “il bene del Paese” è la panzana più grossa che umano intelletto possa immaginare, almeno sino a questo momento (sappiamo che le sorprese in tal senso sono attese di minuto in minuto). E non conta che la marmellata sia ancora sulle labbra di quel tale, che sotto il barattolo non ci sia proprio nulla, che l’indegna commedia di un indegno commediante sia finita con la peggiore risata del pubblico: quella indesiderata.
Non c’è alcun senso dello Stato nelle decisioni di un uomo che merita di essere dimenticato per la sua grossolana imperizia (diciamocelo: anche per rubare ci vuole una certa intelligenza). E forse non c’è neanche il senso del ridicolo. Non so voi, ma a me più che rabbia, questa storia fa venire molta tristezza.
Faccio una certa fatica a tenere distanti i pareri dai fatti, anche se non ce ne sarebbe bisogno perché questo è un blog di opionioni. Però, quale asciuttezza di narrazione si potrebbe inventare davanti alla grottesca messinscena di un ministro nominato senza che ancora sia stato stabilito il suo ministero (per la cronaca, non lo sarà mai), all’insaputa o senza l’approvazione degli alleati di governo, con l’obiettivo di eludere istituzionalmente la legge?
Brancher è la coincidenza terrena tra la cattiva idea e la cattiva azione, il punto di unione tra il brutto possibile e quello impossibile, il vuoto che riempie. E’ la sintesi perfetta, quindi diabolicamente perniciosa, tra Berlusconi e il berlusconismo: tutto ciò che Lui non è, può benissimo essere inventato, costruito, assemblato. Senza chiedere permesso, senza alcuna legge da osservare, tra una barzelletta spinta e una toccata di culo alla soubrettina osannante.
La vita è bella, facciamola più bella. Del resto questo è il partito dell’amore, il partito che amorevolmente accoglie tutti.
Se si presenta Caino, lo fanno ministro della Famiglia.

L’uomo che non conosce vergogna

Se il neo ministro Brancher avesse voluto sottolineare la propria emancipazione da un vizio odioso come il sospetto di una nomina clientelare (una nomina a ministro, mica un incarico in una municipalizzata), tutto avrebbe dovuto fare tranne che pronunciare la consumata formula “contro di me solo odio”. Perché quello dell’odio fatto partito – come se un sentimento potesse essere ghettizzato a componente politica – è un grottesco ritornello del suo padrone e correo.  Insomma un modo – il più banale – per compromettersi definitivamente
Nei romanzi gialli,  il meccanismo più trito prevede che uno dei sospettati si tradisca pronunciando una frase o richiamando una circostanza che riporta al movente del delitto. E’ una sorta di ciambella di salvataggio che l’autore del libro lancia verso se stesso quando non sa come far quadrare una storia: ovviamente poi se ne vergogna.
Solo che Brancher non è uno scrittore, non è un personaggio di fantasia, e soprattutto non appare geneticamente in grado di provare vergogna.

Certezza del diritto

Il ministro Alfano ha un iPhone.

Era una casa molto carina…


Ok, saranno i giudici a stabilire se il ministro Claudio Scajola la casetta romana l’ha comprata coi suoi soldi oppure no.
Però, siccome la storia è molto delicata (un ministro che incassa la mazzetta fa ancora indignare molti italiani, non tutti ma molti), vale la pena di annotarsi le seguenti dichiarazioni:
1)    “Ho la coscienza a posto”.
2)    “E’ solo clamore mediatico”.
3)    “E’ solo una bolla di sapone”.

Appartengono, nell’ordine:
1)    Allo stesso Scajola.
2)    Al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti.
3)    Al premier Silvio Berlusconi.

Così, quando sarà, almeno tra noi avremo le idee chiare.