Ieri sera il Tg1 delle 20 ha dedicato poco meno di una breve al no del Senato all’arresto del pidiellino Sergio De Gregorio. La notizia meritava ben altro rilievo e non per pulsioni forcaiole né per tendenze giustizialiste, ma solo per il semplice fatto che il verdetto di Palazzo Madama ribaltava quello della giunta per le autorizzazioni a procedere.
Un tempo c’erano da maledire Augusto Minzolini e il suo mahatma Silvio Berlusconi. Oggi non ci sono più né l’uno né l’altro – nel senso che questi signori non hanno più posizioni dominanti – eppure l’informazione continua ad avere dei bug clamorosi.
Non vorrei che guardando la luna ci fossimo distratti dai lampioni fulminati che oscurano la via. Che pensando sempre a un Grande Disegno non badassimo agli irritanti scarabocchi.
Facciamocela questa domanda cruciale (senza avere certezze): e se al Tg1 la vera emergenza non fosse l’invadenza dei partiti ma la professionalità dei giornalisti?
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Vade retro, pettegoli!
“Perché non vi diamo queste notizie. L’ultimo pettegolezzo del momento, le famose cene o feste nelle residenze private del premier Berlusconi, Palazzo Grazioli e Villa Certosa. Dentro questa storia piena di allusioni, rancori personali, non c’è ancora una notizia certa né un’ipotesi di reato”.
Augusto Minzolini, editoriale del 22 giugno 2009.
Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la lettura del “libro bianco” sul Tg1 da giugno 2009 a marzo 2011 a cura del comitato di redazione della testata.
Pilastri di fango
La crisi dell’Italia ha, secondo me, un riferimento preciso nell’abolizione per decreto del rapporto causa-effetto. Se un’azienda va male si cambia l’amministratore delegato, se un giornale va male si cambia il direttore, se un partito perde voti si cambia il segretario.
Invece no. Non accade così, dalle nostre parti, quasi esclusivamente ai livelli dirigenziali più alti. In altre parole, ci si accanisce con la base per ignorare colpevolmente i vertici.
C’è una sola spiegazione a questo fenomeno tutto italiano, e la si deve cercare/trovare nel sistema di garanzie trasversali che la nostra politica ha messo in atto per neutralizzare gli effetti immediati delle sue nefandezze: il capro espiatorio, nella versione italica, non ha durata limitata ma è addirittura riciclabile. Altrove un Minzolini che lascia precipitare nel baratro il telegiornale più seguito del Paese scomparirebbe dalla scena durante la pausa pubblicitaria. Invece – scommettiamo? – ce lo ritroveremo tra qualche tempo a capo di un’authority, su uno scaffale della nomenklatura della Rai o, chissà, in parlamento.
Nel resto del mondo i servi sciocchi sono la merce più sacrificabile, da noi vengono valorizzati dai fallimenti.
In un Paese di macerie, anche il fango diventa pilastro.
L’alluvione salva Minzolini
Il Tg1 di ieri sera ha parlato di Berlusconi solo alle 20,15, dopo quasi venti minuti di alluvione di postumi di alluvione di riflessioni sull’alluvione e di seguiti sul post-post alluvione. Insomma, la pioggia e le esondazioni hanno salvato il prode Augusto Minzolini che, di diritto e al netto del suo editoriale, ha declassato le notizie sulla crisi del Pdl e sul conseguente destino di questo Paese ad argomento di secondo piano. Peccato che tutti i più importanti organi di informazione del mondo diano ben altro rilievo ai capricci berlusconiani e alle reazioni delle borse mondiali alle voci, ai sussurri di dimissioni.
Poi Giuliano Ferrara, non contento della bufala diffusa poche ore prima quando aveva dato per imminenti le dimissioni di Berlusconi, ha regalato la più insulsa lezione che ci si potesse aspettare da un ascaro a buon mercato: è bene che trionfi la “politica del lieto fine”, ha detto a Qui radio Londra. E’ chiaro a tutti, anche a chi non vede Ferrara, quale possa essere il lieto fine auspicato dall’elefantino.
Insomma una serata preziosa per gli aspiranti giornalisti: è bastato stare davanti alla tv mezz’ora per imparare come non si fa il mestiere. Se fossi un editore ne farei una dispensa da vendere a caro prezzo.
Miss, mia cara miss
Miss Italia è in crisi, perde telespettatori quasi come il Tg1 di Minzolini. E Patrizia Mirigliani, quest’entità metafisica che si affaccia sulle nostre vite una volta all’anno al pari di una zucca di Halloween, punta il dito contro la Rai che non garantisce ospiti adeguati come fa invece col festival di Sanremo. Continua a leggere Miss, mia cara miss
Meraviglie del Tg1 d’estate
Il Tg1 estivo di Augusto Minzolini è una miniera di emozioni. E laddove la cronaca si ferma, ci pensano i giornalisti a sorprenderci con un guizzo, una trovata geniale.
Ieri è stata una giornata memorabile con due perle che, da sole, valgono il costo dell’abbonamento Rai di un anno.
Edizione delle 13,30, si parla – pensate un po’ – del caldo. La cronista testimonia il ruolo indispensabile del servizio Pronto Nonno, che dà assistenza agli anziani sciroccati di Roma, e chiede a un’operatrice (senza fare domanda): “Ed ora una storia particolare di questi giorni”. Continua a leggere Meraviglie del Tg1 d’estate
La maschera di bronzo
C’è qualcosa di strabiliante nella maschera di bronzo che il segretario politico del Tg1, Angusto Minzolini (e non c’è refuso), indossa prima di ogni editoriale.
Ieri si è arrivati alla vetta dell’immaginifico, alla linea Maginot della democrazia televisiva.
In un momento in cui il governo Berlusconi prende bastonate dalla Lega, cioé dal suo principale alleato, e in cui è (finalmente) minato alle fondamenta da uno scandalo a prova di gossip, quello di Bisignani e della P4, il direttore del principale telegiornale nazionale non trova di meglio da fare che blaterare contro l’opposizione, cioé contro la componente più insignificante dell’arco costituzionale italiano, e contro quelle stesse intercettazioni che hanno portato alla luce un gigantesco sistema di malaffare.
Non una sola parola sui traffici, sulle odiose raccomandazioni, sugli agguati agli oppositori, sui clientelismi che le nuove inchieste giudiziarie stanno svelando. Perché questa indagine – se leggete le carte – ha tutto tranne che un sapore politico: ministri, sottosegretari, capitani d’azienda, burocrati parlano con questo Bisignani e si condannano da soli. Non c’è una sola parola, nelle intercettazioni, che lasci spazio alla buona fede di questi signori.
Ma tutto questo Angusto Minzolini finge di non saperlo e, indossata la sua maschera di bronzo, continua ad appestare il Tg1 con le sue controdeduzioni da lingua felpata.
Per me, che sono un abbonato Rai, il vero scandalo del servizio pubblico è il direttore di telegiornale che ogni giorno bara, non il conduttore di un programma di approfondimento (Michele Santoro) che una volta alla settimana dà la sua lettura dei fatti.
Facciamo un esperimento
Provate a guardare i telegiornali con un occhio diverso. Incasellate i servizi e le notizie che vi vengono somministrati in un elenco che prevede due sole colonne: agitazione e serenità. Non lasciatevi distrarre dal contenuto oggettivo del servizio (cioè non superate la distinzione tra cronaca bianca e cronaca nera, ad esempio), ma andate direttamente alle vostre sensazioni.
E’ molto probabile che, alla fine, troverete più ristoro in un arresto che in una recensione cinematografica perché è la sensazione che conta, non il mero contenuto. L’effetto tranquillizzante del male diffuso sconfitto dalle forze del bene è infinitamente più efficace del dubbio instillato dal male con nome e cognome incalzato dalle truppe malmesse del bene. L’arresto di un vecchio che insidia i bambini ai giardinetti si insinua nell’archivio delle emozioni in modo più rapido e istintivo rispetto all’inchiesta su un presidente del consiglio che corrompe chiunque possa essergli utile.
La rassicurazione della cronaca sta nella consapevolezza che ci sarà sempre – così si spera – un lieto fine. La verità della cronaca sta invece nella rassegnazione di un’attesa per un lieto fine che magari non arriverà mai.
I telegiornali degli ultimi tempi – specie quello di Minzolini – sono pieni di quel tipo di rassicurazioni. Provate per sbalordirvi.
Il metodo Ghedini
Secondo l’editto del tiranno della Rai (il nome non si fa perché quello di Masi è probabilmente una copertura) Fazio e Saviano per poter parlare di politica dovrebbero invitare tutti i politici. Ciò significa che non basta chiamare Fini per la destra, e Bersani per la sinistra, o viceversa, per garantire il pluralismo, il contraddittorio e tutte le menate di cui Vespa, Minzolini, la D’Urso (la D’Urso?) e tutti i canali Mediaset se ne fregano abbondantemente.
Il nuovo ordine di scuderia – o di stalla – è: mettere i bastoni tra le ruote, proibire, impedire, rompere i coglioni sino allo sfinimento.
Il metodo Ghedini insomma. Solo che Ghedini, almeno sino a ora, lo abbiamo visto sbavare sul teleschermo.
Il dramma è che domani, dati i chiari di luna di questo governo, il de cuius rischiamo di ritrovarcelo da questa parte del televisore, con un telecomando in mano. Il nostro.
Punite Santoro, non me
C’è un solo motivo per cui la punizione di togliere Michele Santoro dalla tv per due settimane è oggettivamente ingiusta. Il bersaglio. Io ad esempio.
In tv vedo praticamente solo Annozero (più Report, più ogni tanto Fazio). Se mi levano Santoro, che si può amare o odiare senza troppo spreco di sentimenti, mi levano un prodotto che pago. E siccome non ho fatto niente per meritarmi una simile ingiustizia aderisco all’appello che ieri il conduttore di Annozero ha fatto in apertura di programma quando ha chiamato i telespettatori a pronunciarsi contro il provvedimento.
Se Santoro ha sbagliato, gli prendano una multa, lo crocifiggano in sala mensa, lo frustino con cuoio della D’Addario, ma non mi taglino la programmazione che mi spetta. E’ come se al ristorante, dopo aver pagato in anticipo il conto (che è già una bella enormità), mi sflilassero da sotto il naso la portata principale ancora intonsa.
Al limite lo condannino a un surrogato di lavori forzati: tre puntate alla settimana, sulla rete uno, con il traino del Tg di Minzolini.
Una mission impossible. Per la vicinanza a Minzolini.