Celentano cantante e basta

Da più parti, a sinistra, viene invocato periodicamente il ritorno in tv di Adriano Celentano (ieri ne ha parlato anche Santoro, che è uno dei big sponsor del rientro del molleggiato).
A me Celentano piace, e molto, come cantante. E non credo che la sua vena artistica abbia subito alcuna costrizione da parte dei recenti governi. Se poi devo esprimermi sulle performance televisive del Celentano opinionista, allora sarò categorico: non è roba sua. I silenzi in tv non hanno mai raccontato nulla (a parte i radicali imbavagliati di vent’anni fa), men che meno i suoi. Il chiacchiericcio sull’ecologia e sulla pulizia della politica vale quanto il dibattito dopo la moviola: inutile recensire il latte versato, meglio darsi da fare e pulire i fornelli. Continua a leggere Celentano cantante e basta

La maschera di bronzo

C’è qualcosa di strabiliante nella maschera di bronzo che il segretario politico del Tg1, Angusto Minzolini (e non c’è refuso), indossa prima di ogni editoriale.
Ieri si è arrivati alla vetta dell’immaginifico, alla linea Maginot della democrazia televisiva.
In un momento in cui il governo Berlusconi prende bastonate dalla Lega, cioé dal suo principale alleato, e in cui è (finalmente) minato alle fondamenta da uno scandalo a prova di gossip, quello di Bisignani e della P4, il direttore del principale telegiornale nazionale non trova di meglio da fare che blaterare contro l’opposizione, cioé contro la componente più insignificante dell’arco costituzionale italiano, e contro quelle stesse intercettazioni che hanno portato alla luce un gigantesco sistema di malaffare.
Non una sola parola sui traffici, sulle odiose raccomandazioni, sugli agguati agli oppositori, sui clientelismi che le nuove inchieste giudiziarie stanno svelando. Perché questa indagine – se leggete le carte – ha tutto tranne che un sapore politico: ministri, sottosegretari, capitani d’azienda, burocrati parlano con questo Bisignani e si condannano da soli. Non c’è una sola parola, nelle intercettazioni, che lasci spazio alla buona fede di questi signori.
Ma tutto questo Angusto Minzolini finge di non saperlo e, indossata la sua maschera di bronzo, continua ad appestare il Tg1 con le sue controdeduzioni da lingua felpata.
Per me, che sono un abbonato Rai, il vero scandalo del servizio pubblico è il direttore di telegiornale che ogni giorno bara, non il conduttore di un programma di approfondimento (Michele Santoro) che una volta alla settimana dà la sua lettura dei fatti.

Se i vescovi muovono le terga

C’è un Paese che marcisce per il malgoverno. Ci sono fabbriche che chiudono e aziende che licenziano. C’è un livello di scontro istituzionale appena al di sotto dello scontro fisico, dell’arma bianca, del morso in testa come al polpo. C’è una leadership politica che promuove la forma rispetto alla sostanza e sarebbe già ottima cosa se non si trattasse della mera forma fisica, al netto degli interventi di chirurgia plastica. C’è un premier che ha bisogno di andare in piazza contro l’opposizione per sentirsi legittimato. C’è un’opposizione che non riesce ad approfittare del fatto che il premier ha bisogno di un coro, due saltelli, una discoteca in una piazza di vecchi che fanno i giovani, un simil-giuramento di Pontida per rianimarsi. C’è una nazione in cui gli intellettuali fanno le veline e viceversa. C’è persino un sentimento, l’amore, che è stato degradato a vantaggio di una coalizione: il partito dell’amore. Come se fosse un format, come in virtù di un copyright.
Con questi scenari i vescovi per cosa muovono le loro terga, in vista di una competizione elettorale?
Per l’aborto.
Come dire, cerchiamo nelle saccocce altrui per evitare che qualcuno ispezioni le nostre. Oppure, rifugiamoci in un classico per non esprimere un giudizio sull’attualità.
Quant’è brutta questa Chiesa. Quant’è vecchia, senza peraltro mostrare i vantaggi dell’anzianità. Quant’è distante dagli uomini di buona volontà.
Mi piace immaginare che il Dio in cui credo sia incazzato come un capitano durante un ammutinamento. Barra a dritta e arma in mano.
Comunque vadano le cose, io sarò con lui e non con quegli altri.

Dietrologia politica

di Gianni Allegra

Il sole dell’avvenir

Debora Serracchiani

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Qualche tempo fa l’ormai necessario Marco Travaglio così chiosava, più o meno, in uno dei suoi interventi video sul blog “Voglio scendere”: “Berlusconi forse cadrà per una escort, ma ho l’impressione che, come al solito, salterà fuori un salvagente rosso pronto a salvarlo. E’ successo ogni volta che il cavaliere ha rischiato il tracollo: c’è sempre stata una croce rossa di sinistra che gli è accorsa in aiuto, risollevandolo per il rotto della cuffia”.
Non so se Travaglio si riferisse all’inveterata passione per il “facciamoci del male” della nostra opposizione (che tale è rimasta, anzi opposta a se stessa, anche quando le è capitato di essere maggioranza). Probabilmente sì. O probabilmente accennava a scenari ancora più oscuri, kafkiani, sui quali preferisco sorvolare, per ignoranza storica e ingenuità politica (sono un piccolo stagionato Serracchiani anch’io?).  Ma una cosa è certa: il “facciamoci del male” del Pd (ex Pci? ex Quercia? Ex Veltroni team? Ex che cosa? Ex chi più ne ha più ne metta, visto che se ne è perso il conto) è un dato di fatto. Per il semplice motivo che nessuno, a sinistra, fa nulla per nasconderlo. Anzi, se ne fa splendida esibizione appena si può. E con un tempismo, un gusto per la precisione, che farebbe invidia a una squadra di circensi bulgari alle prese con birilli e bottiglie e patate bollenti.
L’ultima trovata del “pasticcionismo” dell’opposizione è lo scisma Franceschini/Bersani in previsione del consolidamento di un partito che ha ancora la consistenza di un ectoplasma. Viene da dire: che c’è di nuovo? Nulla. O meglio, impressiona, ancora una volta, il masochismo a orologeria di questa gente. Il talento senza pari nel fare la mossa più sbagliata al momento giusto (per la maggioranza). In un’Italia che si sta spostando sempre più verso il voto di protesta (lo testimoniano gli exploit di Idv e Lega alle ultime europee);  in un paese che sta lentamente, dolorosamente, sostituendo i fischi agli applausi; davanti a una popolazione che comincia a boccheggiare, in debito d’ossigeno, invocando maggiore dignità in chi governa o andrà a governare, il Pd litiga ancora una volta sui busti da presentare, sulle tradizioni da rispettare, sulle identità da conservare e quelle da mettere nel dimenticatoio. Sulla gestione del potere che ancora non ha, insomma. Con l’aggiunta di un capro espiatorio, stavolta. Quella Serracchiani che, colpevole di una battuta infelice e innocente (“Sostengo Franceschini perché è simpatico”) è stata subito declassata a quasi-Noemi. Massacrata e avvolta in un sudario di bandiera rossa dal “vecchio” che non solo non avanza, ma sta fermo lì dov’è, monolitico, accidioso, indifferente al mondo che gira intorno.
Il sole dell’avvenir splende solo nei canti di piazza. Nel Pd, pare che faccia male agli occhi dei più anziani.

Messaggio da un’opposizione che resiste

de La contessa

Help. Au secours. Ajude-me. Ayuda. Hilfe. 救命. 助けて. Ratunku. Segítség. Yetişin. Hjälp. Apua. הצילו/ עזרה. Hjelp. Pomoc. Upomoć. لنجدة. Βοήθεια. Hjælp. helpu. Na pomoč. Ndihmë. Upomoć. Tarrtháil. Fóir orm. appi. Padėkite. ช่วยด้วย. Cứu vớ. Помощ. Socorro. Hjálp. Yarmetîm berê. کمک. Помош. Palīgā. Tolong. Допоможіть. Туслаарай. Tulungan mo naman ako.
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Il nemico di Berlusconi

Riassumendo di molto il pensiero di Berlusconi, il nemico sanguinario di questo Paese è uno solo. Un nemico che ha distrutto la carta costituzionale, ha causato l’emergenza rifiuti (prima a Napoli poi a Palermo), ha avvelenato il dente di giornali nazionali e internazionali, ha ispirato le malefatte dei magistrati “metastasi della nostra democrazia”, ha drogato la percezione della crisi economica, ha organizzato rivoluzioni anti-patriottiche e ha corrotto nella sua campagna di odio persino l’amata donna Veronica.
Quel nemico è la sinistra.
Ci sarebbe da ridere se una sinistra così tenace, tentacolare, furba non fosse la sagoma oscura dell’ossessione di un uomo che, per mettere alla prova la propria onnipotenza, dedica più tempo ai nemici sovrannaturali che a quelli reali.  Col risultato che la parte del Paese che disapprova non solo la sua azione politica, ma persino la sua elementare condotta pubblica, ogni tanto si illude che qualcosa contro di lui si stia muovendo. E invece anche quel qualcosa è frutto del delirio creativo del grande capo. Inventarsi di sana pianta un avversario forte è il miglior modo di esercitare la forza senza sudare: come si faceva da piccoli coi soldatini.

Piove, opposizione ladra

roma-sporca

da il Giornale.it

Una semplice vendetta

Dietro il primo caso della storia moderna in cui un primo ministro stila un programma politico in base alle sue diatribe familiari, c’è probabilmente meno strategia di quanto si possa pensare.
Silvio Berlusconi ha accusato la moglie Veronica Lario di essersi lasciata ubriacare dalla stampa di sinistra. Molti commentatori hanno letto nelle dichiarazioni della signora un’insofferente stanchezza per le gesta napoleoniche di un consorte umanamente piccolo piccolo.
A voler volare rasoterra invece c’è solo una parola che racchiude tutto: vendetta.
Vendetta per un’unione consacrata solo alle sempre più rare foto ufficiali, magari da mostrare a Gheddafi su carta patinata con marchio Mondadori.
Vendetta per l’impossibilità razionale di sperare in un divorzio che non pregiudichi la serenità (?) della guida di una nazione.
Vendetta per una condotta – quella del consorte – che travalica in modo grottesco i limiti dell’età biologica.
Vendetta per quello che i giornali chiamano gossip, ma che invece, fatta la tara di caste e ruoli, è rubricabile come tipico naufragio sentimentale tra persone ormai mature.
Vendetta per salvare il salvabile dal tritacarne mediatico: figli, porzioni di famiglia, onorabilità, faccia.
Non credo a chi intravede un disegno strategico (magari orchestrato dallo stesso marito-condottiero-higlander) dietro le sortite di Veronica Lario.
Il suo è un archetipo di genuina, radicale, dolorosa opposizione domestica non addomesticata.