La metafora delle manette

A Palermo c’è una nuova giunta voluta dal sindaco invisibile Diego Cammarata. Nomi nuovi (pochi) e vecchi (parecchi).
Soprattutto c’è un indecente capovolgimento delle indicazioni elettorali. Chi stava all’opposizione governa e viceversa. Roba vecchia per i siciliani, abituati a ribaltoni istituzionali che rendono nulle costosissime consultazioni elettorali.
Ci vorrebbe un vincolo, una sorta di catenaccio democratico: non avrai altro governo all’infuori di quello che è stato eletto. Con tanto di manette che legano gli assessori alla loro poltrona per evitare che possano essere fatti fuori al primo malumore di partito o al primo mal di pancia  del sindaco. Un polso sulla scrivania per lavorare, un altro alla sedia per non fuggire o per non essere deportato.
Certo, quella delle manette non è una bella metafora, però ci sarà un motivo se è l’unica che mi viene in mente.

Elogio di chi non ne ha bisogno

Mi sembra stucchevole fare l’elogio di persone che non ne hanno bisogno. Però il servizio di ieri, su Striscia, di Stefania Petyx merita una nota di plauso per il doloroso equilibrio. E non solo.
Stefania ha raccontato, meglio di qualunque giornalista-trombone, uno dei paradossi di casa nostra: il prima che si appresta a diventare, ontologicamente, dopo. Cioè il bene confiscato che segue il suo iter di burocrazia, amici e famigghie, fino a diventare un dopo assolutamente fasullo.
L’imbroglio della comunicazione istituzionale, specie con un sindaco evanescente e senza consistenza certificabile, può essere rivelato da una semplice occhiata allo stato di salute della città. Invece per entrare nel cortocircuito dei gangli del potere ci vuole una sensibilità particolare, che è di pochi.
Stefania Petyx è una figlia rinnegata di questa città. E’ una donna che lavora nell’ombra senza cercare l’overdose di riflettori. Una che potrebbe campare (e bene) di comparsate in feste e festival. Una che dà infinitamente meno di quel che può offrire.
Invece sta ai fatti e centellina i risultati delle sue inchieste. E li mette a disposizione del pubblico con l’umiltà delle migliori guide alpine: seguitemi, sembra dire, e se anche vi prendono le vertigini sappiate che il percorso è quello giusto.
Raggiunta la vetta, infatti, viene voglia di brindare con lei. Alla faccia degli indolenti, dei corrotti, degli invidiosi, dei nemici della contentezza.

Nonostante il suo sedere

Nella vicenda della coca nei locali della movida milanese, spicca la figuraccia del sindaco di Sanremo, e non per la droga ma per lo spaccio di minchiate. Prima dichiara guerra a Belen, nonostante “il suo sedere particolarmente bello”. Poi, dopo essersi informato (operazione che di solito andrebbe svolta prima di dichiarare),  corregge e anzi elogia la professionalità della modella. Il tutto senza un briciolo di imbarazzo.

Con certificato medico

L’altra sera il sindaco di Palermo, Diego Camerata Cammarata (refuso, lo giuro), si è sentito male mentre era a casa. Gli auguriamo una pronta guarigione.
I medici gli hanno consigliato qualche giorno di riposo. Meritato, finalmente.

Diego nel paese delle meraviglie

Il Giornale di Sicilia, con meritorio spirito d’iniziativa, si è offerto di dar corpo al sindaco invisibile di Palermo. Da ieri si può scrivere a Diego Cammarata, tramite un’e-mail fornita dal quotidiano di via Lincoln, per chiedergli come va, come è andata e come andrà.
La rubrica del giornale più rubrichizzato della Via Lattea (presto ci sarà quella che raggruppa le pagine pari per distinguerle da quelle dispari) s’intitola Parola di sindaco e, visto il personaggio, è una bella scommessa.
Il primo cittadino di Palermo è infatti noto per la sua allergia al contraddittorio, per il suo magico defilarsi in uno sbuffo di cipria, per la sua capacità acrobatica di schivare ogni impegno che comporti impegno, per la sua evanescente coerenza del negare sempre.
Parola di sindaco, nel mio immaginario, equivale a Fedeltà di marinaio, o a Genio di un boy scout (in omaggio al comico Jack Benny), o a Vergine di una Selen, oppure fate voi…
Comunque, torniamo a noi. Anzi a lui.
Nel suo esordio sul Gds (lo potete ammirare qui) Cammarata incorre a secondo rigo in un lapsus freudiano. Così si rivolge al fortunato lettore selezionato dalla direzione del giornale.

Innanzitutto voglio ringraziarLa per il tono della Sua lettera, propositivo e attento.

Perché? Si aspettava forse un tono incazzato? E come mai? Chi può mai avercela con lui, sindaco propositivo e attento?
La spiegazione inconscia la fornisce lo stesso Cammarata nell’excusatio del rigo seguente.

In una città grande come Palermo è possibile che si registrino alcune inefficienze nei servizi pubblici.

Il tono è quello di una celebre intervista in cui si descriveva Palermo come una città felice: pochi aggiustamenti e sarebbe un eden in terra, con tanti Cammaratini bianchi a suonare, cantare e brindare leggeri nel cielo.
Segue la disamina del problema lamentato dal lettore, la pulizia di Villaggio Santa Rosalia, nota emergenza della città. Con tanto di autoassoluzione, pratica di cui il sindaco di Palermo è campione mondiale.

E’ anche grazie alla segnalazioni dei cittadini che spesso veniamo a conoscenza di queste inefficienze che non sempre arrivano subito, e direttamente, a nostra conoscenza.

Finisce come nelle favole Fabbri.

La ringrazio signor (…) di avermi scritto e spero che, anche senza il tramite del Giornale di Sicilia, continuerà a farlo. Per rilevare disservizi e guasti e, quando lo riterrà, per rassicurarci sulla bontà degli interventi eseguiti.

Insomma, sentiamoci caro signore. Mi chiami anche in privato. Io sono il sindaco di tutti, e tutti mi interessano. Sono al suo servizio, per servirla servizievolmente. Qualità e convenienza per tutti, non ci sono paragoni. Si fa credito a pensionati, nullatenenti e protestati. Venghino signori.
Il meraviglioso Diego nel meraviglioso paese delle meravigliose meraviglie.

A ognuno il suo mare

Mentre l’Amia affonda in un mare di melma, il sindaco Cammarata nuota in un mare tropicale.

Non è un refuso

Il sindaco di Palermo accusa il presidente della Regione di non fare gli interessi di Palermo. Come un tubo che accusa l’acqua di non essere impermeabile.

Da Live Sicilia.

Tu quoque…

Si metta il cuore in pace Cammarata! E pensi al prezzo che lui sta facendo pagare ai suoi cittadini… suoi solo sulla carta, perché ormai non lo vuole più nessuno, né i cittadini che lo hanno votato, né i consiglieri che lo hanno sostenuto. Nessuno!

Così parlò Gianfranco Miccichè.

Via LiveSicilia.

Un altro sindaco

amia

Leggete sopra (da Rosalio).
Il contenuto della seconda riga merita, a scelta:

un’assemblea pubblica a piazza Politeama;

un dibattito privato a casa Cammarata (non di giovedì che c’è Don Matteo 7);

una riflessione alcolica al Tribeca;

un forum felpato al Giornale di Sicilia;

oppure una semplice considerazione che parta dal dissesto dell’Amia e arrivi fino alle vergognose missioni milionarie dei suoi dirigenti, sempre tenendo conto della qualità del servizio di raccolta dei rifiuti a Palermo.

Un altro sindaco, con una maggiore scorta di dignità politica, avrebbe fatto ammenda per la propria inadeguatezza: in un partito che promette meno tasse per tutti, essere costretti a turare falle grazie ai maggiori esborsi dei cittadini è un po’ come spacciare scolapasta per pentole.
Un altro sindaco, con un senso di responsabilità meno labile, avrebbe ammesso: “Cari concittadini, siamo in difficoltà. Per colpa di alcuni sconsiderati amministratori (miei amici e compagni di coalizione, vabbè) siamo con le pezze al culo. Mi hanno fregato, vi hanno truffati. Tranquilli però, questi soldi ce li riprenderemo con tutti i mezzi leciti a nostra disposizione”.
E invece?
Invece Cammarata Diego, infausto sindaco  di una infausta Palermo dell’anno 2009, dà mandato di procedere, qualora esistano i presupposti, contro i furbastri che hanno mangiato aragoste a scrocco, alloggiato in alberghi a cinque stelle nonostante il conto fosse pagato con le tasse di un ignaro pensionato, succhiato dalle casse pubbliche con “onorevole” passione. Il primo cittadino di Palermo non ha il coraggio di voltare le spalle a personaggi che pur percependo stipendi a sette zeri non hanno esitato a farsi rimborsare da me e da voi tutti – di destra, di sinistra, di sopra e di sotto – persino le sigarette o le bibite al bar: tagliate di faccia si chiamano queste, alle nostre latitudini.
Un altro sindaco avrebbe cercato e trovato il pretesto per mostrarsi vivo e possibilmente animato da buona fede.
Cammarata Diego ha perso anche questa occasione: e non perchè non sia vivo.

Quando arriva la Primavera?

cammarata_operaio

La foto è di Daniela Groppuso.