Mentre si discute di traiettorie di lacrimogeni, di rimbalzi fatali, di strategia della tensione, oggi a Palermo la cronaca ci ha ricordato che la violenza ha sempre due attori: quello che la fa e quello che la subisce. E che una cosa è spaccare il capello delle responsabilità e un’altra è spaccare teste. E che il calcio in faccia di oggi non può essere la vendetta per la manganellata in testa di ieri, ma è solo orrenda, abominevole violenza.
Esistono due tipi di dinformazione: quella militante, alla Minzolini, e quella per partito preso, travestita da dissenso. Di quest’ultima è maestro Giuliano Ferrara.
Ieri sera il giornalista anti-verità ha riassunto le vicende della Val di Susa pressapoco così: i No Tav sono, nel migliore dei casi, personaggi che si oppongono al progresso, a una migliore circolazione delle merci, e che godono solo ad avere l’ovetto a chilometro zero.
Qualunque persona di buon senso, anche senza sapere nulla delle ragioni contrapposte che stanno alla base dello scontro sul Tav, diffiderebbe di una rappresentazione così semplicistica della vicenda. Ma questo non interessa a Giuliano Ferrara. La sua missione disinformativa non prevede l’esistenza di teste pensanti, al di fuori del suo studiolo. Lui non parla, pontifica. Non vuole telespettatori o lettori, ma fedeli.
Solo che le vie della fede, come quelle del Signore, sono infinite. Quelle del Tav passano attraverso valli e montagne che non vogliono essere sfregiate.
Giuliano Ferrara a Qui Radio Londra tuona contro gli indignati: “Quelli hanno le uova”, dice alludendo alle proteste contro il parlamento e contro i parlamentari italiani.
Già, quelli hanno le uova. E gli altri? Glielo diciamo noi a Ferrara, ché lui non si è scomodato a indagare.
Gli altri hanno il potere politico che – è acclarato – gestiscono con una disinvoltura quasi criminale: dalla compravendita dei voti alla stesura di leggi su misura del premier, dal favoreggiamento nell’omicidio di questo Paese all’accoltellamento della libertà di espressione.
Le uova sono il minimo quando il Palazzo si arrocca su posizioni anticostituzionali che mettono in pericolo la stabilità della nazione in un momento più che delicato per l’economia mondiale.
Le uova sono per tutti, anche per l’opposizione che non riesce a stare unita neanche per una foto ricordo.
Le uova sono soprattutto per la politica del baratto. Ieri, dopo la prova di forza superata per un soffio, Berlusconi ha distribuito i premi. Totale: due nuovi sottosegretari e un viceministro in più.
Non ci sono uova che bastino. Ve lo dice uno che le adora cucinate in ogni modo (memorabile l’omelette della mia amica Mara) e che odia vederle spiaccicate sui muri.
La giustificazione che, dalle parti della maggioranza, viene ripetuta in modo ossessivo appena qualcuno solleva il dubbio sulla liceità delle azioni del premier e dei suoi sodali è: “Sono stati eletti dagli italiani”. Come se il fatto di essere in carica dopo un voto democratico non escludesse la possibilità di commettere reati o di adottare comportamenti poco consoni al ruolo che si ricopre.
Una persona “eletta dagli italiani” non è migliore degli italiani, non sta al di sopra delle leggi che riguardano gli italiani. Non rappresenta nemmeno gli italiani, ma qualche italiano: ad esempio, io che non voterei mai per Dell’Utri non ripongo alcuna speranza nella sua azione politica, al contrario ho votato in modo che qualcuno possa contrastarla.
Discorso opposto per il buon gusto e l’educazione che, sì, devono accomunare tutti i deputati e senatori: la correttezza dovrebbe essere il principio fondamentale. Soprattutto per i membri del governo.
Avete visto il ministro della Giustizia lanciare la sua tessera della Camera contro i banchi dell’Idv? Avete sentito il ministro della Difesa mandare a quel paese il presidente della Camera? Che colore hanno questi gesti? Non sono né rossi, né neri, né azzurri. Sono di una tinta opaca e indefinita come la mediocrità. Perché forse, più che buttarla in politica, è il momento di arrenderci all’evidenza. Siamo governati da gente da poco. Molti di questi signori, se non fossero stati imbarcati nell’Arca della politica, sarebbero oscuri venditori, traffichini, impiegati assenteisti, pataccari da autogrill, professionisti pregiudicati. Anche se “sono stati eletti dagli italiani” li dobbiamo giustificare quando mettono i piedi nel piatto?
Ieri sera ad Anno Zero è andato in onda il dramma della disoccupazione in un Paese governato dal partito del milione di posti di lavoro. Realtà contro promesse: antica contrapposizione che non sarebbe scandalosa (la politica è fatta anche di promesse) se non si urlasse al complotto ogni volta che a un annuncio non si è stati in grado di far seguire i fatti.
La crisi internazionale usata come alibi, la distrazione di un consiglio dei ministri che si occupa al 99,9 per cento di come risolvere per via extragiudiziaria i problemi giudiziari del capo, un’indolenza tattica della classe politica che parla di lavoro solo in termini generici per evitare di affrontare le singole spine dei singoli casi: lo scenario è questo, desolante e noto.
La sensazione è – correggetemi se sbaglio – quella di essere amministrati da gente che abita e lavora in un altro pianeta. Mentre in Parlamento si dibatte di processo breve e di lodi vari, ai confini dell’impero c’è chi fa la fame con moglie e tre figli. Mentre in Parlamento gli stipendi restano quelli che sono, altissimi, altrove si campa con meno della metà di quel che si guadagnava prima.
Lo so, il rischio di cadere nella banalità, nel già visto e già sentito è altissimo.
Però ogni tanto dovremmo ricordarci che la democrazia si spegne quando per egoismo uno spunto di indignazione si trasforma in uno sbadiglio.