Si perdono 20.000 euro al giorno. La responsabilità? E’ di nessuno

soldi

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Mettiamo che lavoriate in una piccola azienda privata e che dobbiate provvedere al trasloco di un ufficio, due scrivanie, due computer, un fax, un piccolo armadio, varie suppellettili. L’operazione vi è stata annunciata da tre mesi e voi dovete solo assicurarvi che tutto sia a posto: impresa di trasporti allertata, nuovi locali puliti, volture effettuate. Arriva il giorno X e al momento di accedere ai nuovi locali vi rendete conto di esservi dimenticati di farvi dare la chiave dal padrone dell’immobile, che adesso è partito per la Papuasia, e dovete rimandare tutto indietro costringendo la vostra azienda a pagare per un trasloco inutile. Mettiamo anche che i vecchi locali non siano più disponibili e che si debbano sborsare tot euro al giorno per il deposito, perché scrivanie, armadio e tutto il resto non ve li potete portare a casa. Passano i giorni e le chiavi non ci sono. Mannaggia, com’è potuto succedere… è stato un disguido, un malinteso. Alla fine la vostra azienda ci rimette qualche migliaio di euro. Voi credete di farla franca? Ovviamente no, perché se avrete la fortuna di non essere licenziati in tronco, sarete costretti a risarcire il danno.
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Non è uno scherzo

Questo è il posto di lavoro di un dipendente della Gesip di Palermo.

Palermo, l’enigma del dopo Cammarata

L’articolo di oggi su la Repubblica.

Scrivere che Francesco Scoma è l’unico esponente del centrodestra pronto a scendere in campo per la poltrona di sindaco di Palermo è una tautologia, perché nel dizionario della politica siciliana Scoma è sinonimo di candidatura a qualsiasi carica. Tautologia necessaria, però, per dare un’idea della desertificazione che affligge le prime linee berlusconiane da quando sono iniziate le manovre per il dopo Cammarata.
Il coordinatore regionale del Pdl Giuseppe Castiglione dice che non c’è fretta perché si vota in primavera, e forse in cuor suo più che la calma invoca la pazienza. Quella che ci vuole per sopportare il defilarsi del rettore Roberto Lagalla, lo smarcarsi del presidente dell’Ars Francesco Cascio, il baluginare di nomi non certo a sorpresa come quelli di Simona Vicari e Carlo Vizzini.
L’eredità della gestione Cammarata è difficile da maneggiare. Se davvero, per usare le parole del sindaco, fossero “sotto gli occhi di tutti” i “risultati straordinari” ottenuti dall’amministrazione comunale, per il centrodestra sarebbe solo una formalità scegliere il candidato più adatto. Invece il gravissimo deficit che affligge l’immagine del primo cittadino, rende impervia la strada verso la sua successione. Pensate, ad esempio, al programma. L’aspirante sindaco del Pdl dovrà necessariamente annunciare il giro di boa, di cui Palermo ha disperatamente bisogno, senza sconfessare l’azione del suo predecessore: tra sofismi e acrobazie elettorali ci sarà da spremersi le meningi. Continua a leggere Palermo, l’enigma del dopo Cammarata

Sorridenti davanti alla fine

Leggo articoli come questo e sorrido. Certo, è difficile sorridere quando la barca sta affondando. Però, anche nel momento più drammatico c’è un dialogo con la propria coscienza che ti rasserena: ho fatto quel che potevo? Ho dato l’allarme per tempo? Ho lasciato che gli altri mi maledicessero per le mie infauste premonizioni? Mi sono dissociato in modo evidente? Ho messo la mia faccia e il mio nome a testimonianza di un dissenso civile ed eppure fermo? Sono stato sufficientemente chiaro?
Al bando le false modestie: ditemi se questo non è un allarme che avevamo lanciato anni fa.

P.S.
Quest’ultimo link necessita di un po’ di tempo per essere esplorato in modo completo. Vi chiedo scusa.

P.P.S.
Resta il celebre video dei Beati Cavoli a svelare il trucco del sindaco invisibile.

Cammarata reloaded

Ricordate il video promozionale in cui il sindaco di Palermo, Diego Cammarata, spiegava che la città è ben amministrata e che il disastro finanziario era riconducibile a una mera convergenza internazionale? Bene, sulla base di quel filmato realizzato con fondi pubblici, un gruppo di guastatori che si fa chiamare “I beati cavoli” ha deciso di fare quello che tutti gli organi di informazione non hanno fatto: analizzare, ricercare, verificare, raccontare.
Ne è venuta fuori una versione dei fatti riveduta e corretta (nonché gratis).  E chissà, forse anche più veritiera.

Quando arriva la Primavera?

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La foto è di Daniela Groppuso.

Il complottino

Fateci caso – e mi scuso per la monotematicità del blog di questi ultimi giorni – ma il primo accenno che il sindaco di Palermo fa per imbastire una tela di discolpa, arriva dritto ai suoi compagni di partito.
Come?
Lui si affida a un lavoratore della Gesip che dovrebbe far ben altro anziché badare al suo panfilo con tutto il casino che ne consegue, e la colpa andrebbe cercata tra quattro berlusconiani (più o meno titolati) il cui unico impegno è decidere se fabbricare il nuovo giocattolo del Partito del sud o assecondare i misteriosi piani di un presidente della Regione unto dal dio dell’Etna?

Cammarata e l’imprevisto annunciato

Diego Cammarata

Per cominciare, un dato di cronaca, quasi epidermico. Tale Cammarata Diego ieri non ha stimato opportuno presentarsi davanti a una telecamera o a un microfono per dare la sua versione dei fatti sul caso sollevato da Stefania Petyx di Striscia la notizia. Un caso di cui Palermo ha discusso, discute e, spero, discuterà fino a quando tutto non sarà chiarito.
Il sindaco ha fatto scrivere però due comunicati stampa. Li ho letti con attenzione e ne ho dedotto qualcosa che rimanda a un’immagine abbastanza singolare dei personaggi e degli scenari.
Purtroppo l’argomentazione non è brevissima e serve un po’ di pazienza.

L’attesa
Cammarata Diego attende quasi diciassette ore per replicare alle accuse di Striscia. I casi sono due: o ha avuto ben altro da fare, oppure ha dovuto studiare a lungo una risposta. Accantonata la prima ipotesi per motivi che malignità mi imporrebbe di definire ontologici, ma che prudenza mi suggerisce di identificare come plausibili (ieri mattina non risultavano gravosi impegni ufficiali per il primo cittadino di Palermo), resta la seconda possibilità.
Il sindaco ha studiato una risposta. E, applicandosi, ne ha partorite addirittura due: come vedremo l’una diversa dall’altra.

Il primo comunicato
Il primo comunicato, pilatescamente, si apre con un rinvio ad altre responsabilità: “La barca in oggetto è di proprietà dei miei figli”. Puntualizzazione inutile e anzi controproducente, dal momento che lo stesso Cammarata Diego ammette due righe dopo di avere la “piena disponibilità” dell’imbarcazione. Se ufficialmente un bene non è tuo ma ne godi apertamente, che senso ha dire che ufficialmente il bene non è tuo ma ne godi apertamente? Non è meglio saltare l’argomento, specie se di mezzo ci sono i tuoi figli?
Poi arriva il riferimento a Franco Alioto, il catalizzatore dello scandalo: “Conosco il signor Alioto Franco da molto tempo e si è occupato occasionalmente e fino a ieri, di verificare che la barca sia in ordine”.
Cammarata Diego non può negare il rapporto con l’impiegato della Gesip e si preoccupa di puntualizzare che le sue mansioni private, Alioto Franco le ha svolte fino a ieri, cioè fino a lunedì 21 settembre, giornata di nubifragio. Memorizzate questo dettaglio.
Più avanti Cammarata Diego spiega che, ormai nè lui nè i suoi figli hanno il tempo di usare la barca, che è stata messa in vendita la “scorsa estate” (si presume l’estate 2008).
Ora, sarebbe interessante sapere a che ora di lunedì 21 il marinaio è andato a controllare lo yacht del sindaco. E varrebbe la pena di riflettere anche sul perché Cammarata Diego si preoccupa di specificare che le prestazioni del marinaio sono state svolte fino a ieri. Forse perché teme che le telecamere di Striscia abbiano ripreso il povero Alioto al lavoro, anche di lunedì, sulla sua barca abbandonata, magari in orario di servizio? O forse perché il rapporto “occasionale” nasconde in realtà una consuetudine che vincola il sindaco a fissare un limite temporale estremo (fino a ieri è il confine più vicino con la svolta imposta dal servizio di Stefania Petyx) che non gli procuri altri imbarazzi?

Il secondo comunicato
Il secondo comunicato cambia tono. Il bersaglio diventa l’impiegato della Gesip. Ma anche qui c’è un’acrobazia logica. Il sindaco infatti scrive di aver utilizzato, quest’estate, la barca solo nei fine settimana (due), “periodo durante il quale il signor Alioto è libero da impegni di lavoro”. Ok, nel weekend il povero dipendente della Gesip arrotonda lo stipendio.
Poco più avanti però, Cammarata Diego afferma di aver “chiesto a Gesip di accertare con prontezza e rapidità lo stato di servizio del signor Alioto”.
Che bisogno c’è di un simile atto ispettivo se le occasioni in cui il marinaio ha prestato il suo servizio sono cosi rare? Due weekend di navigazione, una barca che si muove poco: non sono un esperto di queste cose, però non mi pare che ci sia necessità di una persona a tempo pieno in un simile contesto.
Improvvisamente il sindaco non ha più fiducia nel suo uomo di fiducia. Eppure tra lupi di mare bastava un’occhiata per intendersi sul da farsi: “Per mantenere questa barca ci vogliono uno/due/tre/quattro pomeriggi alla settimana”. Invece tutto è confuso, rarefatto, come una mezza verità. O come un’ombra di menzogna.
“Conosco Alioto Franco da molto tempo”, scrive Cammarata Diego. Però chiede ai suoi avvocati di valutare la possibilità di denunciarlo.
Lui, che è avvocato cassazionista, chiede ad altri avvocati di sapere cosa farebbe un avvocato al posto suo. Complimenti.

Esiti
In cuor mio ho già un’idea di come finirà. E si accettano scommesse. Lo scenario del sacrificio è pronto. Un indifendibile debole, probabilmente reo di qualche leggerezza, pagherà al posto di un indifendibile forte. E’ una legge di natura.
E’ purtroppo quello che – perdonatemi l’ossimoro – potrebbe definirsi come un imprevisto annunciato.

Un Caronte espiatorio

della Contessa

Il direttore della Gesip Giacomo Palazzolo ha dichiarato, a proposito del dipendente-assenteista-ormai-capro-espiatorio: “In azienda è nota la sua esperienza di marinaio (…) Di certo immediatamente lo trasferirò, in via cautelativa, dal settore verde ai servizi cimiteriali”
E ai servizi cimiteriali, si sa, hanno sempre un gran bisogno di esperti marinai.
Sarà il nuovo Caronte palermitano.

Tale Cammarata Diego

Sgombriamo il campo dagli equivoci e dalle discussioni fuori tema: qui la questione non è politica. Non ci sono una destra da difendere e una sinistra da sorreggere. Non c’è una polemica di schieramento, né la ruggine di un partito preso. C’è un motivo di giustizia – personale, nella generosa accezione di buona creanza, e pubblica, nella rigorosa accezione normativa – per riflettere su quanto ha denunciato Stefania Petyx, ieri a Striscia la notizia.
Breve riassunto per i più distratti e/o pigri.
Il sindaco di Palermo, tale Cammarata Diego, prende un lavoratore della Gesip, società di cui il Comune di Palermo è azionista, e lo piazza sulla propria barca con l’incarico di affittarla in nero. Il che è come se nella vostra azienda un capoufficio prendesse un usciere e lo spostasse nel proprio giardino di casa a innaffiare garofani con l’incarico di rivenderli al racket dei fiorai del camposanto.
Cammarata Diego non è censurabile solo perché fa un uso improprio di un lavoratore, ma lo è perché si appropria di un lavoratore non suo, brandendo un potere antico e, diciamolo, brutto che confonde l’incarico con l’onnipotenza, la decisione con il capriccio.
Esperienza insegna che le accuse più gravi sono quelle che arrivano dai non nemici (quelle degli amici si inquadrano nel noto filone del tradimento che dalle nostre parti ha implicazioni tragicamente trasversali) e nel caso della Petyx non c’è un solo esponente dell’opposizione, una sola virgola comunista che abbia spazio in tre minuti e passa di servizio. Parlano i fatti, gli adepti, i non nemici, appunto.
A video spento rimane tutta la pochezza di un uomo che gode del suo incarico senza svolgerlo, ma incarnandolo in modo pacchiano nel privato. Non è nemmeno la strategia dell’apparire, ché tale Cammarata Diego deve all’invisibilità gran parte della sua incolumità politica. E’ qualcosa di più piccolo e quindi umiliante per la città intera: non la scarsa considerazione, ma la mancanza assoluta di considerazione per gli astanti, i cittadini, il popolo, il volgo di Tasso e Manzoni che non ha eco a Palazzo delle Aquile sol perché il padrone preferisce un bistrot a una biblioteca.
A Palermo non serve una rivoluzione, gli isterismi sono fuori luogo quando non c’è un idolo da celebrare o da distruggere.
Questo signore, tale Cammarata Diego, dovrebbe essere mandato a casa dai suoi stessi amici e non nemici, con discrezione. Come si fa con gli avvicendamenti di certe cariche dello Stato: facciamo finta che è stato spostato, assorbito, promosso, che è stato destinato ad altri incarichi più prestigiosi.
L’importante è che tale Cammarata Diego si eclissi con tutta la sua indecente invisibilità.
Presto.