Campi di battaglia

berlusconi vespaLa cosa più difficile da fare quando i tempi sono bui è provare ad abbronzarsi con la luce di una candela.  Però, almeno nel mio caso, è una specie di riflesso condizionato. Quindi ci provo.
Berlusconi è ancora in sella (del resto si votava per l’Europa, mica per il casino italico), ma i suoi piani prevedevano un plebiscito che fortunatamente non c’è stato.
Cosa ha rotto le uova nel paniere dell’imperatore?
Mi piace pensare che sia stato il rigurgito di indignazione di una parte dell’opinione pubblica e della stampa. L’attenzione al versante più caro al nemico, quello per intenderci infestato da finte femmine implumi e da sementi di malerba dittatoriale, è foriera di buone novità.
Si era pensato di combattere un uomo definito dal Financial Times come “un pericolo per l’Italia” con la semplice arma del dibattito politico, ma in realtà ci si è accorti che l’agone in cui il premier si muove non è in Parlamento, ma in una garconnière che ha il salone in Sardegna e il tinello in Campania.
Duro a dirsi, ma il futuro dell’Italia dipende dalla scelta del campo di battaglia. Il che significa martellare su usi sessuali, abusi di credulità, menzogne da fedifrago, inconfessabili pulsioni, sanità mentale.
Certo, nel frattempo fa buio e la candela si consuma.

L’archivio della felicità

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

di Quarant’Ena

Questa è una storia di fantasia o, se volete, no.

Lei: Teresa, 36enne, bella, professionalmente appagata. Lui: Antonio, 35enne, capace di corteggiare come pochi. Non molto bello, ma tanto buono.
I due si incontrarono per caso, a casa di amici comuni. Seguirono e-mail eleganti dai contenuti abbastanza neutri. Una al giorno, poi due, tre. In breve 100-150 a cui si aggiunse una tempesta di sms.
“Buongiorno, se sei sveglia”.
“’Notte, se riposi”.
Ovunque si trovasse, lei rispondeva subito. E ricopiava tutto, nel suo archivio della felicità.
Dopo circa tre mesi lei gli chiese, con determinazione mista a una malcelata vergogna: “Che fa, ci prendiamo un caffè insieme?”
Lui: “Sì, ok”.
Si videro in un bar del centro. Se fu amore non è dato saperlo. So solo che la mia amica Teresa, dopo quel giorno lo incontrò 15 volte. Pranzi fugaci, mai una cena, molti caffè, qualche tè. Solo una volta copularono. Poi niente più, tornarono alla scrittura dei sentimenti.
Lui la rassicurava: “Vederci non è determinante. In questo modo ci tocchiamo l’anima”. Oppure: “Scriverti mi permette di sfiorarti l’anima”.  O ancora: “Le nostre parole ci permettono di adagiarci sull’anima”.
Ogni tanto a Teresa scappava un messaggio del tipo: “Andiamo al cinema?”. Ma lui aveva sempre qualche impegno.
Un giorno, dopo un anno, lei s’impose: “O andiamo al cinema oppure è finita”.
Lui non rispose.
“Sarà occupato”, pensò lei. Aspettò.
“Perché non mi rispondi?”, gli scrisse dopo due giorni di attesa, nonostante il dolore acuto nel pollice destro (un anno di sms pregiudica fortemente la funzionalità delle falangi).
Non ottenendo risposta, glielo chiese più volte finché non si decise a fare un gesto inconsulto: gli telefonò.
Una voce di donna la investì subito: “Puttana! Sei una puttana. Lascia in pace mio marito”.
Lei impiegò pochi minuti per prendere la sua decisione. Raccolse tutto il materiale. Con pazienza, tanta pazienza, cancellò dalla posta il suo nome  e lasciò visibile il numero di telefono di Antonio. Aprì l’archivio della felicità e stampò le circa 6.000 mail e i 10.000 sms raccolti in un anno. Eliminò il proprio nome, ma lasciò quello di Antonio. Corse in tipografia e commissionò un migliaio di copie, non tutte rilegate per via degli alti costi.
La distribuzione del volumetto è ancora in corso nel raggio di un chilometro da casa della coppia felice: dal parrucchiere, dal salumiere, dal meccanico, dal giornalaio… Nulla è lasciato al caso, persino i pazienti del vicino ospedale leggono da qualche giorno le poesie, le frasi, le parole che lui le scriveva.
Bisogna stare attenti a maciullarla, l’anima. Perché quando si risveglia dal coma s’incazza moltissimo.

La bufala dei corpi incastrati

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di Tony Gaudesi

Quando il sesso unisce in maniera indissolubile. Una cassiera ed una guardia giurata di un non meglio identificato centro commerciale del Bergamasco sarebbero dovuti ricorrere all’aiuto del 118 per separarsi dopo un focoso amplesso clandestino nell’improvvisata alcova-toilette del supermercato in cui lavoravano. Un violento rapporto anale li avrebbe incollati l’uno all’altra fino all’arrivo al pronto soccorso. Non prima, però, di passare, coperti alla meno peggio, tra due ali di curiosissima folla. In mezzo alla quale non poteva mancare  il marito della donna, colto da ovvio e scontato malore.
In una situazione simile il condizionale non è un obbligo.  Troppa la puzza di bufala per garantire alla vicenda, a cuor leggero,  un posto nei menabò e nelle scalette dei tg. E infatti l’accattivante notizia (apparsa, a quanto pare,  nei primi giorni di maggio sulle pagine della Gazzetta dell’Adda) non è finita su molti giornali  e telegiornali. E’ sbarcata, come prevedibile, in una moltitudine di siti e blog, ma anche su  organi di informazione quali la Gazzetta di Parma e il portale di Tiscali. Anche  Tgcom l’ha ripresa,  ricamandoci pure sopra,  con l’unica accortezza del paracadute di una infinitesima incidentale buttata a centro di pezzo, che con un canonico “riferisce la Gazzetta dell’Adda”, scaricava al giornale di cui sopra paternità e responsabilità della notizia.
Peccato che lo stesso fatto, con dettagli diversi, era accaduto (o meglio sarebbe accaduto) qualche mese prima e qualche centinaio di chilometri più a Sud,  nel Salernitano, come riferisce un articolo che contiene quantomeno  i nomi del paese (Pontecagnano) e del supermercato (Carrefur).
E non finisce qui. Alcuni cibernauti giurano di avere sentito parlare della cosa addirittura anni prima a Civitavecchia, altri a Caserta. Anche in Sicilia negli anni Novanta si diffuse la stessa leggenda popolare. Sempre sesso selvaggio in primo piano con singola  o doppia separazione traumatica finale: medica in prima battuta e legale (ad opera dei rispettivi partners) in seconda.
Che il lato B non porti più quella fortuna che gli si è sempre attribuita? Più probabile che qualche cronista dalla piccola professionalità, ma dalla grande fantasia, abbia gonfiato il fatto (una base di verità c’è quasi sempre anche nelle bufale) facendolo traghettare dalle colonne del suo giornale di provincia a qualche autorevole testata, che per il solo fatto di ospitarlo ne ha certificato la genuinità.
Sarebbe bastata una piccola verifica, come professione comanda (leggi: controllo delle fonti) per disinnescare la notizia e stopparla. Ci sarebbe stato probabilmente qualche sorrisetto in meno, ma il lato B non avrebbe rischiato di vedere offuscata la propria, secolare, fama.

Errori

Casi diversi quelli di Clinton e Berlusconi, certo. Ma per qualità dei soggetti.

Domande fondamentali

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L'illustrazione è di Gianni Allegra

Per l’inizio della settimana vi consegno alcune domande fondamentali.

Perché i parrucchieri si chiamano prevalentemente Tony, Salvo o Enzo?
Perché sui media il sesso dei maschi viene coperto e quello delle femmine no?
Perché nelle comunicazioni burocratiche (e non solo, purtroppo) si usano abbreviazioni improbabili come: Ill.mo, Gent.mo o Dott.ssa?
Perché su Facebook si chiamano “amici” persone che non si conoscono?
Perché, quando provano un paio di jeans davanti allo specchio, le donne si guardano il fondoschiena e gli uomini no?
Perché quasi tutti dicono di odiare il Grande Fratello, ma quasi tutti lo guardano?
Perché nemo propheta in patria?

Il preservativo del Papa

papa-ratzinger-al-museoPrendete un continente martoriato come l’Africa. Prendete un Papa che si mostra sommo solo nelle somme stupidaggini che dispensa nel nome di un Dio che immagino, anzi spero, si tappi occhi e orecchi. Prendete un dramma come l’Aids. E prendete uno strumento efficace, indolore e civile come il preservativo. Mescolate il tutto e il risultato è questo: il Papa, in visita nel continente africano, dice che il preservativo non serve per contrastare il dilagare dell’Aids e che invece occorre “un rinnovo spirituale e umano” nella sessualità.
Le lancette dell’orologio di Ratzinger accelerano la loro marcia in senso antiorario, in un progredire di enormità che ormai sfiora il negazionismo del più cretino dei lefevbriani.
Dire al mondo che il “rinnovo spirituale e umano della sessualità” è più utile del preservativo significa, nell’ordine: a) Negare ciò che è reale, scientificamente provato; b) Propagandare una sorta di primo tagliando della sessualità (c’è stato un rodaggio? un certificato di garanzia?); c) Avvolgere nel fumo sintetico (tipo quello delle discoteche di un tempo) le menti più che confuse di milioni di fedeli.
A meno che il nostro Papa non voglia farsi lui stesso profilattico, sommo garante della somma correttezza di un rapporto sessuale, l’unico appello che mi sento di fare, ancora sbalordito per tali affermazioni, è: cari fratelli, fermatelo.

Aboliamo il Grande Fratello

La vignetta è di Gianni Allegra
La vignetta è di Gianni Allegra

Su Blob, ieri, ho visto un frammento del Grande Fratello. Ho sbirciato tra le pieghe di un tradimento (anzi, dei suoi postumi) in diretta, con lacrime finte e ignoranza genuina. Mi è salito un malumore che ha imbarazzato i miei ospiti.
Il fatto è che in questa trasmissione le peggiori intenzioni diventano manifesto, l’umana idiozia assurge al ruolo di fenomeno di costume, il peggio fa spettacolo. Ci sono psicopatici che dettano regole di vita e comparse senza un briciolo di talento costrette a ruoli di improbabili protagonisti. La parte più raffinata del programma sono le scene di sesso clandestino.
Eppure tra un film porno, dove l’oscenità e i paradossi sono dichiarati, e il Grande Fratello, che ammorba le menti con una finzione banalmente volgare, c’è un’enorme differenza: il sesso è di (quasi) tutti, l’imbecillità no.
Tra i motivi che giustificano la decretazione d’urgenza io metterei la tutela della decenza intellettuale. Il Grande Fratello va abolito per legge.

Cristina del Grande Fratello

Impazza sui giornali e sul web una tale Cristina del Grande Fratello. La signorina in questione – ho appreso per meri motivi di lavoro – è una studentessa universitaria che si è fatta le ossa con la lap dance in una borgata del Comasco e che, stando alle indiscrezioni, punta ad ottenere un’ottava di reggiseno (al momento dichiara una sesta collaudata). Ci sono almeno tre motivi per cui ritengo che la concorrente del più importante reality show del pianeta abbia tutte le carte in regola per diventare un personaggio dominante della televisione italiana.
Primo, ha rinunciato al cognome nel segno della migliore tradizione della tv trash: si è qualcuno in funzione del recinto in cui si pascola. Che importa l’anagrafe quando un telecamera spia cambi di mutande, confessioni sul livello di porcaggine, spunti di aggressività, esercizi di libera e orgogliosa ignoranza?
Secondo, la rivelazione di una doppia vita (universitaria e figlia modello dell’operosa provincia italiana di giorno, agitatrice di culo e provocante accompagnatrice di notte) è un titolo onorifico nell’etere italico: più di una tripla laurea, un corso di cucina con Giovanni Rana e un master di consapevolezza politica con Marco Travaglio messi insieme.
Terzo, l’esplicita ammissione della propria sessualità famelica (onnivora?) la pone, nello scenario politico attuale, in una posizione di privilegio: le bonazze, meglio se anche un po’ troie, sono benvolute dal nostro esecutivo e tutelate al pari di monumenti nazionali.
Durante una recente vacanza in Francia mi sono ritrovato a fumare una sigaretta all’aperto (temperatura – 15) con un danese ubriaco. Esauriti i convenevoli sull’aspetto pittoresco del mio paese (arte, clima, spaghetti e mandolini) il tizio mi ha rivolto la seguente domanda: “Perché in Italia tutte le donne in tv sono smutandate e con le tette al vento?”.
Per fortuna, al momento di rispondere, le sigarette erano esaurite e lui, a maniche corte, cominciava a sentire un certo fresco. Siamo rientrati e sono riuscito ad eclissarmi.