L’arresto di Alessandro Sallusti sarebbe tanto irritante quanto l’approvazione di una norma che, quasi ad hoc, gli evitasse il carcere. In entrambi i casi infatti si correrebbe il rischio di santificare un condannato: facendone nel primo caso un martire, e nel secondo un modello.
Il personaggio è quello che è, abituato agli estremismi di un giornalismo senza scrupoli ma non per questo senza padroni. Sallusti – è la mia impressione – non vede l’ora di essere arrestato, di diventare la bandiera di una lotta politica che col giornalismo ha poco a che vedere, come i personaggi di questa vicenda.
Sono pronto a battermi perché lo lascino libero. Solo così si avvicinerà più rapidamente al dimenticatoio che gli spetta.
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Drammatico
Bisogna stare molto attenti con gli aggettivi. Definire “drammatico” l’eventuale taglio del finanziamento ai partiti è da incauti. Di drammatico in questa nazione ci sono molte cose, e il mio non è benaltrismo. Se si parla di soldi pubblici c’è una parola che legittima tutto: fiducia. Quando paghiamo le tasse lo facciamo sperando che quei soldi siano ben impiegati. Il dramma, quello vero, è che finiscono in sperperi, puttane, auto di lusso, ville, viaggi, cene, diamanti e tangenti varie.
Quindi non facciamo il drammatico errore di indicare drammatici errori che in realtà sono atti di legittima difesa da altri, veri, drammatici errori.
Investimenti
Qualche anno fa ho messo quattro soldi, ma proprio quattro, su un fondo d’investimento. Al consulente spiegai che mi bastava tenere quella cifra lontano dal conto corrente per evitare che le mie mani bucate la dissipassero in un fiat. Mi furono fatte firmare carte, mi furono impartite lezioni di macroeconomia, fui rassicurato e anzi blandito: era la migliore scelta che potessi fare.
Effettivamente subito dopo mi sentii risollevato: non avevo più la disponibilità di quei soldi e ogni tentazione era allontanata.
Ovviamente di tutta quella valanga di promesse di guadagno non una sola corrispondeva a realtà: ma non mi ero fatto illusioni.
Quello che mi fa imbestialire è che ogni anno la società che gestisce questo fondo mi manda un plico identificato ottimisticamente come “estratto conto”. Cinquantasette pagine zeppe di grafici, previsioni, stime, proiezioni al 2025 e più avanti ancora. E della mia situazione personale non si capisce un tubo. E non credo che basti una laurea in economia per decrittare un paio di dati utili. Tutto quello che è scritto su quelle pagine svolge una funzione elementare e criminale: confondere le idee. Continua a leggere Investimenti
Calamandrei, Ferrara e un Capezzone al cubo
Ieri sera Giuliano Ferrara, nella sua trasmissione Radio Londra, ha citato Piero Calamandrei per attaccare Piero Grasso e Luigi De Magistris (e ovviamente Antonio Di Pietro, ma questo non fa notizia). “I magistrati devono essere bocche della legge”, ha detto dimenticandosi di aver già fatto la stessa citazione due mesi fa, nello stesso programma. Ora sarebbe facile dire che Ferrara ha letto, in vita sua, solo Calamandrei se avesse riferito anche frasi del genere (tutte di Calamandrei, of course):
“La legge è uguale per tutti” è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocar l’uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l’aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria.
Oppure:
Fra le tante distruzioni di cui il passaggio della pestilenza fascista è responsabile, si dovrà annoverare anche quella, non riparabile in pochi anni, del senso della legalità. Per vent’anni il fascismo ha educato i cittadini proprio a disprezzare le leggi, a far di tutto per frodarle e per irriderle nell’ombra.
Oppure:
Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? (…) Allora il partito dominante segue un’altra strada. Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private.
Sarebbe facile, appunto, dire che Giuliano Ferrara ha letto solo Calamandrei. Infatti così non è. Perché lo ha letto, confrontato, scremato e utilizzato per propria convenienza.
La differenza che passa tra un giornalista e un Capezzone è, appunto, un Ferrara, che per stazza e multitasking politico è una frazione di giornalista e un Capezzone al cubo.
Fai la cosa giusta
L’America può apparire puritana all’Europa, ma rispetta l’insegnamento di Thomas Jefferson, uno dei suoi padri fondatori: un uomo pubblico deve rispondere agli elettori anche della sua condotta privata. Se Strauss Khan ha fatto quello di cui è accusato, pagherà di persona.
Così ha scritto nei giorni scorsi Ennio Caretto sul Corriere della Sera, ricordandoci in fondo quello che sapevamo bene e cioé che gli Usa hanno fondato i loro pochi secoli di storia sul perfetto funzionamento del rapporto tra causa ed effetto.
Nel bene e nel male gli Stati Uniti sono il paese delle decisioni. La loro frase simbolica è: “Fai la cosa giusta”. La nostra è: “A frà, che te serve?”. Lì potere è duro, spesso crudele, e gode per sua essenza di una vastissima base di consenso, qui è in bilico tra mille compromessi e spesso, come disse un tale, logora chi non ce l’ha.
Negli Usa, soprattutto, nessun esponente politico si sogna di modificare una legge a suo vantaggio perché esiste ancora (e non solo in America, penso al Giappone ad esempio) una forte sensibilità alla vergogna. Che in Italia invece è stata abolita per decreto.
Cappellaro e cappellate
L’ultimo tormentone del web è questa intervista a Veronica Cappellaro, consigliere regionale del Lazio. Il video risale al 28 febbraio scorso e dà un’idea della solida preparazione di questa signorina che è anche presidente della Commissione Sport, Cultura e Spettacolo. Un timido giornalista le chiede qualcosa sui saldi, e lei? Lei legge la risposta. E pure male.
Ah, secondo voi di che partito è Veronica Cappellaro? E di chi sarebbe amica?
Prescrizione nana
La nuova “prescrizione breve” è stata disegnata per imputati che abbiano oltre 65 anni, senza capelli, ricchi, alti meno di un metro e settantuno (tacchi inclusi), discretamente puttanieri. Il guardasigilli Alfano assicura che il provvedimento è leggero e non avrà gli effetti devastanti che qualcuno intravede. Ha ragione: servirà a un solo abitante su oltre sessanta milioni.
La legge è uguale per tutti. Gli altri.
La legge e il bicchiere
“La sua è stata una decisione politica. Altro che. I nostri tecnici ci hanno spiegato che avrebbe potuto anche firmarlo. Ha voluto deliberatamente cogliere solo gli aspetti negativi di quanto abbiamo fatto”.
L’attacco di Berlusconi contro un Napolitano che, probabilmente a causa di una crisi di insonnia, si è deciso a contestare il metodo con cui il governo assembla le leggi, racconta molto dell’ignoranza e della presunzione del premier. Il riferimento a quegli “aspetti negativi” tramanda qualcosa in più di un’involontaria ammissione di colpa. Ci dice che per Berlusconi la legge, una qualsiasi legge, è un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. E ciò toglie quella solennità quasi sacrale che invece dovrebbe caratterizzare una norma dello stato. Per questo governo, insomma, ogni atto è relativo, giudicabile a seconda degli umori, della cattiva digestione o di una notte passata più o meno bene.
…Ssst!
Parole contro i ladri di democrazia
C’è un fiorire di pagine bianche, fogli vuoti, rubriche vacanti per protestare contro la legge bavaglio imposta dai rapitori della democrazia.
In realtà adesso ci sarebbe un gran bisogno di pagine e fogli stracolmi, di un surplus di frasi, di un’overdose di concetti sensati proprio per contrastare chi vuole fermare le parole libere, chi vuol minare le fondamenta del mondo civile.
Vada per i post-it, ma non dimentichiamo la sana indignazione. Che è fatta di righe che riempiono, sanano, denunciano. L’importante è non lasciare spazio al vuoto.