Pizzo spa

Rosa Maria Di Natale ha fatto una bella inchiesta per Rainews24. Si parla di racket delle estorsioni. Potete vederla qui.

Ricordare stanca

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C’è il rischio che l’anniversario per la strage di via D’amelio vada semideserto. Che le celebrazioni per ricordare la morte del giudice Paolo Borsellino e degli agenti Agostino Catalano, Manuela Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina passino sotto il silenzio della politica e dell’istituzione giudiziaria.
Ricordare stanca, soprattutto quando la memoria deve essere esercitata senza che ci siano eventi collaterali che facciano da stimolo. Infatti ciò che accade per Borsellino non accade per Falcone. Ogni anno, il 23 maggio c’è una mobilitazione che non ha paragoni con ciò che si verifica il 19 luglio. Perché questa disparità?
Io un’idea me la sono fatta (e so di non avere l’esclusiva).
Rita Borsellino non è Maria Falcone: tutto qui.

Chi lo ha detto?

Pino Maniaci dice che la mafia ha deciso di ammazzarlo. Conosco i miei polli e so come hanno reagito alla notizia molti colleghi giornalisti. Facendosi una domanda cruciale: “Si vabbè e chi lo ha detto?”.
Io, che da tempo mi sono isolato dalla categoria, questa domanda non me la sono posta: credo a Maniaci e basta.
In certi casi l’arte di spaccare il capello è un ottimo modo per affettare la verità.

Bene o male

di Abbattiamo i termosifoni

Marcello Dell’Utri, nonostante una condanna per mafia in primo grado, è un senatore della Repubblica. Fin qui, purtroppo, niente di nuovo. Apprendo oggi che è nella top five dei parlamentari più assenteisti, con uno smagliante terzo posto.
Resta da chiedersi se sia un bene o un male. E’ meglio che si assenti e rubi lo stipendio o che frequenti e faccia di peggio?

L’attacco finale

Non c’è peggior truffa di quella travestita da beneficenza.
Con il ddl sulle intercettazioni, il signor Berlusconi ha spacciato per regalo all’Italia, un provvedimento che in realtà è utile solo per blindare il suo caveau di menzogne.
Caduto l’ultimo diaframma tra interesse privato e interesse pubblico, questo pericolosissimo individuo finge di promuovere una campagna di privacy “degna di un paese civile”. Insomma, si aspetta pure che lo ringraziamo.
In realtà dovremmo prendere coscienza che mai un attacco di simile potenza era stato sferrato alla macchina giudiziaria italiana.
Se con lodi e decretini, Berlusconi e sodali avevano prima cercato di intorbidire le acque, adesso l’operazione è stata completata: le acque sono un inchiostro nero nel quale non c’è più bisogno di nascondersi, perché è stato vietato di indagare.
L’insofferenza nei confronti di un codice penale, che ha il tremendo difetto di rendere tutti uguali davanti a un giudice, ha dato i suoi frutti: ci sono leggi e leggi, ci sono persone e persone, perché minchia ci devono essere leggi che valgono per tutte le persone?
Ci sono persone speciali per le quali ci vogliono leggi speciali.
I mafiosi? I terroristi?
No, Berlusconi e compagni.

Il mafioso depresso

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La foto è di Ciro Spataro

La vicenda del boss mafioso depresso al quale sono stati concessi gli arresti domiciliari va affrontata, a mio parere, ricordando innanzitutto che il diritto alla salute è sancito dall’articolo 32 della nostra costituzione. Ciò dovrebbe essere utile a spazzare via ogni tentazione di fare dell’ironia e a evitare di impelagarsi in diktat estremisti.
Sono a favore del 41 bis, il carcere duro per i mafiosi e i terroristi, che – va ricordato – è entrato a regime grazie al governo Berlusconi (quando è sua, è sua).
Ora il problema che si pone è questo: può un provvedimento estremo diventare meno estremo, senza perdere la sua efficacia?
Secondo me, no.
E allora che si fa quando ci si trova davanti a un caso come quello in questione?
C’è più di un valido motivo per cui un mafioso viene tenuto in isolamento: dai tempi del Grand Hotel Ucciardone a quelli degli ordini trasmessi dalle celle all’esterno via cellulare, nulla è cambiato nella capacità comunicativa degli uomini di Cosa Nostra. Il boss in gabbia deve essere neutralizzato. Tranciare i suoi rapporti è la soluzione più efficace per renderlo meno offensivo.
C’è un metodo, spesso trasversale e oggetto di polemiche, per sottrarsi a questo regime di dentenzione dura: collaborare con la giustizia.
C’è infine la possibilità di appellarsi a un tribunale se le condizioni di salute divengono incompatibili con lo status carcerario: una roulette che ogni tanto dà il numero sperato.
La tentazione di gridare “marciscano tutti in carcere” è fortissima: specie per chi è stato devastato negli affetti dalla crudeltà degli uomini del disonore. Ci vuole stomaco per leggere, senza lasciarsi prendere dall’ira, le motivazioni dei giudici che rispediscono il mafioso depresso a casa e che identificano nell’“affetto dei familiari” la terapia migliore per riprendersi e guarire. Ci vogliono una immensa coscienza civica e, per chi ce l’ha, un solido appiglio religioso per accettare che una legge possa essere meno cattiva con il cattivo in stato di difficoltà.
In questo momento ho una discreta tentazione, poco stomaco, una modesta coscienza civica, un fragile appiglio religioso.
Saranno i tempi bui.

Vecchi amici

Una volta tanto

ma proprio una volta tanto mi sento di dare ragione a Sgarbi.

La memoria e la nudità

La foto è di Tony Gentile
La foto è di Tony Gentile

Per un errore nel cerimoniale, che ha il sapore di una vendetta politica, alla cena organizzata dal presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo in onore del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, non sono stati invitati il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente dell’Ars Francesco Cascio, il sindaco di Palermo Diego Cammarata e altri illustrissimi e bravissimi e preziosissimi rappresentanti istituzionali.
L’occasione era quella del diciassettesimo anniversario della strage di Capaci.
Col passare del tempo, credo sempre più nel potere taumaturgico della memoria e sempre meno nell’ostentazione di essa.
Oso: tanto una ricorrenza è dolorosa, quanto dovrebbe essere allontanata dalla vetrina. Il modo perfetto per ricordare i martiri come Falcone, Borsellino a tanti altri dovrebbe essere quello che più rispetta l’intimità dei cari. E per “cari” non intendo solo i familiari, ma tutte le persone a cui uomini di tal coraggio mancano nella vita di ogni giorno. Mi piacerebbero manifestazioni private aperte ai singoli privati, che siano presidenti di qualcosa o di nulla, cittadini privilegiati o qualsiasi. Un coro di preghiere, magari ognuno verso il proprio dio, senza il vizio del censo, dell’investitura, del ruolo. Del resto, in questi casi non è il dato anagrafico del mittente che conta, ma la destinazione.
La parola “cerimoniale” in questi casi stride come una bestemmia in chiesa. Se c’è un momento in cui ci si ritrova nudi, quindi tutti inesorabilmente sullo stesso piano, è quello del ricordo: ognuno ha il suo, intimo, personale. Se c’è qualcuno che sgomita per essere in prima fila, magari per ostentare l’abito o la divisa nuovi, è un uomo senza nudità. Una persona falsa, insomma.

La doppia morale

Nel giorno in cui si commemora la strage di Capaci c’è un punto di vista utile per capire la differenza che passa tra la memoria e uno smacchiatore.

Aggiornamento. Per l’occasione Rosalio oggi ha modificato la sua testata.