Palermo, l’enigma del dopo Cammarata

L’articolo di oggi su la Repubblica.

Scrivere che Francesco Scoma è l’unico esponente del centrodestra pronto a scendere in campo per la poltrona di sindaco di Palermo è una tautologia, perché nel dizionario della politica siciliana Scoma è sinonimo di candidatura a qualsiasi carica. Tautologia necessaria, però, per dare un’idea della desertificazione che affligge le prime linee berlusconiane da quando sono iniziate le manovre per il dopo Cammarata.
Il coordinatore regionale del Pdl Giuseppe Castiglione dice che non c’è fretta perché si vota in primavera, e forse in cuor suo più che la calma invoca la pazienza. Quella che ci vuole per sopportare il defilarsi del rettore Roberto Lagalla, lo smarcarsi del presidente dell’Ars Francesco Cascio, il baluginare di nomi non certo a sorpresa come quelli di Simona Vicari e Carlo Vizzini.
L’eredità della gestione Cammarata è difficile da maneggiare. Se davvero, per usare le parole del sindaco, fossero “sotto gli occhi di tutti” i “risultati straordinari” ottenuti dall’amministrazione comunale, per il centrodestra sarebbe solo una formalità scegliere il candidato più adatto. Invece il gravissimo deficit che affligge l’immagine del primo cittadino, rende impervia la strada verso la sua successione. Pensate, ad esempio, al programma. L’aspirante sindaco del Pdl dovrà necessariamente annunciare il giro di boa, di cui Palermo ha disperatamente bisogno, senza sconfessare l’azione del suo predecessore: tra sofismi e acrobazie elettorali ci sarà da spremersi le meningi. Continua a leggere Palermo, l’enigma del dopo Cammarata

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La memoria e la nudità

La foto è di Tony Gentile
La foto è di Tony Gentile

Per un errore nel cerimoniale, che ha il sapore di una vendetta politica, alla cena organizzata dal presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo in onore del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, non sono stati invitati il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente dell’Ars Francesco Cascio, il sindaco di Palermo Diego Cammarata e altri illustrissimi e bravissimi e preziosissimi rappresentanti istituzionali.
L’occasione era quella del diciassettesimo anniversario della strage di Capaci.
Col passare del tempo, credo sempre più nel potere taumaturgico della memoria e sempre meno nell’ostentazione di essa.
Oso: tanto una ricorrenza è dolorosa, quanto dovrebbe essere allontanata dalla vetrina. Il modo perfetto per ricordare i martiri come Falcone, Borsellino a tanti altri dovrebbe essere quello che più rispetta l’intimità dei cari. E per “cari” non intendo solo i familiari, ma tutte le persone a cui uomini di tal coraggio mancano nella vita di ogni giorno. Mi piacerebbero manifestazioni private aperte ai singoli privati, che siano presidenti di qualcosa o di nulla, cittadini privilegiati o qualsiasi. Un coro di preghiere, magari ognuno verso il proprio dio, senza il vizio del censo, dell’investitura, del ruolo. Del resto, in questi casi non è il dato anagrafico del mittente che conta, ma la destinazione.
La parola “cerimoniale” in questi casi stride come una bestemmia in chiesa. Se c’è un momento in cui ci si ritrova nudi, quindi tutti inesorabilmente sullo stesso piano, è quello del ricordo: ognuno ha il suo, intimo, personale. Se c’è qualcuno che sgomita per essere in prima fila, magari per ostentare l’abito o la divisa nuovi, è un uomo senza nudità. Una persona falsa, insomma.