I nemici di Falcone

Oggi a reti unificate con diPalermo.

Né il Paese né la magistratura né il potere, quale ne sia il segno politico, hanno saputo accettare le idee di Falcone, in vita, e più che comprenderle, in morte, se ne appropriano a piene mani, deformandole secondo la convenienza del momento.(…) Non c’è stato uomo la cui fiducia e amicizia è stata tradita con più determinazione e malignità. Eppure le cattedrali e i convegni, anno dopo anno, sono sempre affollati di “amici” che magari, con Falcone vivo, sono stati i burattinai o i burattini di qualche indegna campagna di calunnie e insinuazioni che lo ha colpito.

Ilda Boccassini in un’intervista del 2002 a Repubblica.

Le stragi e la memoria tardiva

Foto di Paolo Beccari

Va di moda la memoria tardiva, cioè quella che si manifesta quando è troppo tardi. A diciotto anni dalle stragi di Capaci e via d’Amelio è un fiorire di ricostruzioni aggiornate, di dubbi che si incastonano nelle conferme, di testimonianze cruciali. Ora persino Carlo Azeglio Ciampi arriva a ipotizzare un coinvolgimento istituzionale nelle bombe del ’93 (che non furono meno peggiori di quelle dell’anno precedente: le bombe non si classificano, si odiano).
E prima di lui molti altri. C’è chi ricostruisce le biografie delle vittime, riscrivendone ambizioni e amicizie, e chi lascia intendere “io lo avevo detto, lo avevo previsto”.
In realtà tutti gli uomini di buona volontà e di coscienza pulita sanno che, in questo campo, chi aveva previsto davvero è colpevole quanto un mandante o un esecutore. Perchè allora non ci fu mai da parte di questi signori un solo sussurro d’allarme. Quindi o sapevano e tacquero, o adesso raccontano minchiate.
Qualcuno potrebbe ricordarmi che il mio fastidio per la memoria tardiva è anche quello espresso da Fabrizio Cicchitto ieri su Libero. Ok, però io non sono mai stato iscritto alla P2.

La memoria e la nudità

La foto è di Tony Gentile
La foto è di Tony Gentile

Per un errore nel cerimoniale, che ha il sapore di una vendetta politica, alla cena organizzata dal presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo in onore del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, non sono stati invitati il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente dell’Ars Francesco Cascio, il sindaco di Palermo Diego Cammarata e altri illustrissimi e bravissimi e preziosissimi rappresentanti istituzionali.
L’occasione era quella del diciassettesimo anniversario della strage di Capaci.
Col passare del tempo, credo sempre più nel potere taumaturgico della memoria e sempre meno nell’ostentazione di essa.
Oso: tanto una ricorrenza è dolorosa, quanto dovrebbe essere allontanata dalla vetrina. Il modo perfetto per ricordare i martiri come Falcone, Borsellino a tanti altri dovrebbe essere quello che più rispetta l’intimità dei cari. E per “cari” non intendo solo i familiari, ma tutte le persone a cui uomini di tal coraggio mancano nella vita di ogni giorno. Mi piacerebbero manifestazioni private aperte ai singoli privati, che siano presidenti di qualcosa o di nulla, cittadini privilegiati o qualsiasi. Un coro di preghiere, magari ognuno verso il proprio dio, senza il vizio del censo, dell’investitura, del ruolo. Del resto, in questi casi non è il dato anagrafico del mittente che conta, ma la destinazione.
La parola “cerimoniale” in questi casi stride come una bestemmia in chiesa. Se c’è un momento in cui ci si ritrova nudi, quindi tutti inesorabilmente sullo stesso piano, è quello del ricordo: ognuno ha il suo, intimo, personale. Se c’è qualcuno che sgomita per essere in prima fila, magari per ostentare l’abito o la divisa nuovi, è un uomo senza nudità. Una persona falsa, insomma.

La doppia morale

Nel giorno in cui si commemora la strage di Capaci c’è un punto di vista utile per capire la differenza che passa tra la memoria e uno smacchiatore.

Aggiornamento. Per l’occasione Rosalio oggi ha modificato la sua testata.