Caro futuro segretario del Pd siciliano

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica

Caro futuro segretario del Pd siciliano, tra tre giorni lei sarà sulla sella del partito più indomabile della Sicilia. Con una particolarità tutta sicula (noi siciliani adoriamo inventarci pieghe di singolarità nelle quali nasconderci): la vita del partito democratico è l’unico rodeo in cui i calci in pancia non li prende il gaucho, ma il pubblico.
Io c’ero, sulle gradinate, quando nel 2008 voi annunciaste un’opposizione durissima al governo di Raffaele Lombardo. Non mi piaceva troppo il centrodestra pigliatutto, ma soprattutto avevo la sensazione che la concezione autonomistica di Lombardo e dei suoi ideologi etnei fosse di tipo domestico: della serie, ognuno nelle sue pentole ci mette quello che vuole, a patto che la spesa la faccia qualcun altro. E siccome la Sicilia aveva già dato da mangiare a troppi scrocconi, decisi di votare per il Pd. Continua a leggere Caro futuro segretario del Pd siciliano

Peccato

Manlio Di Stefano Francesco Merlo

Il bravo Francesco Merlo su la Repubblica compie un passo falso: bastava ammettere l’errore in una riga e mezzo e passare ad altro.

L’imprenditore e i deputati, due facce di una crisi

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

I titoli erano nella stessa pagina, sulla copertina di Repubblica Palermo ieri. Argomenti diversi e personaggi diversi: in un articolo si descrivevano le paure dei deputati regionali alle prese con una spending rewiev che in Sicilia non si riesce ad applicare, nell’altro l’imprenditore palermitano Mario Dell’Oglio spiegava in prima persona come un’azienda storica può resistere alla crisi.
Due storie opposte per valori umani e simbolici. Continua a leggere L’imprenditore e i deputati, due facce di una crisi

L’imbarazzante maratona simbolo di una città

maratona di palermo
Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Al quarantesimo chilometro l’atleta sfinito cerca di passare dall’ingresso di villa Niscemi non per sfizio, ma per regolamento. E infatti quello slalom tra bambini e signore che oziano tranquillamente sbarrandogli la strada, tra un commesso comunale sfumacchiante e una moto catarrosa che quasi lo investe, non lo fa per un capriccio domenicale. No, lui tenta di farsi largo perché quello è il suo percorso di gara, lui è un runner e sta correndo la maratona, anche se intorno nessuno se ne accorge. Eppure proprio davanti al cancello della villa c’è un grande cartello che testimonia che quello è il chilometro numero 40, il più faticoso, il più doloroso per un atleta che consuma suole, muscoli e  adrenalina da 3 ore e mezza. Accade alla maratona di Palermo, una manifestazione che è ormai la magica sintesi di questa città: sole, voglia di (soprav)vivere e pessima organizzazione.
Dentro lo stadio delle Palme, dove c’è il traguardo, gioia e colori. Fuori, dove c’è la città, clacson e bestemmie. Continua a leggere L’imbarazzante maratona simbolo di una città

Se il potere si fa pubblicità a spese nostre

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Si chiama pubblicità istituzionale ed è quella forma di pubblicità in cui l’istituzione parla di se stessa coi soldi degli altri. La Regione, nel disegno di legge sugli aiuti all’editoria che si discute in questi giorni a Sala d’Ercole, prevede per questo tipo di pubblicità un antipasto di duecentomila euro entro fine anno, nulla rispetto alla tavola imbandita con quindici milioni di fondi europei destinati, in vario modo e a vario titolo, a giornali, tv, periodici e testate online isolani per il 2014.
Certo, le cifre fanno impressione. Ma per una volta mettiamole da parte e concentriamoci su un aspetto considerato, spesso e a torto, secondario in quest’ambito. Non è infatti della liceità dell’aiutino alla testata amica o della furberia del requisito magico che fa scattare il rimborso a un giornale senza lettori, che vogliamo discutere. No, qui cerchiamo di capire perché un ente, tipo la Regione, deve pagare per farsi pubblicità. Continua a leggere Se il potere si fa pubblicità a spese nostre

La piccola idea della piccola Favorita

pulle 1

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

La chiamano Piccola Favorita, ma sembra già un’esagerazione. Il primo assaggio di ciò che, secondo il Comune di Palermo, dovrebbe diventare il grande parco senza le auto è importante solo perché si tratta di un atto di buona volontà. Per il resto basta un numero, 380. Rappresenta la lunghezza in metri della strada che dovrebbe essere chiusa al traffico in questo antipasto di pedonalizzazione: la bretella che da viale Ercole, all’altezza della grande curva che si percorre tornando da Mondello, porta alla Palazzina Cinese. Certo, è incoraggiante sapere che con meno di 400 metri di asfalto sottratto alle automobili si ottiene un anello pedonale che, nelle intenzioni dell’assessore al Verde, dovrebbe essere di quasi tre chilometri. Un po’ meno lo è apprendere che per aprire due cancelli, migliorare la pavimentazione, “eliminare qualche palma morta” e consegnare la Piccola Favorita ai palermitani ci vorranno almeno due mesi, manco si dovesse tirare su uno svincolo autostradale.
Il Comune pare finalmente deciso a intervenire sul destino della Real Tenuta, poco real e mal tenuta al punto da mostrarsi in tutto il suo stato di abbandono persino all’occhio elettronico di Google Earth, le cui immagini tramite Street View raccontano in mondovisione il verde nostrano sfregiato dalle immondizie e ritraggono persino un paio di prostitute al lavoro (vedi foto sopra). Continua a leggere La piccola idea della piccola Favorita

Quella voglia matta di Put

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Le grandi aspettative sono spesso il preludio di grandi delusioni. Il Piano urbano del traffico era molto atteso dai palermitani poiché sembrava non esistere attività terrena le cui sorti non dipendessero da quell’acronimo dal suono impertinente, il Put. Dalle zone blu ai gazebo dei ristoranti, dalle piste ciclabili alle isole pedonali, c’era un muro su cui ci si schiantava non appena si chiedeva una decisione, un aggiornamento, una briciola di notizia.
Tutto dipendeva dal Put. Continua a leggere Quella voglia matta di Put

Il fumo di Amsterdam e quello di Palermo

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Questa storia tutta palermitana inizia ad Amsterdam. E’ una storia di fumo, ma non nel senso che d’istinto vi porta con la mente a un coffe shop: qui non si parla di marijuana, ma di inconsistenza.
Domenica scorsa io e alcuni amici siamo stati nella città olandese in occasione della maratona. Quasi 42.600 partecipanti, un percorso incantevole, musica a ogni incrocio di strada, pubblico festante, cori di incitamento anche per gli ultimi, organizzazione perfetta con felice dispendio di tecnologia. Insomma tutto quel che serve per acuire il senso di disagio del rientro a casa. Perché a ogni bella sorpresa in terra olandese (i risultati in tempo reale sul cellulare, la puntualità dei mezzi pubblici, l’assistenza impeccabile ai runner) inevitabilmente corrispondeva un doloroso rimando alla maratona di Palermo. Continua a leggere Il fumo di Amsterdam e quello di Palermo

L’incubo della movida del sabato sera

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

L’altra sera a piazza Marina ho provato lo choc di un tuffo nella movida più selvaggia e maleodorante della città. Non ho scuse, non ero lì per ragioni che attengono a questo articolo, ma semplicemente perché in un momento di relax le mie difese civico-immunitarie sono andate a picco. Passeggiando per le vie del centro mi sono spinto, incoscientemente, sino alla piazza in questione e quel che ho visto sono purtroppo cose che voi umani cittadini potete immaginare, con tutto il rispetto per i raggi B presso le porte di Tannhäuser che sono nulla al confronto col casino di porta Felice.

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Cuffaro e il paradosso dello strabismo sociale

salvatore cuffaro

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

La richiesta di affidamento ai servizi sociali da parte di Salvatore Cuffaro è un’occasione importante per portare alla luce un paradosso che potremmo definire di strabismo sociale: molti di quelli che hanno detestato l’ex governatore come politico, lo hanno stimato come detenuto. E ciò perché l’ex governatore si è comportato bene in carcere e perché non ha mai offeso i giudici che lo avevano stangato con una condanna di sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Il “senso dello Stato” attribuito al Cuffaro galeotto è insomma il frutto della sua semplice accettazione della pena, deriva dal suo inchinarsi davanti alla legge degli uomini e ha provocato, nel tempo, un imbarazzante ricorso al surrogato della santificazione in vita che ha più a che fare con l’ipocrisia che col sentimento della pietà. Continua a leggere Cuffaro e il paradosso dello strabismo sociale