L’imprenditore e i deputati, due facce di una crisi

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

I titoli erano nella stessa pagina, sulla copertina di Repubblica Palermo ieri. Argomenti diversi e personaggi diversi: in un articolo si descrivevano le paure dei deputati regionali alle prese con una spending rewiev che in Sicilia non si riesce ad applicare, nell’altro l’imprenditore palermitano Mario Dell’Oglio spiegava in prima persona come un’azienda storica può resistere alla crisi.
Due storie opposte per valori umani e simbolici. Continua a leggere L’imprenditore e i deputati, due facce di una crisi

Il giorno in cui morì il commercio

Oggi su la Repubblica.

L’ultimo negozio è morto perché a causa della nuova TaSC (Tassa Saracinesche Chiuse), il titolare pur di risparmiare aveva lasciato tutto aperto anche di notte: e siccome vendeva abiti usati, la merce più richiesta al giorno d’oggi, l’indomani mattina non ha trovato più nulla e ha dato fuoco al locale per riscaldarsi. Palermo, anno 2019, è inverno meteorologico e sociale. Strade semideserte e un’infinita sequela di locali vuoti, vetrine rotte, insegne cadenti. Lì dove c’era un bar, ora c’è una comune di ex impiegati di banca. Nello scheletro di quella che era una boutique di lusso, quattro vecchi giocano a scopa seduti su poltroncine di similpelle che un tempo accoglievano culi à la page. Su un marciapiede di via Ruggiero Settimo un clochard cerca di vendere quel bracciale d’oro che è l’ultimo legame alla vita di un tempo, quando lui era un gioielliere e il mondo girava nel verso giusto: fa freddo, deve comprarsi una coperta e il bracciale non scalda nemmeno con la forza della nostalgia. Continua a leggere Il giorno in cui morì il commercio

Come si dice griffe in cinese?

Ecco spiegato perchè le aziende cinesi stanno correndo frettolosamente ai ripari, cercando di acquistare posizioni prestigiose nelle nostre città: per difendere la bugia dei loro business.

Vi ricordate quando nel dicembre scorso Giuseppe Giglio scrisse di quella che avevamo ribattezzato come sindrome cinese?
Ecco, in via Montenapoleone, a Milano, è arrivato Giada, tipico marchio cinese.

Vivere a Paninolandia

Prima vivevo nel centro storico di Palermo. Ci ho abitato per dieci anni. Ogni giorno, quando uscivo da casa, passavo davanti alla bottega di un orologiaio. Poi giravo l’angolo e c’era il negozio di un antiquario. E ancora, dalle mie parti c’erano negozi di abbigliamento (piccoli, con proprietari in carne ed ossa mica colossi incorporei di multinazionali), il barbiere, il parrucchiere, il salumiere e via dicendo, fino al negozio che vendeva computer.
Nel giro di tre anni – siamo alla fine dei ’90 – la maggior parte di questi negozi ha chiuso. Al loro posto sono sorte paninerie, rosticcerie, pizzerie, bar-pub, friggitorie.
Stessa cosa accade nella zona in cui abito adesso. Con una differenza. Adesso chiudono anche le paninerie, per far spazio a nuove paninerie. L’evoluzione della specie commerciale non ammette eccezioni. Il nuovo divora il vecchio senza inglobarne l’esperienza, che anzi sputa via come se fosse roba velenosa. Al posto dei panini imbottiti ora ci sono fritture prefritte e pizzette liofilizzate che vengono messe in forno non per cuocere, ma per essere rianimate.
Palermo è un’immensa Paninolandia.

Miss simpatia

salina

Banchetto di una venditrice ambulante a Salina. Seminascosto tra la merce c’è anche un cartello che – lo giuro – chiede perentoriamente ai clienti di “parlare uno alla volta”.

Foto di Daniela Groppuso.