Se il sindaco lo sa fare

Leoluca Orlando il sindaco lo sa fare

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

La città è sprofondata nel fango alla prima pioggia autunnale, domenica scorsa come ineluttabilmente negli anni passati. Accadeva con Cammarata e con gli altri sindaci, non doveva accadere con Orlando? Siccome la rassegnazione non dà conforto, la risposta è no: non doveva accadere. Continua a leggere Se il sindaco lo sa fare

Il teatro nascosto alla città

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Attenti come siamo a misurare col metro della delusione lo sviluppo di una città come Palermo, non dobbiamo sottovalutare l’importanza delle nuove nomine al Teatro Biondo, che sono un’occasione preziosa per accorgersi che la città ha ancora un teatro stabile e che, soprattutto, ogni tanto si può cambiare metro.
Il nuovo direttore Roberto Alajmo e la nuova artista residente Emma Dante non possono certamente fare miracoli, ma possono anzi devono rompere un incantesimo. Quello che imprigiona il Biondo in una sorta di buco spazio-temporale, dove tutto accade e nulla si trasforma, dove quel che c’è è invisibile e quel che si vede è nulla.
Il Biondo degli ultimi dieci anni è l’immagine di una Palermo che voleva cambiare pelle e non è riuscita nemmeno a cambiarsi d’abito. E’ stato un crogiolo di vecchie idee e scarsi mezzi, perché i risultati deludenti – va detto – non sono solo stati causati da errori umani.
Le nuove nomine sono un buon segno in un teatro da troppo tempo in mano ai maratoneti della poltrona, ossimoro che è il sintomo peggiore del contagio operato dalla politica nei confronti dell’arte. Alajmo e Dante sono onesti palermitani che provano a risollevare le sorti di un teatro, sapendo – si spera – che la missione più difficile è identificarle, quelle sorti, data l’impalpabilità del Biondo nel tessuto della città.
Chi segue le vicende politiche o la minima cronaca bianca di Palermo è arrendevolmente conscio del fatto che il teatro stabile non è incluso nel perimetro delle “cose che interessano a qualcuno”. Ad eccezione di una lettera di dimissioni di Pietro Carriglio e della protesta dei dipendenti senza stipendio che qualche mese fa sono saliti sul tetto dell’edificio di via Roma, il resto è silenzio. E non da adesso, da questo tempo infame di crisi in cui si è obbligati a provare imbarazzo nello scrivere e pronunciare la parola “cultura” perché c’è prima molto altro a cui pensare.
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La politica di traverso sulla strada del buon senso

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Se fosse stato il Pdl a ordinare ai suoi assessori l’immediato e perentorio abbandono della giunta regionale, ci si sarebbe scatenati a criticare i modi e le dinamiche del partito azienda. Ma siccome il diktat è partito dal Pd si è riesumata l’espressione sciapa “caso Sicilia” per riassumere modi e dinamiche di un partito fazenda.
Difficile è spiegare al cittadino cosa stia avvenendo in quello che doveva essere un laboratorio politico ed è invece una fattoria a coltura estensiva, con metodi antiquati, dove ognuno zappa per i fatti suoi e magari strappa le colture dell’altro.
Di certo siamo davanti a un fatto molto grave: la politica si è messa di traverso sulla strada del buon senso. E il disastro riguarda tutti noi, non soltanto le stanze del potere. Perché un governo che va avanti senza la propulsione delle componenti partitiche alleate deve combattere un’inutile battaglia tra le mura di casa prima ancora di mettersi al lavoro. Quindi è destinato a produrre male e poco. Continua a leggere La politica di traverso sulla strada del buon senso

La legge col nickname

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Il problema è l’Autonomia con la A maiuscola, quel certificato di specificità, di autodeterminazione, quel concentrato di diritti che tutti invocano quando c’è da correre ai ripari per una mancanza: una via di mezzo tra il libretto di giustificazione e la toppa sul fondo dei calzoni.
Così, quando un manipolo di deputati ha deciso che il decreto Monti sui tagli riguarda tutti gli italiani tranne loro, il primo argomento che gli è venuto in mente è stato quello legato all’Autonomia. Con un’appendice che sembrerebbe di perversione logica, ma che invece è da medaglia d’oro al concorso per facce di bronzo: il decreto, che andrebbe applicato obbligatoriamente, non va applicato col suo nome ma con una specie di nickname in modo da salvare le apparenze e da modificare la sostanza. In tal modo i deputati siciliani si ridurrebbero finalmente lo stipendio, come gli chiede l’universo mondo, scendendo un po’ al di sotto rispetto a quello dei senatori (apparenza), ma riuscirebbero a mettere da parte qualche migliaio di euro in più al mese rispetto ai colleghi delle altre regioni (sostanza).
La strategia è stata messa a punto in una riunione carbonara in una saletta accanto a quella che ospita la commissione per la spending review, una commissione talmente utile che l’unica decisione degna di nota in materia è nata altrove. Come effetto immediato il presidente Antonello Cracolici si è giustamente dimesso accusando i colleghi di traccheggi, il che dà la misura della gravità della situazione visto che lo storico esponente pd prima di oggi non si era mai dimesso da nulla.
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Ad ogni modo, non è il vil denaro il problema sul quale si dibatte adesso all’Ars, ma quello, inderogabile, urgente e urente, dell’Autonomia con la A maiuscola. Lo spiega benissimo Riccardo Savona, il fine ideatore del nuovo corso in materia di retribuzioni parlamentari sicule, quello della legge col nickname e della saletta carbonara: “Non possiamo perdere la nostra autonomia. Rimanere agganciati al Senato è più un fatto di principio. Tutto il parlamento è con me”.
L’ultima frase rischia di essere la verità.    
 

L’inganno dell’imprenditore furbetto

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

A Palermo un importante imprenditore della ristorazione, e manco l’unico, rubava l’energia elettrica. Scoperto e arrestato, ha ammesso l’errore, si è giustificato dicendo che “c’è la crisi” e ha patteggiato una pena di quattro mesi e 200 euro tornando subito in libertà. La sua pasticceria sforna dolci molto richiesti e nemmeno nel giorno dell’arresto del titolare ha mancato di effettuare le consegne ai clienti che avevano prenotato cassate e cannoli vari. Sin qui, la cronaca.
Se non esistesse uno scenario alternativo, si sarebbe legittimati a pensare che, vabbè, chi sbaglia paga, che lui ha sbagliato e ha pagato, che esistono reati peggiori, che il momento è difficile, e via giustificando. Continua a leggere L’inganno dell’imprenditore furbetto

Trascurabile fanghiglia

Ma è impossibile tacere della ciancia meschina, da angiporto della politica, capace di leggere in quelle quattro nomine (e in quei quattro profili italiani) il tentativo di offrire una stampella alle larghe intese. Bisognerebbe spiegare ai tanti parlamentari abituati al piccolo cabotaggio tattico, e qualcuno purtroppo anche alla messa all’asta del proprio voto, che esiste anche un mondo normale. Dove i loro discorsi, i loro sospetti, i loro calcoli paiono trascurabile fanghiglia.

Oggi su la Repubblica Michele Serra fotografa così il divario tra politica e Paese reale.

 

Vizi privati e pubblici disastri

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Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Sommersa dai debiti, l’Amat rischia di diventare la nuova Amia. Lo spettro del disastro economico aleggia sulla società quasi come una maledizione – la maledizione delle spa municipali – quindi d’ora in poi è bene che ogni analisi, deduzione, previsione o semplice osservazione in tema di servizio pubblico a Palermo sia preceduta da un rito scaramantico. Ovvero toccare ferro prima di toccare il fondo poiché muoversi “con la virtù per guida e la fortuna per compagna” è impossibile in queste lande, a causa della rarità della prima. Comunque, anche armandosi di amuleti e talismani, sarebbe difficile accollare alla buona sorte il compito di ripianare la voragine di trenta milioni di euro in fondo alla quale è precipitata l’Amat, se non altro perché quando si parla di conti in rosso, più che i maghi vengono in mente in magheggi. Continua a leggere Vizi privati e pubblici disastri

Il sogno (impossibile?) di una città pulita

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Un occhio elettronico spierà tra ramazze e sacchetti, conterà le pause sigaretta, ci dirà se il lavoratore è bravo o no, se la strada è pulita o sporca. La telecamera che il sindaco Leoluca Orlando vuole puntare sui dipendenti della Rap e della Gesip per combattere assenteismo e pigrizia, inciviltà e menefreghismo, però rischia di rivelarci anche una verità amara: una città che è costretta a vigilare in modo scientifico su un servizio fondamentale come quello che deve garantire la pulizia degli spazi collettivi, ha molto da interrogarsi.
Dopo il dipendente della Gesip, lo spazzino pubblico è sempre stato nell’immaginario del cittadino palermitano il simbolo dell’inazione. Solo che, prima con l’Amnu e poi con l’Amia pre-Cammarata, la percezione del disagio era attutita da una situazione finanziaria ancora fluida e non drammatica. Quando esplosero gli scandali della gestione Galioto e soprattutto dopo che l’Amia fu sepolta sotto una valanga di debiti, la figura già irritante del lavoratore che non lavora divenne insopportabile, un simbolo di ingiustizia. Continua a leggere Il sogno (impossibile?) di una città pulita

Dalla Mondello libera a quella dimenticata

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Foto di Daniela Groppuso

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

C’è un inscalfibile luogo comune che grava sui destini della spiaggia di Mondello, ed è questo: togliere le cabine e abolire le aree attrezzate (a pagamento) farebbe solo bene al lido. Quest’opinione liquida, che si diffonde generalmente in vista della bella stagione, ha un suo fondamento nell’ovvietà: una spiaggia libera è universalmente più bella di una spiaggia inscatolata in legni e cancelli. E ha anche una sua ragione esoterico-popolare: la società Mondello Immobiliare Italo Belga, che ha in concessione quei benedetti chilometri di sabbia, è vista dal palermitano medio come un’ombra indefinita che da più di un secolo si muove su asciugamani e ombrelloni, un fantasma della battigia, un nemico di cui neanche la nazionalità è certa.
Certo, è difficile provare simpatia per chi dà il mare a pagamento, togliendo cioè il senso di libertà alla spiaggia che è, per eccellenza, il luogo della libertà. Ma qui di ragione si discetta, mica di sentimenti. E la ragione impone domande per non intossicarsi di aria fritta.
Che fine farebbe il lido di Mondello senza concessione ai privati?
I palermitani saprebbero tenerlo pulito?
Quali sarebbero le garanzie per quest’immenso, meraviglioso spazio libero? Continua a leggere Dalla Mondello libera a quella dimenticata

Il web, la politica e le minacce vaganti

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

La busta coi proiettili inviata al vicepresidente dell’Ars Antonio Venturino ripropone il tema del rapporto tra il linguaggio della politica e il seme della violenza, tra la forza del verbo e l’origine di un’intimidazione. Nello specifico, trattandosi di un caso che riguarda un ex esponente del Movimento 5 Stelle, è bene sottolineare che qui nessuno sta cercando di collegare la ruvidità di certe parole di Beppe Grillo al detonatore di un qualunque tipo di violenza fisica. Non esistono cioè delinquenti “in sonno” che si risvegliano, come nel film “Telefon” di Don Siegel, quando qualcuno scandisce le parole cruciali (o magiche, fate voi).
Esiste invece un complesso amalgama sociale che trova nella Sicilia una sua specificità. Continua a leggere Il web, la politica e le minacce vaganti