La torre d’avorio dei privilegi

torre d'avorioUn estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Si dicono pronti alle barricate. E non è certo in strada o in ufficio che si blinderanno, che resisteranno, ma in una torre d’avorio. Il luogo dell’elitarismo economico, del privilegio ingiusto e ingiustificato è sempre la Regione, ma stavolta non sono gli onorevoli deputati a opporsi al cambiamento che da quelle parti chiamano vessazione e nel resto del mondo è definito equiparazione. La battaglia, che si annuncia sanguinosa, è condotta dai dipendenti regionali di vecchia data, quelli assunti prima del 1986 (gli altri sono incolpevoli spettatori), e da una compagine sindacale che è infarcita – guarda un po’ – di regionali con quella cruciale anzianità. Nella Finanziaria crocettiana sono previsti, tra le altre cose, il loro allineamento al trattamento pensionistico degli statali e una sforbiciatina alle ore di permesso sindacale: insomma un po’ più di uguaglianza rispetto al resto d’Italia (…). Ma i barricaderi non ci stanno a cedere di un millimetro e snobbano persino la circostanza che l’odiata finanziaria regionale in realtà gli regala un’uscita di sicurezza in più per la pensione. Quindi via a sit-in, occupazioni e cortei. Con un’argomentazione geniale: “Se i tagli risolvessero i problemi della Sicilia, li accetteremmo”. Traduzione: o un taglio è drastico o non lo si fa. Traduzione della traduzione: per un certo sindacato la migliore soluzione di un problema è additare un problema più grande.

Il pericoloso contagio della furbizia

Furbizia
Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Un tale va al mercato e sul banco di un fruttivendolo vede la scritta: “Quattro mele per tre soldi”. Si rivolge al venditore: “Quattro mele per tre soldi significa tre mele per due soldi, due per un soldo e una per niente. Ne prendo una, grazie”.
La celebre storiella ci dà una chiave di lettura del concetto di furbizia ai danni di qualcun altro. In Sicilia questa scaltrezza è, a qualunque livello sociale, un titolo di merito e non importa se non pagare una mela significa sottrarre qualcosa e sottrarsi a qualcos’altro. La furbizia è dalle nostre parti il motore di ogni ambizione smodata, di ogni sorpasso sleale, di ogni resistenza alle leggi della democrazia. (…)  Eppure basterebbe poco per farla risaltare in tutta la sua grottesca banalità. Basterebbe chiamare le cose col loro nome.
Il deputato regionale che fa finta di essere presente in aula per non pagare la multa che la norma impone non è furbo, ma truffatore. La signora della Palermo-bene che se ne frega della raccolta differenziata dei rifiuti e butta l’immondizia per strada non è furba, ma incivile. I dipendenti dell’Ars che con stipendi da nababbi ispirano una crociata sindacale a difesa di un privilegio sopportabile quanto un calcio negli stinchi non sono furbi, ma sfrontati.
In tempi di furbizia endemica, il problema del governo ladro non è più la pioggia ma la concorrenza: si è tentati di rubare tutti perché, come si dice, con la volpe conviene volpeggiare. Difficile capire se sia nato prima l’uovo, la gallina o il ladro di polli. Di certo c’è che gli esempi di furbizia istituzionale in Sicilia sono sempre stati fulgidi. Cuius regio, eius religio. I sudditi seguono sempre la religione del proprio governante. E la nostra “religione” politica è famosa per gli altissimi livelli di bassezza.

Ce lo chiede la commessa

parcheggio arsUn estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Ce lo chiede l’Ars. L’assessore comunale alla mobilità Giusto Catania giustifica così l’esilarante teatrino di parcheggi che scompaiono e riappaiono in piazza del Parlamento. E in questa giustificazione figlia dei tempi che corrono, anzi che arrancano, c’è tutta una filosofia governativa che dal “ce lo chiede l’Europa” al “ce lo chiedi tu” rinvia sempre ad altre mani quel che scotta. Continua a leggere Ce lo chiede la commessa

L’imprenditore e i deputati, due facce di una crisi

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

I titoli erano nella stessa pagina, sulla copertina di Repubblica Palermo ieri. Argomenti diversi e personaggi diversi: in un articolo si descrivevano le paure dei deputati regionali alle prese con una spending rewiev che in Sicilia non si riesce ad applicare, nell’altro l’imprenditore palermitano Mario Dell’Oglio spiegava in prima persona come un’azienda storica può resistere alla crisi.
Due storie opposte per valori umani e simbolici. Continua a leggere L’imprenditore e i deputati, due facce di una crisi

La legge col nickname

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Il problema è l’Autonomia con la A maiuscola, quel certificato di specificità, di autodeterminazione, quel concentrato di diritti che tutti invocano quando c’è da correre ai ripari per una mancanza: una via di mezzo tra il libretto di giustificazione e la toppa sul fondo dei calzoni.
Così, quando un manipolo di deputati ha deciso che il decreto Monti sui tagli riguarda tutti gli italiani tranne loro, il primo argomento che gli è venuto in mente è stato quello legato all’Autonomia. Con un’appendice che sembrerebbe di perversione logica, ma che invece è da medaglia d’oro al concorso per facce di bronzo: il decreto, che andrebbe applicato obbligatoriamente, non va applicato col suo nome ma con una specie di nickname in modo da salvare le apparenze e da modificare la sostanza. In tal modo i deputati siciliani si ridurrebbero finalmente lo stipendio, come gli chiede l’universo mondo, scendendo un po’ al di sotto rispetto a quello dei senatori (apparenza), ma riuscirebbero a mettere da parte qualche migliaio di euro in più al mese rispetto ai colleghi delle altre regioni (sostanza).
La strategia è stata messa a punto in una riunione carbonara in una saletta accanto a quella che ospita la commissione per la spending review, una commissione talmente utile che l’unica decisione degna di nota in materia è nata altrove. Come effetto immediato il presidente Antonello Cracolici si è giustamente dimesso accusando i colleghi di traccheggi, il che dà la misura della gravità della situazione visto che lo storico esponente pd prima di oggi non si era mai dimesso da nulla.
(…)
Ad ogni modo, non è il vil denaro il problema sul quale si dibatte adesso all’Ars, ma quello, inderogabile, urgente e urente, dell’Autonomia con la A maiuscola. Lo spiega benissimo Riccardo Savona, il fine ideatore del nuovo corso in materia di retribuzioni parlamentari sicule, quello della legge col nickname e della saletta carbonara: “Non possiamo perdere la nostra autonomia. Rimanere agganciati al Senato è più un fatto di principio. Tutto il parlamento è con me”.
L’ultima frase rischia di essere la verità.    
 

Privilegi, promesse e gattini ciechi

soldi pubblici

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Sappiamo tutti che la fretta è cattiva consigliera, ma all’Ars lo sanno meglio di noi. Perché con la premura non si risolve un bel niente e anzi muovendosi con troppa rapidità si rischia di fare danni. Soprattutto quando si tratta di soldi.
Fresco di elezione, il governatore Rosario Crocetta aveva posizionato la ciliegina sulla torta delle promesse davanti alle telecamere di Servizio Pubblico: “Voglio dimezzare gli stipendi dei parlamentari. Diranno di no? Allora ce ne andiamo tutti a casa”. E dato che una ciliegia tira l’altra, aveva aggiunto: “Mi dimetto se fra tre mesi si continuerà a parlare sempre degli stessi sprechi”. Continua a leggere Privilegi, promesse e gattini ciechi

Privilegi da spiaggia

Il quesito è palermitano, ma forse non troppo. Sulla spiaggia di Mondello, e immagino su altre spiagge italiane, si sta preparando anche quest’anno l’ampio settore riservato agli ufficiali. Graduati delle forze militari e famiglia hanno a disposizione una fetta di spiaggia, con cabina, bar, sdraio e aree riservate, sulla battigia demaniale (cioè di tutti). Non so per quale diritto, statuto o promessa un ristretto gruppo di dipendenti pubblici debba avere un trattamento di favore rispetto ad altri dipendenti (pubblici o privati), però mi meraviglia il fatto che nessuno abbia ancora affrontato l’argomento e che io mi sia posto il problema solo adesso.
Gli insegnanti, i cancellieri, gli impiegati pubblici e tutti gli altri statali potrebbero improvvisamente farsi prendere da una crisi di gelosia e chiedere una fetta di spiaggia, con ombrellone e secchiello, tutta per loro. E non avrebbero difficoltà a ottenerla: in Italia il modo migliore per combattere certi privilegi è imporli a chi li reclama.

L’Ars delle vergogne

L'illustrazione, dal titolo "Vastasi", è di Gianni Allegra
L'illustrazione, dal titolo "Vastasi", è di Gianni Allegra

C’è un’isola incoscientemente felice in un arcipelago profondamente infelice. L’Assemblea regionale siciliana è tristemente nota per la vivacità delle sue spese in un ambito – sociale, geografico, storico, di decenza – che invece dovrebbe instillare compostezza e  sacrificio.
Quando si parla dei nostri politici, si espone il fianco alla demagogia. Ebbene, dopo aver letto l’ultima relazione sui conti del Parlamento siciliano verrebbe la tentazione di denudarsi, per esporre parti del corpo ben più espressive, oserei dire cruciali.
Il fatto è che, nonostante la crisi, gli ammonimenti internazionali, il crollo delle borse mondiali e l’implosione di quelle della spesa al supermercato, l’Ars costa sempre di più. E – ostento in modo populistico qualche centimetro quadrato in più di fianco – consuma soldi nostri.
Ci sono gli stipendi dei parlamentari che non hanno subito variazioni. Ma come? Io e molti di voi guadagniamo sempre meno da liberi professionisti (e senza attingere un centesimo dalle casse pubbliche) e loro non possono rinunciare a qualche spicciolo per indennità e rimborsi?
Ci sono decine di migliaia di euro per i corsi di lingue riservati agli ex parlamentari e addirittura 34 mila euro destinati a una non meglio precisata “Associazione degli ex parlamentari” (che fa? A che serve? Quanti pannoloni consuma?).
Ci sono i milioni per i gruppi parlamentari che, a parte essere un parcheggio di catorci socialmente inutili, dovrebbero servire anche per “l’attività di ricerca”. Mi sarebbe bastato leggere “attività di pensiero”: sarebbe stata una notizia.
C’è il “caro caffè” del servizio di buvette. Sapete quanto ci costa in più? Sessantamila euro all’anno.
C’è l’aumento delle bollette di acqua e luce: centomila euro.
E ci sono novantamila euro in più da pagare per il servizio di call center esterno che ha sostituito il vecchio centralino. Siccome la Regione ha pochi dipendenti, deve affidarsi a qualcuno per smistare il suo determinante traffico telefonico.
Se avrete la pazienza e i nervi saldi per leggere il bilancio integrale, troverete altri spunti per indignarvi.
Senza pregiudizi politici e senza dare un colore alla protesta, credo che questi signori debbano andarsene a casa. Non dovrebbe essere un movimento partitico a spazzarli via, né un’improbabile campagna di stampa (sappiamo come si muovono i giornali, specie quelli siciliani). Ma un elementare ragionamento contabile: tu costi infinitamente di più di quanto servi (da servire, nel senso di fornire servizi utili o necessari).
Vergogna!