Ragionare sui fatti

Così la commissione del premio Mario Francese a proposito della menzione speciale per l’informazione online assegnata a diPalermo.
Piccola rivoluzione: l’ordine dei giornalisti premia un blog, anzi un superblog, che non è una testata giornalistica. I tempi cambiano e qualcuno, finalmente, se ne accorge.

Lombardo sulle ali della libertà

L’articolo di oggi su la Repubblica.

A pagina 18 è di schiena sul suo cavallo preferito. Qualche centimetro patinato più in là sono ritratti i suoi cani cirniechi e il pollaio coi galli “Verona”. Sotto, il titolo. Cinematografico quanto basta per celebrare senza sbavare: “A Ramacca sulle ali della libertà”.
Il pezzo forte di Terrà, mensile dell’Assessorato regionale all’Agricoltura risorto dalle ceneri di se stesso (il numero uno del 2011 è stato dato alle stampe solo in questi giorni), è tutto nelle quattro pagine in cui il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo racconta il suo tempo libero trascorso in un “rifugio dove il tempo si è fermato”. E lo fa con serenità, come se anche quelle pagine di giornale fossero, esse stesse, rifugio, dimora, tana. Continua a leggere Lombardo sulle ali della libertà

Gli specialisti

Ieri Minzolini, per il Tg1 delle 20, ha fatto commentare l’autodifesa di Fini alla redazione online. Che è come affidare la telecronaca del Gran premio di Imola a un gommista, o il commento di un comizio di Bossi a un logopedista.

Il vero problema dell’informazione

Mi era sfuggita questa perla della Padania di martedì scorso. Il succo è che a leggere certe cose, alla fine si può trovare una consolazione: non è tutto il sistema dell’informazione che va a scatafascio, è che nei giornali ci sono troppi stronzi.

Grazie a Giuseppe Calcaterra.

Più Tg1 per tutti

La conseguenza più drammatica del mancato via libera ai talk show in tv rischia di sfuggire alla maggior parte degli italiani.
La vera emergenza, in un’Italia socialmente lobotomizzata, non è il fatto che un qualsiasi programma di informazione debba passare al vaglio del governo (roba che neanche in Congo…), ma che il vuoto informativo sia alla fine colmato dal sottovuoto disinformativo: si è deciso che il Tg1 di Minzolini sarà più lungo proprio per dirci cosa ci siamo persi della politica italiana. Che è un po’ come  cercare di risolvere il problema di un non vedente assicurandogli una fornitura rafforzata di occhiali da sole.
Nel migliore dei casi, una carognata.

La pulce del Post

Sto seguendo da qualche tempo l’interessante esperimento del Post, con la sua gestione agile e moderna delle notizie. Qualcosa mi piace.
C’è però un metodo infallibile per giudicare l’affidabilità di una testata giornalistica: è quello di misurare la rapidità con la quale si correggono i propri errori (specialmente quando si tratta di informazione nel web). Cinque giorni fa ho segnalato, con un commento al Post, che Daniela Hamaui non è alla direzione dell’Espresso da sei anni, come è stato scritto, ma da otto. Ancora, nonostante il commento sia stato pubblicato, il pezzo non è stato corretto.
E’ un dettaglio, si capisce. Però la cronaca si nutre anche di cura per i dettagli: specie se si gestisce un giornale online che fa (correttamente) le pulci a tutti gli altri.

Il potere degli schiavi

Presidente, lei ha appena compiuto una lunga trasferta nel continente americano, com’è andata?

Inizia così l’intervista a Silvio Berlusconi trasmessa ieri al Tg1 delle 20.
Vecchia regola giornalistica insegna che ci sono domande che non si possono porre ai politici, per deontologia, per dignità o, se volete, per assioma.
Sono le cosiddette domande da divano: “Com’è andata?”; Qual è il suo programma?”; “Cosa farete?”; e via inchinandosi.
Dare la possibilità a un altissimo esponente politico, rappresentante del popolo e lautamente retribuito dal popolo stesso, di rispondere su un argomento a piacere è per la stampa molto più di un’occasione perduta. E’ un grave indizio di colpevolezza, specie in un Paese che ha più ladri che guardie, e nel quale ogni passo del governo mira alla sistematica abolizione delle regole senza le quali quel governo crollerebbe sotto il peso di pesanti responsabilità penali e morali.
C’è in Italia una classe giornalistica cresciuta all’ombra di un vacuo risorgimento nel quale contano tutte le parti del corpo fuorché la faccia.
Nel mio minuscolo, conosco alcuni di questi signori che si inchinano al potente di turno, che hanno la  memoria labile, che promettono mentendo e che mantengono senza aver promesso. Sono giornalisti di ogni livello: alto (in senso gerarchico), medio, infimo. Fanno parte di un parterre che applaude privo di intimo compiacimento, rinfrancato solo dai venti del momento. Mercenari che, drogati dal clima di incolumità istituzionale, ridacchiano con sufficienza quando capiscono che si parla di loro in toni non benevoli, e che invece dovrebbero temere più la loro biografia che la fedina penale.
Paradosso della storia: il marcio di quest’Italia non si sconfiggerà abbattendo il tiranno, ma estirpando uno per uno i suoi schiavi.

Giornalisti o posteggiatori?

parcheggio

Quale può essere la qualità dell’informazione se il maggiore giornale dell’Isola, il Giornale di Sicilia, paga per un articolo 2,10 euro?
Pensateci bene: tra telefonate, sopralluoghi e tempo di scrittura un cronista arriva a guadagnare in mezza giornata (quando va bene) quanto un posteggiatore abusivo prende in un paio di minuti.
Ci si sbraccia e si pontifica per la libertà di informazione, si raccolgono firme, ci si scaglia contro i nemici istituzionali della verità. E, come spesso accade, ci si distrae mirando in alto quando il bersaglio è rasoterra.
Se la libertà di informazione non ha prezzo, è giusto però che abbia un costo. Molti editori hanno costruito fortune sulla buona fede e sull’ingenuità di giornalisti e aspiranti tali. Il concetto secondo il quale uno che scrive su un giornale è un privilegiato, quindi brilla di luce riflessa e non c’è bisogno di pagarlo, andrebbe inserito nel codice penale. Nel senso che spacciare per sfogo di orgoglio personale il frutto di un lavoro faticoso (e a volte rischioso) dovrebbe essere un reato come lo è vendere pasticche di ecstasy travestite da Baci Perugina.
I frutti della politica dell’informazione low-cost sono sotto gli occhi di tutti: trasmissioni a tasso di intelligenza zero, atti di killeraggio mediatico per mano di oscuri praticanti, appiattimento sulle posizioni dominanti senza rimorsi.
La morale è, come spesso accade, figlia di un ragionamento scontato: le cose pregiate costano, quelle così così no.

Da incorniciare

giornale

La prima pagina del Giornale di oggi contiene un elenco record di asserzioni ultra-feltriane, nel senso che sono fin troppo estreme per lo stesso direttore/smanganellatore. Qualunque titolo inquadriate, dovunque gettiate l’occhio anche a pagina capovolta, troverete un esempio chiaro e oleoso di pregiudizio violento. Io, a caso, ho ritagliato quel che vedete sopra.

Farabutti

Sapete che vi dico? Questo è un blog farabutto.