Accade molto spesso che qualcuno mi identifichi ancora con diPalermo e la cosa, da un punto di vista affettivo-professionale, mi fa piacere. Tuttavia la nostalgia fa spesso a pugni con la ragione e allora, quando mi chiedono di diPalermo, devo rispondere: non ne faccio più parte ormai da quasi un anno. Perché le cose cambiano e non sono le rughe, che del tempo sono la testimonianza più genuina, che spaventano. Il progetto di diPalermo è nato in una maniera ed è finito in un’altra: non sta a me dire se migliore o peggiore. Di certo io, che quel progetto l’ho scritto, a un certo punto non l’ho riconosciuto più come mio. E non è colpa di qualcuno, ma di qualcosa. Dell’aria che respiriamo, dei pregiudizi che ci ingabbiano, dell’esperienza che ci fabbrichiamo ad hoc, del qualunquismo, dell’umana convenienza, della lettura veloce che va benissimo con tutto fuorché con le notizie. Il mio distacco, doloroso, lo comunicai in una nota che sul blog passò quasi inosservata. Chi mi conosce sa che sono un tipo tutt’altro che discreto, però allora lasciai correre. Oggi credo che sia il caso di ribadirlo: con diPalermo non c’entro più nulla. Per motivi poco interessanti per il lettore. Ma fondamentali per me e per la mia maniera di vedere le cose del mondo.
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