Minimo elogio dell’ira

Adirarsi è facile, ne sono tutti capaci, ma non è assolutamente facile, e soprattutto non è da tutti adirarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel modo giusto, nel momento giusto, e per la giusta causa.

Aristotele
“Etica a Nicomaco”, in “Opere”

Ho frequentato l’ira per qualche tempo (buio) della mia vita. Tuttora combatto per liberarmene in modo definitivo, e non sempre vinco.
Tuttavia trovo che, specie coi tempi che corrono, si tenda a raffreddare gli animi più per intorpidirli che per ricondurli a migliore ragione.
E’ vero, l’ira, a differenza dell’aggressività e dell’odio, non siede al tavolo della razionalità, non si ciba della padronanza delle azioni.
Fare a meno dei sentimenti estremi e autolesionisti è certamente cosa sana e giusta.
Non so che ne pensate, però secondo me bisognerebbe rivalutare il concetto di giusta misura (o modica quantità) dell’ira tanto per salvaguardare un certo mondo di valori che non ha bisogno di sorrisi patinati, di finta calma, di acquiescenza forzata, di ipocrita democrazia, di civilissima noia.
E’ vero l’ira è cieca e acceca.
Come l’amore, però.

Lo spartito dell’amore

Notizia riservata a tutti gli appassionati di musica e di Berlusconi (il binomio è pericolosamente obbligatorio in queste poche righe).

Il nuovo cd di Berlusconi e Apicella dovrebbe chiamarsi “Con l’amore si può” oppure “Il vero amore”.
Dopo il partito, ecco lo spartito dell’amore.

Vietato innamorarsi

LE FINALITÀ DEL CIRCOLO SONO LO SVILUPPO, L’ESALTAZIONE, LA CONCRETIZZAZIONE DEI SENTIMENTI TRASGRESSIVI E LICENZIOSI AD UNA FINALITÀ DI CULTURA DEL SESSO E DELLE SUE VARIE SFUMATURE SENZA LIMITI E LIMITAZIONI, SENZA USCIRE DALLA LEGGE (pertanto non è il caso né di corteggiare né di innamorarsi)

Dal sito delle Sabbie Nere, locale per scambisti in provincia di Catania.

Partito dell’odio, ex ante

Volevo scrivere un post sulla libertà d’espressione, sull’articolo 21 della Costituzione, sulla censura, sulla democrazia minacciata, sulla mania di grandezza degli uomini che grandi non saranno mai, sulla freschezza della cultura, sulla vetustà dei diktat, sui telefoni dei potenti, sui telecomandi dei comuni mortali, sull’importanza della storia, sulla vacuità delle promesse spacciate per futuro certo, sulla tv di Bernabei, sul canone, sulle canaglie, sui cani da guardia, su chi dice e ripete “ex ante”, sulla noia del partito d’opposizione, sull’aridità desertica delle idee imposte dall’alto, sulla banda larga, sulla Banda Bassotti, sulla bandana, su Bondi, sulla codardia degli intellettuali, sulla narcolessia di Napolitano, sulla differenza tra una prostituta e un giornalista, sull’improvvisa utilità dell’Assostampa, su Danilo Dolci, sul modello Cina per internet e non solo, su chi critica e non si sbraccia, su chi si sbraccia e non può criticare, sulla Rai, su Raiperunanotte…
Però poi ho letto questa frase di Antonio Gramsci e ho capito qual è il vero “partito dell’odio” al quale bisogna iscriversi.

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

Grazie a Mara Marino.

Sono ragazzi

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Un paio di post fa così commentavo i volti popolani della folla dell’amore alla manifestazione del Pdl  a piazza San Giovanni: “Ho visto facce anziane senza la luce d’intelligenza e di senso del tempo e dell’esperienza che di solito scorgo negli anziani. Perlopiù dentiere idrofobe (ma che vogliono queste cariatidi, il ritorno del duce? Perché sembrano cattivi?)”. Subito dopo, mi sono chiesto se non avessi esagerato. Dico: una folla di neofascisti col catetere o neo-neofascisti con record di assenze scolastiche al cospetto del popolo dell’amore? Possibile? Che fossi vittima di un terrorismo psicologico al contrario, cioè quello della sinistra e della residua tv di opposizione (o dovremmo dire di “resistenza”)?
Va bene, ho scorto qualche salutino romano che si levava timidamente dalla marana degli inneggianti. Va bene, in molti occhi latitava la scintilla della ragione e prevaleva il battito di ciglia a tempo con la musica da balera (pardon, piazza). Pare che ci sia stato anche un accenno di “Faccetta nera”. Ma… sono ragazzi, via.  Come pensar tanto male di qualcuno che vuole l’amore contro l’odio e l’invidia? (ricordo di aver sentito un cartomante tv che argomentava su temi simili).   Poi ho letto questo “volantino” dei terroristi mediatici più odiati dal popolo del premier meno invidioso e iracondo d’Europa.
E ho deciso di amare, odiare e invidiare tanto quanto. Ma a modo mio, dalla parte opposta, a occhi aperti e con giudizio.

Se i vescovi muovono le terga

C’è un Paese che marcisce per il malgoverno. Ci sono fabbriche che chiudono e aziende che licenziano. C’è un livello di scontro istituzionale appena al di sotto dello scontro fisico, dell’arma bianca, del morso in testa come al polpo. C’è una leadership politica che promuove la forma rispetto alla sostanza e sarebbe già ottima cosa se non si trattasse della mera forma fisica, al netto degli interventi di chirurgia plastica. C’è un premier che ha bisogno di andare in piazza contro l’opposizione per sentirsi legittimato. C’è un’opposizione che non riesce ad approfittare del fatto che il premier ha bisogno di un coro, due saltelli, una discoteca in una piazza di vecchi che fanno i giovani, un simil-giuramento di Pontida per rianimarsi. C’è una nazione in cui gli intellettuali fanno le veline e viceversa. C’è persino un sentimento, l’amore, che è stato degradato a vantaggio di una coalizione: il partito dell’amore. Come se fosse un format, come in virtù di un copyright.
Con questi scenari i vescovi per cosa muovono le loro terga, in vista di una competizione elettorale?
Per l’aborto.
Come dire, cerchiamo nelle saccocce altrui per evitare che qualcuno ispezioni le nostre. Oppure, rifugiamoci in un classico per non esprimere un giudizio sull’attualità.
Quant’è brutta questa Chiesa. Quant’è vecchia, senza peraltro mostrare i vantaggi dell’anzianità. Quant’è distante dagli uomini di buona volontà.
Mi piace immaginare che il Dio in cui credo sia incazzato come un capitano durante un ammutinamento. Barra a dritta e arma in mano.
Comunque vadano le cose, io sarò con lui e non con quegli altri.

Serenità

Foto di Daniela Groppuso

Buon anno. E ricordate che l’amore, nonostante quel che ci vogliono far credere, non è un partito ma un sentimento. Quindi è per tutti.
Serenità.

La foto è di Daniela Groppuso.

Amore e olio

Foto di Daniela Groppuso

Febbre a 39. Ma anche io voglio tranquillizzare tutti.

Grazie di cuore ai tantissimi che protesteranno perché queste pagine non saranno aggiornate. Sappiate che soffro in un ambito fisico e personale diametralmente opposto a quello del più illustre paziente d’Italia: io e il mio colon infatti invochiamo un giro di vite per il reato di frittura abusiva. Ma siamo il blog dell’amore e io non serbo rancore, non sono capace di odiare. Perché l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio. Anzi sull’olio.
Andate in pace. Burp!

AGGIORNAMENTO.

Comunicato delle ore 14.
Il paziente Palazzotto è stato sottoposto a lunghi accertamenti da parte dell’equipe medica catechizzata da don Tignitè. Al paziente, che ha ancora bisogno di santo riposo, è stato notificato a mezzo decreto il divieto assoluto di assumere alcolici. Appresa la notizia, il paziente ha serenamente mandato a fare in culo l’intera equipe e, in un accesso di amorevole rabbia, ha tentato di strangolare don Tignitè col catetere.
Riportato alla ragione dalla sua fedele sottosegretaria Bonaiutichediotiaiuta, il maestro Palazzotto ha indossato un pannolone fresco e ha poi dichiarato: “Mi rimarranno due cose come ricordo di questi giorni: l’olio di pochi e l’amore di tanti. Il mio regno per una birra”.

Il partito del sentimento

berlusconi amore

Ancora una volta la politica italiana cade nella trappola della plateale contrapposizione tra amore e odio, per illustrare cosa e giusto e cosa è sbagliato.
Utilizzare i sentimenti quando c’è in ballo la democrazia – che oltre a essere rispetto dei ruoli è anche rispetto per chi non ce li ha, quei ruoli – è un errore e un atto di slealtà perché è come bruciare oppio spacciandolo per incenso.
Secondo questa teoria dei sentimenti contrapposti, le rivoluzioni sono d’istinto catalogate tra i moti di odio e certe posizioni conservatrici hanno più a che fare con l’amore che con l’interesse di casta. Ma è anche sbagliato – come ho appena fatto – generalizzare. Solo che qualche esempio per non rendere il discorso noioso devo pur farlo.
Le stagioni ad alta tensione che il nostro Paese ha vissuto non hanno nulla a che fare con i diavoli e gli angeli. Molti dei terroristi che hanno sfregiato la vita italiana – e lo dico con tutto il ribrezzo che mi suscita la violenza – non agivano solo per mero odio, ma per triste ideologia. Che è altra cosa, ben più pericolosa.
Il sentimento è personale, l’ideologia è collettiva.
Cercare di addossare, adesso, le colpe del ferimento di Berlusconi a chi ha imbastito una campagna politica e mediatica contro il premier è un’offesa al buon senso degli italiani. Le idee di dissenso, se esposte puntualmente e motivate da un oggettivo disagio pubblico (la Repubblica non è Lotta Continua, Antonio Di Pietro non è Mario Moretti) sono forse sovrapponibili al verbo di Satana? Il partito dell’amore, a parte la parentesi grottesca di Cicciolina, è quello che promette “meno tasse per tutti”?
Forse sarebbe meglio lasciare i sentimenti al dilemma personale di ciascuno di noi e smetterla di inventarsi categorie per recensire ciò che in fondo non si vuol raccontare. Berlusconi è stato vittima di un’orribile aggressione ad opera di un fanatico che adesso si vuol agganciare a qualche formazione (politica? Criminale? Giornalistica?). Berlusconi non è J.F. Kennedy, né Martin Luter King, né (nonostante Apicella) John Lennon. Nessuno di loro era nessun altro. Nessuno di loro è stato schiacciato da un sentimento assoluto, ma da pallottole, follia, interesse, strategia.
Ammiro un solo esempio di Male organizzato per abbattere il Bene assoluto, e vorrei che non si fosse mai estinto. E’ la Spectre dei film di James Bond.
Il resto sono umane miserie.

Il mio amorino

coppia_anziani

Ieri mattina al bar “Antico Chiosco” di Mondello.
Una silenziosa processione di volti ancora accarezzati dal sonno.
Cornetto. Caffè. Centrifugato di frutta…
“No, questo è per il mio amorino”. La voce squillante appartiene a una signora di almeno 75 anni. Accanto a lei, un uomo sull’ottantina, sorriso sornione su un bel volto abbronzato: una di quelle facce per le quali è bello credere che le rughe siano solo un monumento a infinite risate.
Lei ha bloccato col palmo della mano il cameriere che voleva ritirare la tazzina: ce n’è ancora un sorso.
“Bevilo tu, amorino”.
Ci voltiamo tutti a guardarli. La donna ha una giacca e una gonna grigia. E’ piccola e rapida nei movimenti. Lui è sfavillante nella sua passività di coccolone, ha un maglione giallo sotto la giacca marrone ed emana quel tipo di felicità che è patrimonio di pochi, dei maratoneti della serenità.
Tutti gli occhi sono su di loro. E credo che i due giochino a filtrare gli sguardi di ammirazione da quelli di invidia. Magari ne parleranno dopo, passeggiando mano nella mano sul lungomare. O forse no, non gli interessa nulla di ciò che sta oltre lo schermo invisibile che li protegge dalla droga della consuetudine, dalla infezione della pigrizia sentimentale.
“Tu non sei vecchio” dice lei rivolgendosi più a noi che al marito, “tu sei forte!”. E gli tasta un bicipite. L’uomo ritira il braccio ridacchiando, come se volesse far credere di soffrire il solletico. Forse è imbarazzato. Ed è questa l’unica ragione che blocca il nostro applauso commosso.
Poi si allontanano insieme, abbracciati. Escono dal bar. Prima che la luce di una giornata meravigliosa li inghiotta, mi pare di vederli sincronizzati nei passi. Forse canticchiano.
Ora ne sono certo, non era affatto imbarazzo. Era solletico.