Gli occhi

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

di Willy

Ho guardato i tuoi occhi. E mi sento come davanti a un pianoforte scordato. O sono davanti a un pianoforte perfettamente accordato. Solo che le dita hanno il reuma. Non possono nemmeno improvvisare una scala. Altri tempi, altri concerti ci furono, quando le dita correvano più del pensiero. Anzi, le dita erano il pensiero stesso. E sapevano luccicare di semitoni, grondare di cascate azzurre sbocciate a garganella sul pentagramma. E sapevano suonare sinfonie per gli occhi. Ora, invece, non possono più comporre nemmeno un coro muto. Ricordi? Quando avevi gli occhi così lontani, io mi mettevo al pianoforte e suonavo, giurando di strapparti un sorriso. Mi avvolgevo nella dodecafonia di un’idea, la sviluppavo per semplificarla e renderla commestibile. All’ultimo gradino, la dissonaza diventava assonanza, correzione, armonia. Il mondo esplodeva in una spuma di coerenza e felicità.
Adesso non più. Adesso non è cambiato nulla nell’apparenza del viso. Appena appena gli occhi rivelano il taglio di un coltello che non abbiamo avvertito a pelo della carne. La cesura. La cacofonia. Tutta colpa degli occhi che guardano gli altri correre su binari incomprensibili. E come appaiono leggeri e luminosi (gli altri), nella grassezza delle fandonie che accumulano, nell’opulenza della menzogna. I loro occhi sanno tornare a casa, una volta eseguito il crimine e lavata la coscienza. I tuoi occhi vagano nello specchio in cerca di misericordia e perdono. I tuoi occhi. I miei occhi.

Io detesto

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

di Verbena

Chi fa la fila e mormora tutto il tempo contro quelli che vengono prima.
Chi si vergogna del suo dialetto e poi sbaglia i congiuntivi.
Chi predica la libertà ma poi giudica dalle apparenze.

I signori che non fanno mai centro e si dichiarano moderati.
Le signore all Burberry: per loro la vita è tutta un check.

I taccagni.
I duri e i puri.

Lo smalto nero sulle unghie.
I profumi vanigliati.
Il bagnoschiuma alla menta.

L’odore della minestra nelle mense.
Le melanzane fritte in spiaggia, con 40 gradi all’ombra.

Quelli che scambiano il rigore per snobismo.
Quelli che credono di avere capito tutto dell’amore.

Io amo

La foto, dal titolo "L'attesa", è di Cinzia Zerbini (da Flickr)
La foto, dal titolo "L'attesa", è di Cinzia Zerbini (da Flickr)

di Abbattiamo i termosifoni

– Il burro di arachidi e i sofficini (ma mi sforzo di mangiarli solo una volta ogni due o tre anni)
– La leggerezza di spirito
– L’ironia (quella di mio padre in primis)
– L’inverno
– Le scarpe (ma più che amore è quasi dipendenza)
– Molte mie cugine ed entrambi i miei fratelli
– I libri, quelli ben scritti
– Molta tv trash delle emittenti locali scalcinate (mi fa schiattare dal ridere)
– La generosità, mia e altrui
– La mia casa (compreso il marito che c’è dentro)
– I bambini (ma a piccoli gruppi, che altrimenti fanno troppo casino)
– Palermo (nonostante tutto)
– Scrivere mail (piacevole in privato e indispensabile per lavoro)
– L’arte culinaria e quella di addobbare la tavola
– Oscar Wilde
– I due falegnami sotto casa mia (mi divertono moltissimo)
– La grammatica, la sintassi e l’ortografia
– I dialetti e le inflessioni regionali
– Il Natale (perché di rado si riesce a vedere tanti parenti tutti insieme)
– Le isole
– Milioni di altre cose. Che superano di gran lunga quelle che mi danno fastidio.

Amore manifesto

cartellone stradale palermoPalermo è piena di questi cartelloni.

Aggiornamento. A proposito di amore manifesto…

Segnalato da La Contessa.

L’archivio della felicità

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

di Quarant’Ena

Questa è una storia di fantasia o, se volete, no.

Lei: Teresa, 36enne, bella, professionalmente appagata. Lui: Antonio, 35enne, capace di corteggiare come pochi. Non molto bello, ma tanto buono.
I due si incontrarono per caso, a casa di amici comuni. Seguirono e-mail eleganti dai contenuti abbastanza neutri. Una al giorno, poi due, tre. In breve 100-150 a cui si aggiunse una tempesta di sms.
“Buongiorno, se sei sveglia”.
“’Notte, se riposi”.
Ovunque si trovasse, lei rispondeva subito. E ricopiava tutto, nel suo archivio della felicità.
Dopo circa tre mesi lei gli chiese, con determinazione mista a una malcelata vergogna: “Che fa, ci prendiamo un caffè insieme?”
Lui: “Sì, ok”.
Si videro in un bar del centro. Se fu amore non è dato saperlo. So solo che la mia amica Teresa, dopo quel giorno lo incontrò 15 volte. Pranzi fugaci, mai una cena, molti caffè, qualche tè. Solo una volta copularono. Poi niente più, tornarono alla scrittura dei sentimenti.
Lui la rassicurava: “Vederci non è determinante. In questo modo ci tocchiamo l’anima”. Oppure: “Scriverti mi permette di sfiorarti l’anima”.  O ancora: “Le nostre parole ci permettono di adagiarci sull’anima”.
Ogni tanto a Teresa scappava un messaggio del tipo: “Andiamo al cinema?”. Ma lui aveva sempre qualche impegno.
Un giorno, dopo un anno, lei s’impose: “O andiamo al cinema oppure è finita”.
Lui non rispose.
“Sarà occupato”, pensò lei. Aspettò.
“Perché non mi rispondi?”, gli scrisse dopo due giorni di attesa, nonostante il dolore acuto nel pollice destro (un anno di sms pregiudica fortemente la funzionalità delle falangi).
Non ottenendo risposta, glielo chiese più volte finché non si decise a fare un gesto inconsulto: gli telefonò.
Una voce di donna la investì subito: “Puttana! Sei una puttana. Lascia in pace mio marito”.
Lei impiegò pochi minuti per prendere la sua decisione. Raccolse tutto il materiale. Con pazienza, tanta pazienza, cancellò dalla posta il suo nome  e lasciò visibile il numero di telefono di Antonio. Aprì l’archivio della felicità e stampò le circa 6.000 mail e i 10.000 sms raccolti in un anno. Eliminò il proprio nome, ma lasciò quello di Antonio. Corse in tipografia e commissionò un migliaio di copie, non tutte rilegate per via degli alti costi.
La distribuzione del volumetto è ancora in corso nel raggio di un chilometro da casa della coppia felice: dal parrucchiere, dal salumiere, dal meccanico, dal giornalaio… Nulla è lasciato al caso, persino i pazienti del vicino ospedale leggono da qualche giorno le poesie, le frasi, le parole che lui le scriveva.
Bisogna stare attenti a maciullarla, l’anima. Perché quando si risveglia dal coma s’incazza moltissimo.

Verginità e shopping

noemi

Da Corriere.it che anticipa un’imperdibile esclusiva presidenziale di Chi.

Mondello

mondelloStorie minime
di Roberto Puglisi

Il mare di Mondello lascia sulla spiaggia una scia di conchiglie che sembra neve. Sono bianche e intatte. Ne abbiamo raccolte due e ce le siamo scambiate come una promessa, in un vincolo di sguardi. E’ il nostro “per sempre” marino. Poi abbiamo camminato, fino a inzaccherarci il cuore di sabbia. E più si inzaccherava, più diventava lieve a dispetto di tutte le regole che gli uomini hanno inventato per definire peso e leggerezza.
Dalla sabbia di Mondello, ti viene voglia di spiccare il volo. Le ali dei piccioni  sembrano braccia distese di cigni, lassù. Sono gli scherzi del tramonto. Abbiamo visto uomini di sabbia e donne di alga entrare in una libreria. Ho comprato il libro di un poeta. Si chiama Umberto Fiori e cantava per gli Stormy Six. Ha scritto: “A volte invece, quando rivedo tutto stare in te come deve,  quando ripenso la tua pace e guardo questa conca di acqua e sale macerarsi alla  luce di un sole nero io mi dispero, mi sporgo sopra ogni muro per ritrovarti”.
Ma io so già come evitare futuri smarrimenti. So già come ritrovarti. Ho una  conchiglia bianca nella tasca sinistra della giacca. Dalla parte delle ali.

L’orgoglio dell’amore imperfetto

di Verbena

Quando Casanova abbraccia Teresa, una fanciulla conosciuta appena dieci minuti prima, si chiede se è lei. Se è lei quella giusta. Sembra che un lampo di umana fragilità stia attraversando quell’uomo che di donne ne ha avute tante e che vive da fuggiasco per averne avute troppe.
Poi le sussurra “Soltanto tu…”. Ma lo fa per abitudine, per pagare un pegno da sciupafemmine d’altri tempi. Solo che Teresa, invece di arrossire di piacere, arrossisce perché ha udito un’oscena bugia. Si baciano, perché non hanno null’altro da dirsi. E perché non si amano.
E’ questo il punto. Ad intere generazioni di umani hanno fatto credere che l’amore – degno di questo nome – tra un uomo ed una donna sia come un diamante di alta caratura: senza imperfezioni e tagliato da una mano esperta. La verità è che l’unico amore possibile, quello che vale la pena curare come si può curare una creatura bellissima ma sempre soggetta alla morte, è imperfetto.
E proprio per questo, grandioso e sempre diverso.
Dovrebbero scriverlo sui quei cuori di cioccolato o di pezza che oggi saranno scartati da milioni di amanti. Dovrebbero scrivere: “Ti amo di un amore misero e imperfetto. Ringraziami”.
Dovrebbero cambiare i finali alle favole, i per sempre e i felici e contenti. Si può amare alla follia e provare piacere nell’incrociare sguardi sconosciuti, si può soffrire per non essere riamati e sguazzare nel proprio ego solitario, si può accettare eroicamente la diversità dell’altro e coltivare selvaggiamente la propria. E’ questo paradosso che segna la grandezza di un amore.
I grandi amori che solcano una vita non sono tutti uguali, e spesso non durano una vita intera.
Si dovrebbe essere orgogliosi di questo. Si dovrebbe, molti di noi, andare in giro a gridare: “Sono orgoglioso di avere amato e ancora amato, e ancora amato”. Invece ci si lamenta dei fallimenti. Basterebbe rovesciare la prospettiva ed essere grato all’altro; per averci fatto entrare nella sua pelle, in cui forse continueremo ad abitare sino alla fine della sua esistenza.
Io non credo ai santi. Meno che mai al patrono di un cioccolatino. Però propongo San Cristoforo, protettore dei facchini. Ci vuole un fisico bestiale per sollevare la quantità di amori miseri e imperfetti che ognuno di noi incontra in una vita intera.

La superiorità del maschio

di Quarant’Ena

All’inizio furono Piccole donne. Io mi immedesimavo in quella malata che poi moriva. Però era amata.
Torturarmi mi è sempre sembrato un esercizio utile alla fortificazione spirituale.  Oggi ci sono le Casalinghe disperate e prima ancora Sex and the city, repliche comprese. Sono donne che, a volte, con dovizia di particolari raccontano le prestazioni sessuali degli uomini, e che mettono all’indice quelli poco dotati. E non solo di fantasia. Sfatano il tabù che le vuole sempre innamorate. Riconquistano una dignità orgasmica. Sono amiche per la pelle che anche quando hanno il cancro, si riducono senza capelli, il marito le cornifica con una più giovane e bella, sorridono. Si stringono la mano e dicono: “Io ce la farò perché tu sei con me”. E poi magari fanno un barbecue in giardino con posate che si intonano perfettamente al colore dell’erba bagnata di rugiada.  Perché in fondo la vera fortuna è trovarla un’amica che ti dica esattamente le cose che vuoi sentirti dire. Che ti guardi con ammirazione le cosce e, sfidando l’evidenza, ti rassicuri sul fatto che non hai un filo di cellulite e che quelle non sono smagliature ma illusioni ottiche. Che ascolti per mille volte il tuo silenzio sapendo che in quel momento non c’è niente di intelligente da dire.
Ora, nonostante la mia indole spiccatamente femminista, ho sempre pensato che gli uomini siano superiori. Riescono a indirizzare al loro cervello input precisi, raggiungono obiettivi che noi donne neanche ci sogniamo. Gli uomini intelligenti sono una categoria superiore. Vanno sulla luna, riescono a risolvere equazioni difficilissime, scrivono le mappe astronomiche.  Poi cucinano e lavano anche i piatti. Ma non c’è peggio di un uomo che prepara un manicaretto e ti dice: “Sono così bravo che potrei aprirmi un ristorante”. Ma come? Vuoi disperdere tutta questa maestria domestica in un locale popolato da sconosciuti? Fai di me la tua unica cliente, femmina ardente, palato esclusivo, carne da felice e privato macello…
Non è vero che gli uomini sono tutti uguali. Sono quasi tutti uguali. E’ diverso.  Degli uomini penso tutto il bene possibile. Mi chiedo: perché loro non fanno lo stesso con me?
Sarà che non so cucinare…