Il paradosso dell’immondizia

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

L’immondizia a Palermo non è solo un grave problema (come il traffico, la siccità e altre piaghe frutto di storiche ironie cinematografiche) ma è un paradosso complicato. I rifiuti che ammorbano le nostre contrade sono l’eterno termine di paragone (benaltrista) quando c’è un problema da risolvere o una nuova iniziativa da pesare. Tipo: invece di pensare agli immigrati pensate alla munnizza; prima di restaurare quel monumento pensate alla munnizza; anziché finanziare quella mostra pensate alla munnizza. C’è sempre un cassonetto stracolmo in cima ai pensieri di un palermitano, qualunque sia il discorso. E qui scatta il paradosso poiché l’immondizia di cui ci si lamenta è sempre quella dell’altro, e anzi quando si tratta di darsi da fare per centrare un cestino di rifiuti, per osservare un turno di conferimento, per non lordare strade e marciapiedi il problema evapora. Anche se la Rap avesse la potenza e la spietatezza di un battaglione israeliano, anche se la dotazione dei mezzi fosse finanziata da Elon Musk, ogni mattina all’angolo della strada comparirebbe il solito “sacchetto zero”, abbandonato selvaggiamente, destinato a figliare centinaia di altri sacchetti sino a farsi montagna maleodorante. Lo abbiamo visto a Mondello dove pure la raccolta differenziata era stata richiesta a gran voce dai residenti: niente da fare, lì dove c’erano i cassonetti sorgono pile di rifiuti. E ovviamente si invocano più controlli, telecamere, vigili, droni. Come se senza la pistola puntata non ci potesse essere civiltà, come se l’immondizia avesse i piedi e le ali (quindi la si abbandona in un parco o per strada e il cassonetto se lo va a cercare da sola).
Strana città quella che invoca la forza contro la sua stessa debolezza, che chiede un rispetto unilaterale, che annega senza volersene accorgere.

Poco innocenti evasioni

L’articolo pubblicato su la Repubblica Palermo.

Esistono molti modi di sbagliare su un tema così delicato e attuale come il rispetto delle norme di contenimento del Covid-19. E sono tutti deprecabili. Ad esempio, a chi nel tardo pomeriggio capitasse di percorrere la via Monte Ercta, la strada che da Mondello sale a Monte Pellegrino, potrebbe accadere di imbattersi in una comitiva di ragazzini che, per sfuggire ai controlli anti-assembramento, si dà appuntamento sulla piazzola panoramica che un tempo era territorio di coppiette più o meno clandestine. È un tipo proibito di assembramento – assembramento, la più attuale tra le parole un tempo desuete – che spesso è imbarazzante da censurare. Chi è stato giovane sa quanto è innaturale non far cose da giovani. I giovani non sono creature solitarie e imporre loro di esserlo è un compito da svolgere con garbata fermezza. Ai ragazzi di via Monte Ercta va spiegato che esistono libertà alle quali si rinuncia proprio per poterne (ri)conquistare di nuove.      

Errori. Tutti deprecabili, dicevamo. Ma ce ne sono alcuni più irritanti, come quello dell’immarcescibile Angela Chianello, iconica creatura della tv spazzatura foraggiata in popolarità dall’algoritmo strabico dei social. La signora del “non ce n’è Coviddi” è tornata l’altro giorno sul luogo del misfatto, la spiaggia di Mondello, e infischiandosene del semi-lockdown ha ballato con amici e sodali a favore di telecamera, tutti rigorosamente senza mascherina (probabilmente è un modo per preservare il brand). Anche questo video è diventato virale, arrivando però all’attenzione della Polizia. La Chianello si è beccata una denuncia quasi a clamor di popolo: uno di quei rari casi in cui il problema della giustizia-spettacolo non è la giustizia.

Mondello senza “capanne”

L’articolo pubblicato su la Repubblica Palermo.

L’estate di una Mondello senza capanne è la fine di un alibi. L’alibi del “chissà”. Chissà come sarebbe la spiaggia senza le cabine/capanne, come se d’inverno non la vedessimo meravigliosa nella sua selvaggia vuotezza. Chissà come farebbero i palermitani a vivere un agosto di sabbia e asciugamani, senza quel riparo di legno e chiodi nel quale stipare cianfrusaglie e sudore. Chissà che fine farebbe tutto quello spazio in più: più anime da stipare? Più munnizza da abbandonare?  Più metri quadri da strappare al dominio incontrastato della Mondello Italo Belga?   

Ecco, quest’anno avremo l’occasione di tastare con mano la realtà temuta o agognata, a seconda dei punti di vista, di una spiaggia “decapannizzata”, uno skyline stagionalmente nuovo per generazioni di bagnanti. L’emergenza da cui questa situazione deriva rischia di interferire con il complesso sistema biologico che governa i meccanismi della socialità a queste latitudini: una Mondello estiva senza ressa per molti palermitani è come una pietanza insipida. Perché a tutto avevamo pensato, ai supermercati come le trincee di guerra, ai runner clandestini come untori, all’assembramento killer e ai congiunti disgiunti, ma mai si sarebbe potuto immaginare un ferragosto senza il combinato pasta al forno – briscola – capanna. Questa nuova estate di Mondello è un’occasione per mettere da parte languidi ricordi (quanti amori nati dentro, intorno e persino sopra quelle capanne) e riflettere su un malinteso sempiterno: una spiaggia liberata non è automaticamente una spiaggia libera. L’unica forma definitiva di distanziamento sociale, purtroppo inattuabile, è quella dall’inciviltà di chi sporca, distrugge, oltraggia quella preziosa lingua di sabbia.        

Il muro di Mondello (reloaded)

L’articolo pubblicato su Repubblica.

Dicono che è provvisorio sebbene tutti lo abbiano visto, anzi ci si siano imbattuti da anni. Dicono che è tutto in regola sebbene il primo che provi a fare una cosa del genere finisce come minimo denunciato. Dicano quello che vogliono, ma quel muro simil-provvisorio e regolarissimo nel lido dell’Esercito è ed è sempre stato orribile.

Non ci vogliono le carte da bollo né uno spiccato senso estetico per dire che quella palizzata di decine di metri non ci dovrebbe stare lì. E non da ora, ma da prima che i social ci sorprendessero svelandoci ciò che conoscevamo già.

Mondello è una metafora dolorosamente calzante di questa città, dove il meraviglioso si sovrappone all’orribile, la regola all’anarchia, i buoni propositi all’inciviltà. Proprio per questo è inimmaginabile una spiaggia libera dodici mesi all’anno, com’è dimostrato dalle condizioni in cui si trovano gli spazi lasciati senza controllo in balia dei palermitani. Quindi i recinti servono. Servono per imporre regole che altrimenti nessuno rispetterebbe. Servono per attribuire un valore, anche economico, a un bene di cui si usufruisce. Servono per ricordarci che non ci siamo ancora liberati dal virus che attacca la buona creanza.

Recinti non muri.

Il muro è un’altra cosa, soprattutto in questa epoca di visuali anguste. Innanzitutto è prevaricazione, laddove non racchiuda uno spazio davvero nostro nel quale nessuno ha diritto di sbirciare. Un muro in una spiaggia toglie la soddisfazione della bellezza: chi lo erige vuole difendersi, ma in realtà sta offendendo.

Poi c’è il simbolismo giacché, come tutti sappiamo, i muri non sono soltanto fuori di noi: ne erigiamo senza motivo dentro le nostre esistenze ed accade quasi sempre per occasioni non felici. Chi mai può ritenere che un muro in riva al mare sia giustificato o giustificabile se non abbiamo certezze manco di quelli nelle nostre vite?

Ma è il contesto il capitolo più irritante. La sensazione che sia il più forte a tirar su una linea di mattoni per confinare il più debole ha ispirato una delle più belle frasi di protesta nella più grande manifestazione anti-Trump nel 2016 a New York: “Costruite gentilezza, non muri”. Nello specifico la palizzata simil-provvisoria di Mondello delimita uno spazio riservato all’Esercito e con tutta la civile comprensione possibile è difficile non lasciarsi tentare da un pensiero obiettivamente sbagliato ma legittimo, e cioè che un certo senso di impunità droghi alcune decisioni.

Comunque sia, Mondello ha bisogno di buoni esempi. I militari dell’Esercito hanno il loro diritto di godersi il meritato riposo in riva al mare, ma lo facciano come tutti gli altri poiché la loro privacy non vale né più né meno di quella della signora che nel lido accanto si abbronza senza il riparo di una palizzata bunker. Un antico proverbio cinese dice: purtroppo sono più gli uomini che costruiscono muri di quelli che costruiscono ponti. E con questa, la metafora di Palermo è bell’e completa.

Ombelico fuori dal mondo

C’è un posto bellissimo a Mondello. È un bar in cui si può stare tutto l’anno in riva al mare, coi piedi nella sabbia. Ed è un posto meraviglioso nonostante chi lo gestisce.
Si arriva e si aspetta il miraggio: un cameriere che si materializzi entro il calar del sole (anche se arrivate a mezzogiorno, eh!). Quando il miraggio si concretizza, solitamente ha il volto svogliato di una ragazza che incolpevolmente fa un mestiere che non vorrebbe mai fare (capisco che il cameriere non è nella top ten delle professioni del futuro, ma se proprio non ti va non te la prendere con l’unico che non ha colpa).

Tre caffè, per favore.
Ok.
Si possono avere dei biscottini?
No.
Non li avete?
Sì, ma servono per quelli che ordinano la cioccolata calda.
(La cioccolata calda in ottobre a Mondello notoriamente tira come il vin brulè a Ferragosto)
E se uno non ordina la cioccolata calda?

Si possono comprare?
No.
Cioè questi benedetti biscotti non ce li date neanche se li paghiamo?
No.
Perché?
Perché non è possibile.

Qui si apre il bivio cruciale tra la lungimiranza del gestore, che certo qualche indicazione deve aver impartito (mai biscotti senza cioccolata calda altrimenti andiamo giù di budget semestrale), e vividezza mentale della giovane cameriera. Cioè viene consegnato ai posteri il seguente dilemma: è più saggio chi ha deciso la cruciale corsia preferenziale dei biscotti o chi ha sposato – per menefreghismo, per quieto vivere o semplice abulia – una tesi rivoluzionaria come quella del biscotto che mai e poi mai, costi quel che costi, andrebbe col caffè?
Nell’attesa che il fato, o Trip Advisor, o un cliente che finalmente si incazza si pronunci, val bene specificare che questo bar a parte lo scenario meraviglioso, la sabbia, il mare a pochi metri, Monte Pellegrino sullo sfondo, ha una caratteristica indimenticabile: la velocità con la quale vi si presenta il conto. Roba da campionato mondiale. Il cameriere che avete inseguito, invocato, persino sognato, nel momento cruciale – cioè quando vi presenta il caffè (ma non un biscotto neanche a minacciare di sgozzarlo con la stella dei Bel Bon) – è armato di scontrino e indomito coraggio. Se non pagate subito, ma proprio subito subito!, lui/lei non si schioda da lì e vi guarda con tutta la fiera certezza che aveva quando ha tirato in ballo quel cazzo di cioccolata calda.

Perché?
Perché non è possibile.

Questo posto meraviglioso a Mondello è l’esempio di come si spreca una grande occasione. Se non fosse gestito così male io ci andrei ogni sera a fare l’aperitivo, in ogni stagione. Arriverei, mi toglierei le scarpe, affonderei i piedi nella sabbia (d’inverno è bellissimo), guarderei il mio mare, sognerei le mie arrampicate sulla montagna che arricchisce la vista, berrei la mia birra pagata in anticipo, poi me ne farei un’altra promettendo di pagare entro mezz’ora magari dopo aver depositato le chiavi della moto alla cassa e mi impegnerei a non chiedere mai più i biscottini col caffè, a ora di pranzo.
Sarebbe il mio Ombelico del Mondo.
E invece è un Ombelico fuori dal Mondo.

Il tramonto di Mondello

Golfo_di_Mondello_visto_dalla_piazza_della_SirenettaUn estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Mondello, inverno 2015. Prima scena: lì dove la vocazione turistica inciampa, l’azzardo sovrasta. Un tempo c’era la Sirenetta, sala trattenimenti, oggi c’è il canto delle sirene del Punto Snai, sala scommesse: il locale e il panorama sono gli stessi, cambiano solo gli orizzonti dei clienti.
Valdesi è l’antipasto di Mondello, l’anticipo sempre più sostanzioso di un’offerta sempre più debole. Qui infatti si è spostato il baricentro economico dell’intera borgata, specialmente fuori dalla stagione turistica. Nel triangolo tra la libreria Sellerio, il bar Scimone e il fruttivendolo Pizzichellino, i residenti invernali fanno gruppo, s’inventano una parvenza di comunità. A poche decine di metri, la sala scommesse racconta invece altre storie con altri protagonisti che vengono dalla città e che non pesano nulla nell’economia del borgo: arrivano, parcheggiano senza problemi, scommettono, e tanti saluti. Continua a leggere Il tramonto di Mondello

Il bello di queste foto*

Honfleur

Honfleur, Normandia (Francia), luglio 2012.

Mondello, Palermo, allagamentoMondello, Sicilia (Italia), oggi.

*è che sono capovolte. E che nella prima l’acqua sta al suo posto, nella seconda no.

Cose da fare nel weekend

Cercare di finire “Grottesco” di Patrick McGrath prima di dover confessare pubblicamente che ‘sto libro mi annoia.

Correre almeno 17-18 km per evitare di finire ultimo alla mezza di Amsterdam.

Trovare il tempo per eliminare un po’ di arretrati dalla mia scrivania prima che la scrivania non si trovi più.

Ascoltare almeno un pezzo dei Pink Floyd e uno degli Earth Wind and Fire per ricordarmi che una volta la musica mi emozionava.

Nuotare nel mare di Mondello con Dani che finge di divertirsi a nuotare con una rana sfiancata come me.

Mangiare fagioli freschi.

Non guardare la tv perché in fondo è lei che ci guarda.

Spegnere il computer per lo stesso motivo.

Dimenticare che il mio iPhone è stato devastato dall’aggiornamento di iOS7.

Chiudere la manovra di accerchiamento a quella bottiglia di Amarone che da un paio di mesi ammicca con insistenza dalla cantinetta in dispensa.

Sorridere qb.

La spiaggia militarizzata

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Quello che vedete è il lido privato dell’Esercito sulla spiaggia di Mondello. Voi non ci crederete, ma dietro quella orribile palizzata c’è il mare.
Da anni mi interrogo sui motivi di questo privilegio: se una spiaggia privata ce l’ha il comando della Regione Militare Sud, perché non deve avercela anche il corpo degli insegnanti di liceo o qualunque altro impiegato statale?

Dalla Mondello libera a quella dimenticata

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Foto di Daniela Groppuso

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

C’è un inscalfibile luogo comune che grava sui destini della spiaggia di Mondello, ed è questo: togliere le cabine e abolire le aree attrezzate (a pagamento) farebbe solo bene al lido. Quest’opinione liquida, che si diffonde generalmente in vista della bella stagione, ha un suo fondamento nell’ovvietà: una spiaggia libera è universalmente più bella di una spiaggia inscatolata in legni e cancelli. E ha anche una sua ragione esoterico-popolare: la società Mondello Immobiliare Italo Belga, che ha in concessione quei benedetti chilometri di sabbia, è vista dal palermitano medio come un’ombra indefinita che da più di un secolo si muove su asciugamani e ombrelloni, un fantasma della battigia, un nemico di cui neanche la nazionalità è certa.
Certo, è difficile provare simpatia per chi dà il mare a pagamento, togliendo cioè il senso di libertà alla spiaggia che è, per eccellenza, il luogo della libertà. Ma qui di ragione si discetta, mica di sentimenti. E la ragione impone domande per non intossicarsi di aria fritta.
Che fine farebbe il lido di Mondello senza concessione ai privati?
I palermitani saprebbero tenerlo pulito?
Quali sarebbero le garanzie per quest’immenso, meraviglioso spazio libero? Continua a leggere Dalla Mondello libera a quella dimenticata