Il mio amorino

coppia_anziani

Ieri mattina al bar “Antico Chiosco” di Mondello.
Una silenziosa processione di volti ancora accarezzati dal sonno.
Cornetto. Caffè. Centrifugato di frutta…
“No, questo è per il mio amorino”. La voce squillante appartiene a una signora di almeno 75 anni. Accanto a lei, un uomo sull’ottantina, sorriso sornione su un bel volto abbronzato: una di quelle facce per le quali è bello credere che le rughe siano solo un monumento a infinite risate.
Lei ha bloccato col palmo della mano il cameriere che voleva ritirare la tazzina: ce n’è ancora un sorso.
“Bevilo tu, amorino”.
Ci voltiamo tutti a guardarli. La donna ha una giacca e una gonna grigia. E’ piccola e rapida nei movimenti. Lui è sfavillante nella sua passività di coccolone, ha un maglione giallo sotto la giacca marrone ed emana quel tipo di felicità che è patrimonio di pochi, dei maratoneti della serenità.
Tutti gli occhi sono su di loro. E credo che i due giochino a filtrare gli sguardi di ammirazione da quelli di invidia. Magari ne parleranno dopo, passeggiando mano nella mano sul lungomare. O forse no, non gli interessa nulla di ciò che sta oltre lo schermo invisibile che li protegge dalla droga della consuetudine, dalla infezione della pigrizia sentimentale.
“Tu non sei vecchio” dice lei rivolgendosi più a noi che al marito, “tu sei forte!”. E gli tasta un bicipite. L’uomo ritira il braccio ridacchiando, come se volesse far credere di soffrire il solletico. Forse è imbarazzato. Ed è questa l’unica ragione che blocca il nostro applauso commosso.
Poi si allontanano insieme, abbracciati. Escono dal bar. Prima che la luce di una giornata meravigliosa li inghiotta, mi pare di vederli sincronizzati nei passi. Forse canticchiano.
Ora ne sono certo, non era affatto imbarazzo. Era solletico.