I cocci di Arnaldo La Barbera

Leggendo le motivazioni della Cassazione sulle condanne per il massacro del G8 alla scuola Diaz di Genova, c’è un nome che mi colpisce. Arnaldo La Barbera. Chi, come me, lo ha conosciuto e ha seguito le sue gesta ha pochi dubbi nel leggere sospetti, postumi, sulle sue molteplici attività professionali. Da capo della squadra mobile di Palermo e da coordinatore del pool di indagine sulle stragi Falcone-Borsellino, La Barbera non ha mai perso occasione per mettere in luce la sua trasversalità. La prima e unica volta che lo incontrai, mi chiese a bruciapelo soffiandomi il fumo di tabacco negli occhi: “Tu giochi?”. Intendeva le scommesse o il poker o qualsiasi altra cosa avesse a che fare col rischio di perdere dinanzi a lui. Non mi fece simpatia, ovviamente.
Un giorno uccise con un colpo di pistola un rapinatore che aveva fatto irruzione nel centro estetico in cui lui si stava sottoponendo a dei massaggi. Il bandito aveva un’arma giocattolo. Era  gennaio. Era il 1992. Pochi mesi dopo, le esplosioni di Capaci e di via D’Amelio lo avrebbero visto in prima fila a condurre indagini delicatissime. E a chiudere cerchi con troppa facilità. L’inchiesta sulla strage Borsellino è un manuale di depistaggi e testimonianze indecenti.
Qualche anno dopo si saprà che La Barbera era al servizio del Sisde: nome in codice Catullo.
Quando morì, i giornali lo descrissero come un superpoliziotto, come un uomo tutto d’un pezzo.
Ieri la Cassazione mi ha ricordato che i pezzi sono anche cocci.

Poco servizi e molto segreti

Nell’anno 2011, in Italia, con un capo di governo che fa e dispone a suo piacimento, confortati da una carta costituzionale che è esempio per il mondo intero, il ministro degli Interni Roberto Maroni vuol farci inghiottire la prima scemenza che gli è venuta in mente per coprire le inefficienze del sistema di pubblica sicurezza.
Dice Maroni: la legge non è adeguata, i black bloc, anche volendo, non li si poteva bloccare.
Senza entrare nel merito legislativo della questione, senza cadere nella trappola dei codicilli e senza dar peso ai sofismi di un ministro furbetto ma nulla più, una cosa va detta con chiarezza: un vero Stato democratico forte non si accorge, a sconfitta bruciante incassata, che le norme non sono buone. Continua a leggere Poco servizi e molto segreti

Servizi inutili

C’è una domanda ricorrente – una delle tante – che mi viene in mente ogni volta che si verificano eventi di cronaca tanto drammatici quanto annunciati come gli incidenti del corteo degli indignati di Roma.
La domanda è: ma i nostri servizi segreti che caspita fanno?
La manifestazione era prevista e prevedibile, l’azione dei disturbatori anche, il ruolo dei criminali scontato. C’era un ambito più urgente e importante sul quale i nostri Servizi, nelle ultime settimane, avrebbero dovuto concentrarsi? Credo proprio di no. A meno che non si debba rendere commestibile l’idea che gli agenti segreti si debbano occupare solo di sistemi talmente massimi da esistere solo nei film di James Bond.
L’azione dei black-bloc, chiamiamoli così per praticità, era pianificata quindi disinnescabile, se solo un agente, un funzionario, un qualunque impiegato dei servizi segreti italiani si fosse occupato della vicenda.
Invece così non è accaduto. Questo è lo scandalo, non l’emergere dei soliti violenti. E’ inaudito che l’intelligence, stipendiata per pensare cogitare tramare, sia rimasta al balcone a guardare l’orribile devastazione perpetrata da un manipolo di delinquenti. Che non sono, come dice quel fesso di Emilio Fede, di sinistra. No, sono delinquenti qualunquisti, beceri, ignoranti.

Tempestività

Provvedimenti d’urgenza.
Per fronteggiare la crisi economica, tagli ai partiti politici. Dopo quasi tre anni di declino economico mondiale.
Per scovare le spie che favorirono le stragi di mafia parte un’inchiesta sui servizi segreti. Dopo diciotto anni.

Natale e Betlemme 2

La foto è di Paolo Beccari
La foto è di Paolo Beccari

Qualche pensiero cattivo il caso Boffo-Feltri lo ispira.
Innanzitutto quella nota anonima in cui si addita il direttore di Avvenire come omosessuale e quindi, in qualche modo, colpevole dalla nascita: un surplus di peccato originale. I nostri servizi segreti sono gli unici al mondo a dissanguare il nemico con la lama del cattivo gusto. Il Mossad spara, la Cia mette esplosivi, noi produciamo dossier mefitici.
Poi la solidarietà dei preti e addirittura – de relato, come si fa nelle aule giudiziarie – del Papa. I casi sono due: o Boffo è un castigafemmine da Guinnes dei primati e la Chiesa si è spostata verso il priapismo Berlusconiano che deve vendicare il semplice sospetto di una mascolinità non effervescente; oppure Boffo è un gay che, come tutti gli esseri viventi, ha i suoi alti e i suoi bassi, compie i suoi errori e paga il conto. In questo caso la Chiesa compie un passo memorabile accogliendo un peccatore della peggior specie (gay, per il Vaticano, è poco meno di assassino) tra le braccia.
Infine Feltri. Il suo sogno è farsi egli stesso velina (nel senso di carta clandestina) e velina (nel senso di femmina danzante per l’imperatore d’Italia). Essere al tempo stesso portatore e oggetto di un’annunciazione: dal suo ventre il figlio di Dio nascerà ancora, avrà capelli nuovi di zecca, pastorelle scollate al seguito e il controllo completo di tutte le comete dell’universo.
Verrà alla luce a Betlemme 2, costruita per l’occasione.

P.S.
Qui
un’interessante top ten sul tema e le sue varianti.