Con che faccia?

Ciascuna parte si impegna a non compiere atti ostili nei confronti dell’altra e a non consentire l’uso del proprio territorio da parte di altri (stati o attori non statali) per la commissione di tali atti.

Dal trattato Italia-Libia di amicizia,
partenariato e cooperazione.

Ieri Silvio Berlusconi ha annunciato che l’Italia parteciperà coi suoi caccia ai bombardamenti sulla Libia. A questo punto si capisce che il vero problema non è tradire il trattato con Gheddafi ma averlo firmato, quel patto.

Furbi da esportazione

Cena in una splendida casa francese, al confine con la Svizzera. I camerieri e il cuoco reclutati per l’occasione chiedono di essere pagati in contanti, cioè in nero, in cambio di un  considerevole sconto. Lo stupore dei padroni di casa si dissolve non appena si ricorda loro che la ditta del catering è italiana.

 

Visti da lontano

Forse per capire cosa pensano davvero gli italiani di Berlusconi bisognerebbe uscire dall’Italia. Dall’estero infatti si osserva il nostro Paese sotto una luce più obiettiva e soprattutto ci si confronta con termini di paragone efficaci.
Nel fine settimana scorso ho avuto modo di parlare con diversi italiani che vivono in Francia o Svizzera, molti dei quali fanno parte della ultra-citata schiera dei “cervelli in fuga”,  e ho constatato con stupore che il loro giudizio sull’Italia di oggi è molto più negativo del mio. Qualcuno di voi potrà pensare: sì però è tutta gente che non ha trovato lavoro in Italia, che è stata costretta a emigrare e magari un certo preconcetto ce l’avrà. Macchè, si tratta di persone che benedicono il giorno in cui hanno trovato un posto di lavoro oltralpe e che all’estero godono del prestigio che l’Italia non gli ha mai dato l’occasione di guadagnarsi.
In poche parole, il pensiero diffuso tra loro è che l’Italia sia una nazione messa in pericolo da Berlusconi e che l’attuale sistema politico non garantisca un futuro sereno ai cittadini. Un concetto semplice, senza i ghirigori della convenienza o gli equilibrismi di certi nostri burocrati.
E’ proprio vero, spesso per mettere bene a fuoco una cosa bisogna allontanarsi un po’.

Do you remember?

Ok, Gheddafi è un pericolo per la Libia e per il mondo. Ma non da adesso. Tutti sapevamo chi è costui. Persino da queste parti – e io non sono certo un esperto di politica internazionale – si era parlato del dittatore in termini abbastanza realistici.
Però vale la pena di sottolineare, se ce ne fosse bisogno, che c’è solo una persona che lo ha onorato e accolto come un ospite di riguardo. E che, ancora una volta, ha perso un’occasione per vergognarsi.

Programma di governo

Ciò che dovrebbe stupire dell’affare Ruby-Papi-Berly non è l’aspetto economico-sessuale – con un anziano ricco, presuntuoso e potente che fa la parte dell’anziano ricco, presuntuoso e potente – ma l’occupazione fisica della poltrona.
Dire “non mi dimetto e non rispondo ai magistrati” quando si è chiamati a spiegare non solo ai giudici ma ai cittadini, equivale a compiere un atto di totalitarismo. Silvio Berlusconi può rivendicare il suo diritto a sfasciare l’Italia, ma non può pretendere di farlo col consenso degli italiani che lo hanno eletto senza sapere delle sue imprudenze, della sua spericolatezza sessuale, delle sue baggianate, delle sue frequentazioni.
Invece in questo Paese stravolto nelle regole e nella morale si pretende una sorta di soddisfazione collettiva dinanzi al delitto, che in realtà è propria del delinquente perverso o dell’astante deviato.
C’è un però, piccolo e sottovalutato dalla maggioranza politica: l’Italia non è fatta (solo) da delinquenti e psicopatici.

Se gli italiani vogliono questo…

Una delle argomentazioni che più mi manda in bestia è: “Se gli italiani vogliono questo, allora è giusto che questo gli si dia”.
Il riferimento è a qualcosa che viene elargita dal regime, ovviamente.
Che sia verità ufficiale, programma televisivo, contentino legislativo poco importa.
Lo zoccolo duro del berlusconismo conclamato, e purtroppo anche di quello inconscio (in caso di persone che non sanno ancora di essere inglobate, ma che hanno già dentro il virus del partito dell’amore) ha il suo argomento forte nella valorizzazione dello status quo.
Siccome le cose sono così – è il succo del loro pensiero – non c’è motivo per cui non vadano così. Del resto se vanno così ci deve essere un motivo, e il motivo è che vanno così perché piace che vadano così.
A nulla vale ricordare che il valore primordiale della cultura è quello di spiegare come guardare alla realtà con altri occhi, come immaginare mondi migliori, come costruire cose che non necessariamente devono andare così.
Perché è giusto ricordare a queste persone che è possibile vivere in uno Stato in cui il premier si comporti da persona seria, in cui i ministri rispettino le istituzioni che rappresentano, in cui l’identità nazionale sia una e una sola, in cui emerge solo chi ha merito (e non parentele o legami sessuali), in cui le testate giornalistiche siano vedette e in cui il potere sia sotto il continuo giudizio del popolo, in cui uno per vedere in tv un programma che non sia di tette-culi-sangue-risse-gossip non debba aspettare anni.
E’ possibile sì. A patto che si dica chiaro e tondo che, al giorno d’oggi, l’ignoranza è come una malattia. Non va tollerata, va debellata.

C’è bisogno di un traduttore?

Così il magazine americano Foreign Policy descrive l’Italia. Mi pare che basti…
Tuttavia per i più curiosi (o masochisti) qui trovate qualcosa in italiano.

Grazie a Tex “Fabrizio” Willer.

La farsa

Gheddafi sbarca in Italia e viene acclamato come uno statista, lui che sconosce i diritti civili.
Anziché esibirsi davanti a un pubblico pagante, lo fa davanti a un pubblico pagato.
Per strada dà l’elemosina a un immigrato nordafricano travestendosi da turista di lusso.
Incontra Berlusconi dopo aver parlato delle donne del suo paese: il premier italiano ovviamente lo accoglie con l’acquolina in bocca.
Risate.
Sipario.

Idee chiare

Cesare Prandelli, appena insediatosi alla guida della nazionale italiana di calcio, ha le idee chiare:

Il lavoro di Lippi non è per nulla da buttare, non si butta nulla.

La vedo male.

La bandiera dove la metto?


di Tony Gaudesi

Se le maledizioni fossero proiettili il bel giubbotto rosso di Lippi avrebbe più buchi di una montagna di gruviera.  Bossi, Trota e cronista di Radio Padania a parte, l’Italia tutta si è unita nel nome di ct. Dal medico al fruttivendolo, dal professionista al venditore di tricolori sotto casa mia, che tra una bestemmia e l’altra arrotola le bandiere alle aste, giurando di  sapere dove potrebbe infilarle.
Eppure Lippi è stato di parola. Non farà salire nessuno sul carro dei vincitori, come aveva promesso. Ci salirà lui, sul carro. Quello funebre, che riporterà in Italia i tanti cadaveri visti in Sudafrica.
E dire che alla Fiat, secondo Marchionne, avrebbero scioperato per vedere la Nazionale. Chissà, c’è da chiedersi, quanti italiani sarebbero pronti a scioperare per vedere la Nazionale, quella Nazionale, lavorare alla Fiat. Magari a 1300 euro al mese.
Parlare col senno del poi, si dirà, è operazione sempre facile. Meglio, comunque, che allenare col senno del mai, ignorando i colori del campionato per diramare convocazioni quasi esclusivamente in bianco e nero. Che avrà fatto mai la Juventus, si chiederanno da Los Angeles a Shangai, per emigrare quasi in massa in Sudafrica? Tutto! Ha sbaraccato a metà campionato, ha fallito l’Europa che conta (e pure quella che non conta). Ha mancato coppe e coppette. Zero tituli, ma primato nella lista del ct, alla faccia di chi i gol li ha fatti a grappoli, incantato, deliziato  (Miccoli, Cassano Balotelli, etc), della stampa, dei tifosi, dei 50 milioni e passa di commissari tecnici nostrani.
Si torna pertanto prematuramente e meritatamente a casa. Contro tutti i pronostici (i bookmakers pagavano la vittoria della Slovacchia 7 volte la posta) e con buona pace di tutti. Anche del venditore di tricolori sotto casa mia, che sbaracca e ribadisce, bandiera dopo bandiera: “So io dove la metterei questa”.