Forza Italia

Aggiornamento.

Fabrizio Miccoli: “Ditemi voi perché in questa squadra azzurra non ci sia nemmeno uno del Palermo. Sapete perché? Perché Lippi non è mai venuto a vederci, non è mai sceso a Palermo. Gli stranieri del Palermo fanno il mondiale, noi italiani del Palermo no, siamo arrivati quinti e siamo a casa mentre gli juventini sono in gruppo”.

Fenomenologia di Marcello Lippi

Fenomenologia di Marcello Lippi. Si mostra soddisfatto quando c’è da essere allarmati (pur non essendo allarmisti). Mastica rabbia perché il popolo non condivide, con un’unica ola da Aosta a Pachino, le sue scelte. Rimanda perennemente a una resa dei conti coi suoi detrattori dimenticando che lui è solo un allenatore di calcio e non un presidente del consiglio. Preferisce mettere in squadra i soliti noti piuttosto che dare spazio ai nuovi fuoriclasse. Ostenta il suo appeal di antipatico come se fosse una rockstar. Non è ancora cosciente della fortuna che, quattro anni fa, lo ha portato a vincere il Mondiale.
Si crede l’unico mister della nazionale di calcio in un Paese che ne conta più o meno sessanta milioni.

Ingiustizia virale

Su internet quest’immagine è ormai virale. Ma non me la sentivo di cestinarla.

Via Davide Romano.

Inconvenienti

Il presidente Usa Barak Obama cita Harry Truman e dichiara: “Alla fine comunque la responsabilità è sempre mia”. Vedi cosa succede se non hai un modello come Mussolini?

I mondiali della Juventus

L’Italia è l’unico paese al mondo con sessanta milioni di allenatori della nazionale di calcio che si sentono titolati e irripetibili a dispetto dell’evidenza: l’unico sono io.

La vecchia battuta di padre ignoto non deve trarre in inganno.
E’ vero che ci sentiamo tutti mister, ma è anche vero che ci sono mister che dovrebbero calarsi nei nostri panni di tecnici improvvisati e capirci quando ci sentiamo spaesati.
Il caso di Marcello Lippi è emblematico.
Capisco il carattere e la schiena dritta, ma un allenatore che imbottisce il contingente mondiale con  una maggioranza di giocatori presi da una squadra decotta come la Juventus, qualche spiegazione al suo pubblico la dovrebbe.
Invece niente.
Messa da parte la foga rosanero, anche se Sirigu e Cassani sono tra i convocati (assordante l’assenza di Fabrizio Miccoli), resta il dubbio espresso qualche giorno fa da Paolo Villaggio: non sarà che con la missione sudafricana si cerca di drogare il valore di giocatori (e di club) le cui azioni sono in picchiata?
Prendiamo un appunto e parliamone a Mondiali terminati. Sarò felice di essere smentito.

Una colletta per Renzo Bossi

La dichiarazione risolutiva è affidata a un lapidario take di agenzia (che riprende un’intervista a Vanity Fair): “Ai mondiali di calcio non tiferò per l’Italia”.
Il cervello (o il suo surrogato) che ha partorito la dichiarazione è quello di Renzo Bossi, figlio di Umberto, celebre (a parte che, incolpevolmente, per l’illustre genitore) per essere stato bocciato tre volte alla maturità, per aver diffuso un videogame in cui si divertiva ad affogare immigrati, per essere stato nominato consigliere di un organismo legato all’Expo 2015 di Milano per il quale ha beccato uno stipendio di dodicimila euro al mese, e per essere stato appena eletto consigliere regionale della Lega in Lombardia.
Voglio essere risoluto: uno con un curriculum del genere dovrebbe essere intervistato ogni giorno dai giornali.
Una sola domanda, a percussione: “Quanto vuole per andarsene?”.
Siccome Bossi junior pesa sulle tasche dei contribuenti (anche di quelli che non lo hanno eletto e che hanno a cuore il concetto desueto di qualità), sarebbe più conveniente e utile per tutti privarsi di un bipede similpensante e dargli la possibilità di dichiarare nel sotto vuoto spinto di un buen ritiro.
“Ai Mondiali non tiferò per l’Italia” dichiarato a un giornalista della cronaca locale del Santo Domingo News sarebbe consolante con un oceano nel mezzo, qualche fuso orario a fare da camera di decompressione e, soprattutto, con la certezza di rimanere a distanza di sicurezza (anche le cazzate hanno una gittata limitata).
Non so voi, ma sul mio sistema nervoso l’ignoranza colpevole genera pensieri urenti.
I primi dieci euro ce li metto io.

Smoke Gets In Your Eyes

Foto da The Big Picture

Qual è la sensazione che provate davanti a un fatto conclamato di cui vi sfugge qualcosa? La mia è un misto di eccitazione e di vergogna, una brodaglia che attende di diventare minestra, ma che potrebbe essere istantaneamente declassata a sciacquatura di piatti.
Questo è il limbo in cui mi trovo da qualche giorno (grazie anche a un paio di sollecitazioni di un noto allevatore di pulci per orecchie) nel contemplare gli effetti della ormai famosa nube del vulcano islandese.
Non sono uno scienziato, ma vivo di informazioni e di memoria.
Sul blocco semiplanetario dei voli potrei aver nulla da dire se non leggessi che gli unici effetti provati di queste eruzioni sono quelli sul clima, che è cosa ben diversa dal traffico aereo.
In più vivo in una regione che ospita il più alto vulcano d’Europa, in buona attività, e non ricordo che un’eruzione dell’Etna abbia causato disagi oltre Fontanarossa.
Dio solo sa quanto detesti i complottisti di ogni genere, ma stavolta c’è qualcosa che non mi quadra. Milioni di persone coinvolte, sistemi di trasporto bloccati, rapido turnover di elementi di informazione, richieste di risarcimento milionarie… tutto per un lontanissimo vulcano islandese che sbuffa nella sua porzione di cielo senza neanche avere l’onore di un nome al riparo dai refusi. Eyjafjallajokull, si pronuncia così (credeteci per fede).
Io ho un discreto controllo labliale solo sulle ultime quattro lettere.

La domanda scema

Nelle polemiche sul televoto di Sanremo e sull’utilità degli esercizi di democrazia diretta c’è da irrompere con una domanda scema: chi l’ha detto che sulle scelte prese a maggioranza non si deve sindacare?
Quando svaniranno i fumi dell’oppio politico che ammorbano questo Paese, che annebbiano lo sguardo davanti ai guasti del “gusto corrente”, che confondono la quantità con la qualità, forse si potranno ricominciare a valorizzare le nicchie, i penultimi, i cantori rauchi.
E finalmente si potrà affermare che l’arte non c’entra nulla con la sovranità popolare. Le penne, i pennelli, gli archi, le ugole, gli scalpelli torneranno a fare il loro mestiere: stupire, sgretolare il muro delle consuetudini, raccogliere i fischi di un pubblico libero.
Allora tornerà la domanda scema: chi l’aveva detto che sulle scelte prese a maggioranza non si deve sindacare?
Risposta: nessuno che sia ancora al suo posto.
Sarà un bel giorno.

Italianissimi

da Corriere.it

Bere per dimenticare

Amabile conversazione a casa di amici, al confine tra Francia e Svizzera. Si parla di tasse.

In Italia uno che guadagna 15 mila euro all’anno paga il 23 per cento, cioè 3.450 euro.
In Svizzera non paga niente.
In Italia uno che guadagna  70 mila euro all’anno ha sul groppone un’aliquota del  41 per cento, cioè sborsa 23.370 euro.
In Svizzera (l’equivalente è di  102.768 franchi) paga 11.844 euro (cioè 17.388 franchi) se è single, che diventano  6.251 euro (9.177 franchi) se è sposato e senza figli.

Ancora  vino, per favore.