I tagli e il fascino delle cazzate

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C’è questa smania di tagliare. Qualunque governo, da quando ci siamo accorti di essere alla canna del gas, promette tagli su qualunque cosa, a proposito di tutto, in ogni occasione possibile. Non importa che siano stipendi, contributi, autoblu, ore d’aria, straordinari o carta igienica.
L’undicesimo comandamento è: ricordati di affilare le forbici.
Invano qualcuno ha provato a raffreddare questa foga sfoltitrice dicendo che sì, ridimensionare è giusto, ma che in realtà servono altri interventi come riforme strutturali, retate contro gli evasori, recupero del senso civico di una Nazione ubriaca.
La messa all’asta su Ebay delle autoblu è, ad esempio, un divertente spot della nuova politica, quella che si sveglia presto e va a letto tardi senza manco concedersi un’orgia, ma sul fronte della resa economica è un monumento al fallimento: un parco macchine costato milioni di euro frutterà ovviamente molto meno. L’unico vantaggio di quest’operazione è un promemoria: perché in fondo è utile per gli italiani non dimenticare che un ministro come Ignazio La Russa fece acquistare, quand’era alla Difesa, una quindicina di Maserati senza che nessuno ne chiedesse il ricovero coatto.
Ecco, un taglio delle cazzate sarebbe già un enorme vantaggio per il Paese.
Invece siamo tutti lì a discettare sullo stipendio di Mauro Moretti e a ignorare quello, ben più corposo, di Cesare Prandelli, che sempre coi soldi nostri è pagato. O a indignarci per le mutande acquistate dai gruppi parlamentari regionali e a dimenticarci quanto ci è costato il non ponte sullo Stretto di Messina.
La smania di sforbiciare ottenebra le menti, toglie la memoria, dà fascino al qualunquismo. Eppure, per imboccare la strada giusta, basterebbe la mera esperienza del giardiniere che se vuole eliminare l’erbaccia non usa le cesoie, ma sradica, scava, estirpa.
Certo, c’è chi dice che da qualche parte bisogna pur cominciare, che gli sprechi e le sperequazioni vanno affrontati con fermezza. Come non essere d’accordo?
L’importante è saper distinguere la realtà dalle emozioni, il risultato aritmetico dalla sete di vendetta, lo scenario dalla messa in scena.

Si perdono 20.000 euro al giorno. La responsabilità? E’ di nessuno

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Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Mettiamo che lavoriate in una piccola azienda privata e che dobbiate provvedere al trasloco di un ufficio, due scrivanie, due computer, un fax, un piccolo armadio, varie suppellettili. L’operazione vi è stata annunciata da tre mesi e voi dovete solo assicurarvi che tutto sia a posto: impresa di trasporti allertata, nuovi locali puliti, volture effettuate. Arriva il giorno X e al momento di accedere ai nuovi locali vi rendete conto di esservi dimenticati di farvi dare la chiave dal padrone dell’immobile, che adesso è partito per la Papuasia, e dovete rimandare tutto indietro costringendo la vostra azienda a pagare per un trasloco inutile. Mettiamo anche che i vecchi locali non siano più disponibili e che si debbano sborsare tot euro al giorno per il deposito, perché scrivanie, armadio e tutto il resto non ve li potete portare a casa. Passano i giorni e le chiavi non ci sono. Mannaggia, com’è potuto succedere… è stato un disguido, un malinteso. Alla fine la vostra azienda ci rimette qualche migliaio di euro. Voi credete di farla franca? Ovviamente no, perché se avrete la fortuna di non essere licenziati in tronco, sarete costretti a risarcire il danno.
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La visione stipendiocentrica dei grillini

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Un estratto dall”articolo di oggi su la Repubblica.

Più che al cuore del problema bisogna mirare all’ombelico della questione: perché ombelichismo e autoreferenzialità sono ingredienti fondamentali dell’ultima polemica che coinvolge il Movimento 5 Stelle siciliano.
Il vicepresidente dell’Ars Antonio Venturino è stato messo fuori gioco dal suo gruppo parlamentare perché da due mesi non restituisce più nulla della sua busta paga: in pratica si comporta come tutti i colleghi degli altri partiti. Lui dice che 2.500 euro netti al mese non bastano per il corretto svolgimento del suo mandato parlamentare e prova ad ammantare il suo ragionamento/sfogo con considerazioni più prettamente politiche: le occasioni perdute per far ripartire il Paese, l’inciucio, il rapporto inesistente con Beppe Grillo e via discorrendo.
Sarà. Ma quello che produce la deflagrazione nel movimento non è il mal di pancia del Venturino politico e libero pensatore, ma il portafoglio del Venturino parlamentare regionale. Ed è inutile andare a scavare tra le parole, che qui non sono pietre ma monete, giacché tra i grillini la fatwa è immediata quando si sgarra sull’impegno elettorale che riguarda i rimborsi (e Beppe Grillo non ha usato metafore per esporre il vicepresidente dell’Ars al ludibrio dei suoi movimentisti). Continua a leggere La visione stipendiocentrica dei grillini

Dalle stelle alle stelline

“O  si volta pagina o si va tutti a casa”, dice il governatore del Lazio Renata Polverini dopo la scoperta dell’ennesimo scandalo di una politica ricca di soldi non suoi e vergognosamente sprecona. Un ultimatum, come scrivono i giornali. Un ultimatum a tempo abbondantemente scaduto, come giudica un comune mortale non sovvenzionato a fondo perduto dallo Stato, non campato per quel che non fa.
In realtà l’espediente della Polverini che cerca un rinvio – l’aut aut è comunque un classico nella retorica del rinvio – è un’offesa al tempo scaduto e ai tempi in cui viviamo.
Non c’è un’opzione B. Non esiste una possibilità di correzione per il malandrino che ruba a casa dei poveri. In altri tempi gli avrebbero mozzato le mani: oggi il minimo è che gli mozzino la carriera.
Nessuno può ormai consentirsi un solo passo falso coi soldi della collettività perché di passi falsi è costellata la strada della nostra storia recente. Dalle stelle alle stelline, dalle stalle agli stallieri.