De Fanis, basta la parola

de fanis

Nel sito dell’ormai noto assessore abruzzese Luigi De Fanis, arrestato per tangenti e accusato di aver stipulato un contratto sessuale con la segretaria, c’è molto di quel nulla che solitamente avvolge personaggi di questo genere. Ad esempio, nella pagina dedicata alla biografia del de cuius è interessante intravedere la spocchia del politico, che non deve rispondere di niente a nessuno come se fosse un semidio.
Chi sono, c’è scritto nel sito.
Bene, chi è tale De Fanis?
E’ assessore alle Politiche culturali, veterinaria, sicurezza alimentare e prevenzione collettiva. Tanto basta. Non serve dire cosa ha studiato, dove è nato, com’è arrivato alla politica. No, De Fanis è talmente convinto di essere tutto quel che un politico deve essere da non scrivere nemmeno di quale ente è assessore, in quale parte del mondo.
Perché è inutile stare lì a sottilizzare, tra curriculum e incarichi pregressi. Chi sono?  De Fanis, basta la parola. Come un celebre confetto…

Il miracolo di Zennaro

Il portavoce del ministro Mariastella Gelmini, Massimo Zennaro, si dimette e assume l’incarico di veicolare Barbara Berlusconi nel mondo della cultura. Ora, se il binomio Berlusconi-cultura non fosse un ossimoro ci sarebbe da chiedersi il motivo di questa scelta da parte della figlia del premier: un consulente consacrato alla perenne memoria collettiva per una stupidaggine colossale (il famoso comunicato sul tunnel tra il Cern e il Gran Sasso) non è facile da mettere dentro senza suscitare perplessità.
Invece, a ben pensarci, è tutto a posto.
Per motivi professionali –  il cda del Milan – e personali – il rapporto sentimentale col suo dipendente Pato –  la Berluschina ha necessità di apprendere il linguaggio dei calciatori. Che, come è noto, è difficilissimo da imparare se non si ragiona con polpacci e basso ventre. Zennaro è l’uomo giusto al posto giusto: uno che si inventa la galleria più lunga del mondo senza fare abuso di stupefacenti è una specie di Giulio Verne dei giorni nostri. Viaggio al centro della terra: tutto in doppia corsia finanziata dal ministero dell’istruzione, università e ricerca.

Chi sta con Borghezio?

Per il parlamentare della Lega Nord Mario Borghezio, l’Abruzzo “è un peso morto come per noi tutto il Sud”.
E’ in quel “noi” l’elemento che dovrebbe scatenare indignazione.
Noi che nel 1976 siamo stati fermati in possesso di una cartolina firmata “Ordine Nuovo” e indirizzata “al bastardo Luciano Violante” (magistrato che conduceva inchieste contro l’eversione nera)?
Noi che in quella cartolina avevamo disegnato alcune svastiche,  scritto “Viva Hitler” e – quel che è peggio – avevamo segnato la seguente frase: “1, 10, 100, 1.000 Occorsio”, laddove Vittorio Occorsio, era un magistrato ucciso pochi giorni prima?
Noi che nel 2005 siamo stati condannati in via definitiva per aver dato alle fiamme dei pagliericci nei pressi di alcuni immigrati che dormivano sotto un ponte di Torino?
Noi che nel 2008 siamo stati trascinati via a forza dalla polizia di Colonia per aver preso parte a un congresso non autorizzato contro l’Islam?
Noi che abbiamo detto: ai clandestini bastardi gli diamo il mille per mille di calci in culo con la legge Bossi-Fini?
O che abbiamo detto: non capisco tutta questa agitazione per la condanna di Saddam, quando nessun presidente della Repubblica ha ancora chiesto scusa alla famiglia Mussolini?
O che abbiamo detto: non bisogna aver paura di rischiare, bisogna fare i nomi perché devono essere scolpiti i nomi di, di… queste facce di merda (riferito ai magistrati Forleo e Papalia)?
Insomma, noi chi?

“Forte”, non “buona”

Poche parole

di Raffaella Catalano

Mi pare pretestuoso il trionfalismo di Berlusconi e dei suoi accoliti riguardo all’atteggiamento di Obama nei confronti del nostro premier. Il presidente americano ha parlato di Silvio solo in termini di “leadership forte”. “Forte” non è un giudizio di merito: né buono né cattivo. Mi è sembrata una valutazione molto diplomatica, quella di Obama. Soprattutto che non creasse dissapori e scompiglio in una terra martoriata come l’Abruzzo. Sarebbe stato inopportuno.
Ma di leadership forti il mondo, nel corso della storia, ne ha conosciute tante. Anche molto dannose. Non dimentichiamocelo.

Marketing

Secondo me, l’idea di organizzare il G8 in Abruzzo è geniale. Chissà a chi è venuta.

La soluzione del problema

La vignetta è di Gianni Allegra
La vignetta è di Gianni Allegra

C’è un fiorire di iniziative per raccogliere soldi a favore dell’Abruzzo terremotato. Lo Stato studia nuove tasse, una tantum, prelievi forzosi. Eppure non servono fini economisti né raffinati strateghi della politica per capire che c’è un immenso serbatoio da cui attingere: quello degli sprechi e delle sperequazioni.
Se un parlamentare guadagna in un mese quel che riesce a raccattare in un anno un maestro in pensione (forse anche non in pensione), la via da seguire dovrebbe essere scontata: togliendo 10 mila euro al mese a un parlamentare, quindi lasciandogliene “solo” 13 mila, si recupererebbero oltre 113 milioni di euro all’anno. E parliamo di 945 tra deputati e senatori (senatori a vita e altri fantasmi esclusi) su una popolazione di sessanta milioni di persone.
Stai a vedere che se qualcuno di noi si sforza, durante il fine settimana, trova il modo di turare le falle di crisi, emergenze e crac vari?

L’interesse comune

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

Tutti noi seguiamo con ansia il dramma dei terremotati abruzzesi. La Sicilia è zona ad alto rischio sismico quindi, per parte nostra, non è difficile identificarsi con chi vive sull’orlo del baratro. Però la sensazione della perdita improvvisa, senza apparenti colpevoli, è tragicamente unica. Solo chi sopravvive può sobbarcarsi un simile fardello. E noi ora non siamo sopravvissuti, ma semplici testimoni.
Verrà la ricostruzione, che è mera consolazione materiale ma indispensabile appiglio per cercare di riemergere. Il governo italiano è davanti a una prova cruciale di efficienza e civiltà. Non conta la mano che mette un mattone sopra l’altro, conta che quei mattoni diventino muro, casa, città.
Se fossi un amministratore qualunque di un’amministrazione qualunque scriverei una frase davanti alla mia porta: ricordate, l’interesse comune non è la somma degli interessi privati.

I bambini abruzzesi

abruzzo bambiniHo un ricordo. E’ il mio quinto compleanno, abbiamo mangiato i tortellini e la torta con la panna. I miei mi hanno regalato un organo Bontempi, bianco e arancione, coi tasti numerati e soprattutto con una ventola che ronza come un phon. Mia madre ha un pancione che annuncia la nascita imminente di mio fratello. Si va a letto presto, domani è lunedì.
Nel cuore della notte, in una notte che si sarebbe rivelata con poco cuore, mio padre mi strappa dal letto. Fuggiamo da casa perché qualcosa di terribile è accaduto, sta accadendo o forse accadrà. Io non capisco niente: non sono preoccupato, forse l’imprevisto mi eccita pure.
Saltiamo sulla nostra Fiat Millecento e partiamo per una breve corsa. Il piazzale dello stadio è il nostro rifugio, a un chilometro da casa. Rifugio. La parola mi resta dentro. Come fa ad essere rifugio un luogo aperto? I bambini passano il tempo a costruire case con cartoni, sedie, coperte, tavoli. Un rifugio senza tetto che senso ha? E’ l’unico interrogativo – e anche il solo elemento di angoscia – che mi rimane dell’esperienza breve e indiretta di terremotato: il massacro avvenne infatti un centinaio di chilometri più in la, nel Belice. Notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968.
Ecco, il mio auspicio è che quanti più bambini abruzzesi possano ricordare la loro lunga notte con un semplice ingenuo ricordo: un rifugio senza tetto che senso ha?
Poi, speriamo presto, si torna a casa.

Del Turco e la vendetta politica

Ho letto l’intervista del Corriere a Ottaviano Del Turco che non esclude di tornare in politica, dopo l’arresto per tangenti, ma nelle fila del partito a lui (finora) ufficialmente avverso, cioé il Pdl.
Il centrodestra, nel corso degli anni, ha riempito la cambusa di reduci, sopravvissuti, scontenti e qualunquisti. Però questa di Del Turco è una sortita che merita una breve riflessione.
Prima ipotesi. Depresso per il senso di abbandono, l’ex governatore dell’Abruzzo ha deciso di vendicarsi del silenzio dei compagni seguito al suo arresto. La sinistra non è abile a far quadrato quando il cerchio non quadra e preferisce le lame affilate di Di Pietro al garantismo che fa parte di una storia ormai mesozoica.
Seconda ipotesi. Esaltato da una politica liberista soprattutto in questioni di giustizia, una giustizia che si vorrebbe abolire in toto al pari di una leggiucola decrepita ereditata dallo Statuto Albertino, l’ex governatore dell’Abruzzo ha scelto la via più breve per seppellire le sue pendenze penali. Un cambio di casacca è più che conveniente quando si intravede il sole a scacchi, e in Italia c’è un partito che promette più abbronzature integrali per tutti (anche d’esportazione).
Ora, io non ho le capacità per giudicare quanto valgano le intenzioni politiche di Del Turco, però credo che valgano una riflessione. Anche fuori dai confini abruzzesi.