Se la pubblicità smaschera il cittadino

manifesto tram comune di palermo

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Come previsto (e fortemente voluto) dai suoi ideatori, la campagna pubblicitaria per il tram di Palermo ha scatenato moltissime reazioni, soprattutto grazie a quel tritacarne di genialità e paranoia che sono i social network. L’accusa principale mossa al Comune è quella di protervia, nonostante l’ostentata provocatorietà dei messaggi (“Non ci scusiamo per il ritardo”, “Non ti chiediamo di avere pazienza”, eccetera) rimandi più alla furbizia del pubblicitario che all’effettiva sensibilità dei palermitani.
In realtà questa campagna e le reazioni ad essa ci dicono nulla del servizio in questione e molto, troppo, dei suoi potenziali fruitori, che si mostrano drammaticamente esasperati. Tra maledizioni e insulti, i cittadini internettiani sguainano le tastiere e si lanciano a post battente contro l’affronto subito. Il succo è: Palermo affonda e per giunta si celebra l’acqua alla gola. È davvero così?
La risposta sta, per paradosso, in altre domande. Tipo: la rabbia endemica mette al riparo da colpe personali? Qual è il livello di coscienza civica dell’automobilista medio palermitano? L’esercizio continuo di benaltrismo dà diritto a punti premio?
Nel video che accompagna e sostanzia la campagna pubblicitaria, Leoluca Orlando è protagonista unico e ciò dà la stura ad altre polemiche. Anche qui, una domanda può servire a qualcosa: questo sindaco è presenzialista e non va bene, quello di prima era assenteista e non andava bene, dove sta l’errore?
(…)

 

La cavalcata dell’indignazione popolare (con rischio cadute)

manifesto cattedrale di palermo

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Cavalcare l’indignazione popolare è uno sport molto in voga. Solo che ci si dimentica che è anche discretamente pericoloso poiché alto è il rischio di cadute nel ridicolo.
Il meccanismo generalmente è questo: preso un fatto, qualcuno lo critica in modo precipitoso, cioè senza approfondire; si innesca quindi una reazione a catena e la singola critica figlia una valanga di commenti altrettanto indignati e altrettanto precipitosi; il politico di turno si tuffa nella polemica prendendo per buona la teoria maggioritaria, cioè la critica monca che ha acceso il meccanismo, e inizia così la sua pericolosa cavalcata. (…)
Un esempio fulgido o imbarazzante – a seconda dei punti di vista – di questo fenomeno è la polemica per il manifesto pubblicitario che copre l’impalcatura dei lavori di restauro della Cattedrale di Palermo. Continua a leggere La cavalcata dell’indignazione popolare (con rischio cadute)

Libertà (vigilata)

Da qualche giorno a Palermo si vedono manifesti come questi. Li hanno commissionati due palermitani che hanno anche comprato una pagina a pagamento su Libero.
Il concetto di libertà avulso da quello di onestà è molto difficile da mandar giù, anche con le migliori intenzioni.
Se io sono libero posso essere infatti libero di delinquere, di sopraffare, di aggredire le altrui speranze. Se invece io sono libero e onesto non ho bisogno che ci sia qualcuno che lo ricordi al mondo in mia vece. Sono io il manifesto ambulante della mia rettitudine. E’ sempre andata così: se non sono bandiere o lenzuoli, i simboli appesi per mano altrui sono banali consigli per gli acquisti. A meno che non abbiano un cappio al collo, e allora – come ci insegna la storia – diventano altro.

La famiglia che piace a Giovanardi

Visto qui.

Libri appassionanti

Acrilico su carta di Gianni Allegra (da "Il diario", 2006)
Acrilico su carta di Gianni Allegra (da "Il diario", 2006)

Ho appena finito di leggere “Uomini che odiano le donne” di Stieg Larsson e mi dispiace. Mi dispiace che il libro sia di sole 676 pagine, perché ne desideravo almeno altre cinquecento, tanto la storia è avvincente e ben costruita.
Sono sempre stato contrario all’uso di aggettivi quando si pronuncia (o si scrive, o addirittura si pensa) la parola arte. Alta, bassa, povera, colta, popolare e via modulando. Larsson, pur usando un linguaggio semplice che sembra esser stato studiato per i traduttori di mezzo mondo, costruisce un’opera di innegabile valore estetico che diverte e appassiona.
In un momento in cui, specialmente in Italia, abbondano i manifesti pseudo-idelogici imbottiti di cultura da Reader’s Digest (la cultura non celebra mai se stessa perché è la base di ogni celebrazione) è un piacere scoprire l’incanto di una vicenda narrata a meraviglia. Non so quanti di voi abbiano letto questo libro, però mi piacerebbe sapere se avete altri esempi da proporre. Libri che avete divorato, libri che vi dispiaceva abbandonare per colpa del sonno, libri di cui ricordate passi a memoria. Libri… mmmh, ci vorrebbe un aggettivo…  belli, ecco.

Aggiornamento. Rosa Maria Di Natale segnala quest’articolo, Giacomo Cacciatore invece propone di riflettere su questo.