Fan, Fini, fine

L'home page del sito del Fini fans club di un anno fa

Esattamente un anno fa registravo che il Gianfranco Fini fan club mugugnava per le aperture del presidente della Camera sugli immigrati e per le prese di posizione nei confronti di Bossi e di Berlusconi.
Oggi molte cose sono cambiate – o, come scrisse un celebre cronista siciliano, molta acqua è passata sopra i ponti (e certo, con certe alluvioni…) –  però abbiamo due certezze: primo, Fini ha portato all’estremo il suo dissenso da B&B; secondo, quel fan club non esiste più.

P.S.
Se internet ha un vantaggio è quello di favorire una memoria collettiva. Approfittiamone.

Teorema mazarese

Sulla storia del peschereccio mazarese preso a mitragliate dalla motovedetta libica c’è molto da indagare. Chi conosce le storie del mare, e di quel tratto di mare in particolare, sa che le verità non stanno tutte impilate in bell’ordine.
I pescatori mazaresi hanno fondato gran parte della propria fortuna sulla loro spregiudicatezza, oltre che su un’indubbia abilità.
I libici, in questi ambiti, li superano a destra con il vantaggio di avere alle spalle un regime che con la sua trasversalità ha lasciato le malepiante libere di soffocare le colture utili.
Di certo c’è che, in simili frangenti, poco o nulla è scontato.
Quindi prima di schierarsi, strillare, mobilitarsi, legiferare, dichiarare, indignarsi, è bene riflettere.
In alto mare ciò che sembra, difficilmente è ciò che è.

Morgan e la democrazia artistica

Scritta dell'home page del sito di Morgan

Ieri sera ho fatto due scoperte. Prima scoperta: su Canale 5 esiste una trasmissione che si chiama Bikini. Seconda scoperta: Morgan non è (più?) in grado di esprimere un concetto elementare a senso compiuto.
Ieri la suddetta trasmissione ha intervistato il suddetto cantante.
Il risultato è stato un pezzo di televisione surreale in cui il personaggio super celebrato non è mai riuscito a trovare la concentrazione per mettere insieme un soggetto, un predicato e un complemento (anche a casaccio, eh!).
Credo che di strada se ne debba ancora fare molta. Per la televisione, per Morgan, per un principio di democrazia artistica: se uno è uno sprovveduto che fa opere che piacciono, non è detto che debba essere interpellato in quanto genio, guru, semidio e sex simbol biforcuto.
Dovrebbe esistere sempre la variante b: “Sa, Morgan, lei ha fatto qualche canzoncina carina. Ora come pensa di convincerci che è anche un artista?”

Il coraggio ordinario

Quella di Valeria Grasso è una storia ordinaria, e ciò non deve sminuirne l’importanza. Perché è ordinaria come il diritto calpestato di un cittadino, come l’abbandono di un monumento pubblico, come la politica delle rane dalla bocca larga.
Valeria – mi permetto di chiamarla per nome perché è una mia amica – è una donna coraggiosa che si è scontrata con il sistema mafioso. Come è accaduto a molti imprenditori siciliani, si è accorta di essere imbrigliata in una rete appiccicosa di storture, solo quando i giochi erano fatti.
Come si dice, nessuno nasce insegnato e non c’è nulla di più irritante, per chi vive alle nostre latitudini, del pontificare di chi, in virtù del senno di poi, ha soluzioni meramente verbali per problemi reali.
No, Valeria ha avuto modo di provare sulla sua pelle gli inganni di questa terra: i finti amici, i rapporti di lavoro truccati, certe abominevoli consuetudini.
Quindi astenersi pontificatori.
Però Valeria se n’è accorta in tempo.
Ha denunciato tutto e tutti.
Si è esposta con faccia, nome e cognome. Ha messo in gioco la sua vita e quella dei suoi tre figli.
La sua presa di posizione in sede giudiziaria è costata il carcere a due mafiosi (di merda).
Lei ha fatto e continua a fare nomi e cognomi. A volto scoperto, a testa alta.
Ora ha subito troppe minacce, intimidazioni e la sua attività economica ne ha ovviamente risentito (vorrei vedere voi a lavorare nella vostra azienda mentre vi tagliano i cavi della luce o vi distruggono l’auto sotto casa).
Valeria non vuole soldi. Cerca solo qualcuno che la ascolti.
Ha scritto a tutte le autorità di questo Stato. E, pensate un po’, non le ha risposto nessuno.
Io sono in grado di fornire tutti i suoi recapiti. Se qualcuno vuole mettersi in contatto con lei, può inviarmi una e-mail. Se qualcuno vuole far circolare questo post (anche senza citare la fonte) può farlo liberamente.
Non credo nelle catene internettiane né nelle petizioni online. Credo nella saggezza degli onesti.
Facciamo qualcosa per lei e per quelli come lei.
Il nostro programma non prevede insuccessi.

I padroni della notizia

I giornali sono sempre più influenzati dai gusti e dalle scelte dei lettori. È la strada migliore per recuperare copie oppure è l’inizio (un ulteriore inizio) della fine? Qui c’è un’interessante riflessione.

Da  Vittorio Pasteris via FF.

Lo spartito dell’amore

Notizia riservata a tutti gli appassionati di musica e di Berlusconi (il binomio è pericolosamente obbligatorio in queste poche righe).

Il nuovo cd di Berlusconi e Apicella dovrebbe chiamarsi “Con l’amore si può” oppure “Il vero amore”.
Dopo il partito, ecco lo spartito dell’amore.

Toscano d’esportazione

Il mio amico Salvo Toscano ha trovato un suo libro nella biblioteca di Stoccolma. Tutto bene fin quando non scoprirà di essere sullo stesso scaffale di Stieg Larrson.

Frammento di 11 settembre

Io, come tutti voi, ricordo cosa facevo l’11 settembre 2001 intorno alle 15.
Stavo rientrando al giornale, in ritardo. Una mia amica mi chiamò al cellulare. Mi chiese cosa stava accadendo in America perché, lo disse quasi scherzando, “lo sai che tra quattro giorni io e mio marito dobbiamo partire per New York…”.
Risposi: “Guarda, sono appena arrivato. Dammi il tempo di raggiungere la mia scrivania”.
Attraversai la redazione e non mi accorsi che era semideserta nonostante l’orario. Tutti i miei colleghi, i fattorini, i grafici, i fotografi, erano coagulati davanti alle tv.
Ricordo di aver catturato involontariamente l’immagine di un aereo che sfondava un grattacielo. Il mio cervello in quegli istanti la registrò come se fosse il fotogramma di un film.
Qualche istante dopo credetti di capire. Ma per capire veramente avrei dovuto aspettare molti anni.

Piccioni viaggiatori

Se una delle conseguenze della globalizzazione è che basta l’idea balzana di un pastore anglicano della Florida per mettere in allarme l’intero globo, allora forse è meglio tornare ai piccioni viaggiatori.

La nuova memoria

Ieri, commentando le vicende politiche dei nostri giorni, mia moglie ha pronunciato una frase che mi sono segnato: “Vogliono imporci una nuova memoria”.
Il sistema che macina il passato nel mulino del presente è infatti la fabbrica del consenso berlusconiano. E la nuova memoria non è altro che un pane adulterato.
Non ci sono più eroi della storia, non esistono più sistemi di garanzia che abbiano più di vent’anni, il ricordo televisivo (l’unico certificato dall’accademia della moderna rimembranza) sbiadisce se non è rinforzato da un motivo contingente.
Mike Bongiorno non è più, come dovrebbe essere, un grande presentatore, ma diventa il simbolo ruffianissimo e imbarazzante (innanzitutto per lui, c’è da scommetterci) dell’unità d’Italia.
Il puttanesimo non è più una pratica clandestina e cialtronamente tollerata, ma un sistema di reclutamento politico.
I mascalzoni di una volta, quando scoperti, erano mascalzoni e basta. Oggi li si fa ministri per presentarli puliti e degni dinanzi alla coscienza collettiva.
I corrotti del passato, duole dirlo, sapevano cos’erano il senso della sconfitta e l’onore delle armi. Quelli del presente vanno in tv a dire che se il mondo gira in un senso opposto rispetto al loro, è colpa delle leggi che non sono ben sintonizzate col progresso.
Per cambiare non servono partiti, bensì un’unione di dignità. Una rivoluzione silenziosa che spazzi via i consensi immeritati e rimetta le pedine al posto che le regole impongono.
Però in questo momento, purtroppo, non ci sono notizie neanche dello scacchiere.