Cristo Silvio (che non è una bestemmia)

cristo

Antonella Boralevi a Pomeriggio Cinque ha paragonato Berlusconi al Cristo di Antonello da Messina (che è quello nella foto).

Grazie alla Contessa.

Cronista per caso

Per il famoso servizio sul giudice Leonardo Mesiano, la giornalista Annalisa Spinoso si è difesa davanti all’Ordine dicendo, in sostanza, che lei di quel magistrato non sapeva nulla e sostenendo di aver chiesto qualche notizia ai colleghi del Giornale: “Mi dissero che era stravagante”.
Da lì, il tristemente celebre ritratto.
Ho conosciuto la Spinoso e non ho dubbi sulla sua sincerità. Non sapeva nulla. Non sa nulla.

I mostri

donatella papi

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Domenica 22 novembre 2009, ore 17, 15, Canale Cinque. La trasmissione: “Domenica Cinque”.
Donatella Papi, giornalista, “pigmaliona” e “auto-promessa” sposa del pluriomicida Angelo Izzo evoca il calendario Maya, Dante con “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, Dio e sottoposti vari, per nobilitare il suo trasporto (a parole) per Izzo. Ovvero, per infiorettare di boccioli d’arancio quella che a me sembra una trovata all’aroma di sterco per “esserci”, e nell’unico modo in cui si “è” veramente oggi: stare in televisione. Ci è riuscita: siamo a quota due pomeriggi di spazio televisivo nazionale dedicati alla Papi (non al papi), e altri ne verranno.
Ore 17,16, stesso canale, stessa trasmissione.
Barbara D’urso, conduttrice, implora Donatella, con accoramento da sorella maggiore, di rispettare la dignità delle vittime (donne) di Izzo, pur amandolo. Questo, per profumare di bianco giglio quella che, a mio parere, è l’ipocrisia di chi campa di audience: sbatti la sconsiderata in prima pagina, ma falle la predica. C’è riuscita: è già mezz’ora che ospita la Papi e che, ospitandola, tra consigli per gli acquisti vari, si dissocia.
Domenica 22 novembre 2009, ore 17, 40.
Che starà facendo Angelo Izzo nella sua cella? Probabilmente starà sogghignando, come sogghignante ci ha abituati a vederlo nelle udienze di corte d’assise in cui – reo confesso – gli si ricordavano gli assassini commessi. Se voleva diventare più tristemente famoso di quello che è, ci è riuscito, grazie alla tv “d’intrattenimento, divulgazione e approfondimento” così come la intendiamo negli ultimi tempi.
Domanda finale per il montepremi.
Chi è il mostro?

Amarcord palermitano

io vedo cts, giglio

Grazie a Giuseppe Giglio.

Quando c’era la tv dei ragazzi

Marcello Mordino e Ferruccio Barbera
Marcello Mordino e Ferruccio Barbera

Quando ero giovane, il pomeriggio c’era la tv dei ragazzi. C’era “A come avventura”, con la sigla  in cui Joe Cocker cantava She Came In Through The Bathroom Window. C’erano i telefim come “Fantomas”. Le serie come “Happy days”.
Anche le televisioni private, sul finire degli anni Settanta, davano il loro contributo. Quando nell’autunno del 1978 partì “Io vedo Cts”, Palermo scoprì che gli idoli della tv non erano solo quelli che trasmettevano dal Continente. I due protagonisti del programma, Ferruccio Barbera e Marcello Mordino, diventarono presto il mito della porta accanto, luminoso e raggiungibile.
La tv in quegli anni era lo spettacolo per eccellenza. E la fascia pomeridiana era il gioco sicuro. “Non andare fuori che piove”, dicevano le mamme, “guarda un po’ di televisione”. Il piccolo schermo era rifugio e arena: era soprattutto sinonimo di attendibilità. “L’hanno detto in televisione”.
Oggi la fascia pomeridiana, immersa in quel limbo indefinito e ipocrita che la definisce “protetta”, è esattamente l’opposto.
“Pomeriggio Cinque” con Barbara d’Urso è il peggior concentrato di volgarità in cui mi sia mai imbattuto. La perfetta coincidenza tra temi e ospiti, nefandezze e gente nefanda, ne fa un caso che dovrebbe essere affrontato in molte sedi: legale, sanitaria, politica.
“La vita in diretta” con Lamberto Sposini è il peggior concentrato di ingredienti inutili e superflui in cui mi sia mai imbattuto. Chi passa da lì è obbligato a lasciare il cervello fuori dallo studio perché, come i telefoni cellulari, disturba le trasmissioni. Lo stesso Sposini, a forza di entrare e uscire, si è dimenticato di riprenderselo e, forse, di averlo mai posseduto.
Quella degli anni Settanta non era – penso – una tv di miglior qualità. Era semplicemente un luogo dove non c’era il metal detector per i neuroni. Tutto qui.

L’immagine è tratta dal libro “Prove tecniche di trasmissione” di Lucio Luca, Sigma Edizioni.

La dose minima di cronaca

La foto è di Daniela Groppuso
Foto di Daniela Groppuso

La dose di cronaca quotidiana minima consiste, a mio avviso, in due-tre pagine di giornale o, a scelta, in una media porzione di tg delle 13 (quello serale è come i peperoni, per sostanza e orario è a rischio indigestione). Da qualche giorno cerco disperatamente di attenermi a questa prudente posologia, perché lavorando con la scrittura e con il briciolo di creatività di cui la natura mi ha fatto dono, ho notato un certo inaridimento del mio prodotto: più forme geometriche che illusioni, più ragione che cuore, più muscolo che senso.
Con ciò non mi sogno di indicare le geometrie, la ragione e i muscoli come simboli dell’aridità, contrapposti alle fecondità-profondità indiscutibili del cuore, dei sensi e di certe illusioni.
Però mi permetto di indurvi a una riflessione: quanto vi toglie la cronaca?
E’ davvero fondamentale contare i peli ripresi da una telecamera nascosta durante l’amplesso clandestino di un noto esponente politico? O piuttosto può assumere i contorni dell’urgenza il bisogno di storie narrate? Pesa di più un verbale di polizia esclusivo o una pagina di letteratura che può essere letta da chiunque? E’ più nutriente un resoconto giornalistico o una riflessione d’autore?
Certo, messe così, queste domande suscitano una risposta condizionata.
“Cosa preferisci tra un libro e un giornale?”.
“Libro, certo!”. E poi è uno che si addormenta col quotidiano spalmato addosso.
Allora credo che l’unica soluzione sia quella che preveda soltanto la dose minima di cronaca. Cercando di resistere alle deviazioni lisergiche dell’ultimo scandalo della politica italiana e cedendo a quelle suggerite dall’unica persona in grado di toglierci il sonno, scuoterci, ferirci, commuoverci, meritando solo riconoscenza: il nostro scrittore preferito.

Equilibrati ed equilibristi

Pare che il ministro Claudio Scajola, che non ha caso ha un nome che ricorda il becchime, abbia deciso che quella di Annozero è un’informazione spazzatura che va bloccata per legge (o per editto). Nella sua arringa istituzionale Scajola ha ricordato il necessario ruolo di imparzialità della televisione di Stato. Una tv equilibrata o ancora meglio – come il circense Augusto Minzolini ci ha dimostrato – equilibrista.

Tira più un pelo di Garko

corsera

Da Corriere.it.

Grande, grandissimo fratello

Poche parole
di Raffaella Catalano

Apprendo che probabilmente la Endemol deciderà di recludere in casa i partecipanti al “Grande Fratello” per cinque mesi anziché per i soliti cento giorni.
Mi chiedo quale sarà il prossimo passo. Abolire la legge Basaglia e farne un manicomio permanente?

Le domande me le sono inventate io

di Giacomo Cacciatore

Ieri sera c’è stata una piccola “puntata pilota” di regime a Matrix. Alessio Vinci faceva le domande (potrei anche fermarmi qui), Piero Sansonetti “provocava” sulle risposte e Paragone (di “Libero”: il nome non lo ricordo, ma credo che basti il bizzarro cognome) cercava di smontare le “provocazioni” di Sansonetti. Le virgolette non sono casuali. Praticamente il contraddittorio me lo sono inventato io. Nella trasmissione non c’era, e se c’era dormiva.
Lui, come sempre, ne ha dette di tutti i colori. Ammesso che di colori si possa ancora parlare, e non di unica tinta.  Su Raitre, la Dandini intervistava Marina Rei che diceva di ammirare Frida Khalo e la Modotti. Oggi si vota.