I had a dream (again)

 

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

 

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Ho fatto un sogno. Cadeva il governo Berlusconi. Probabilmente in concomitanza con lo iettatorio anno zero del calendario maya, di cui ultimamente parlano molti esoteristi, pensatori e filosofi, compresi Enrico Ruggeri e Donatella Papi. Ma non è che cadesse il governo e basta. Di più. Berlusconi abbandonava il campo. Comunicava ai suoi fedeli – tramite sms, centinaia di migliaia messaggi – un incredibile dato di fatto: “Sono stanco. Ho sbagliato molte cose. Riconosco che ho strafatto in politica. Vado a Panama. Abbiamo scherzato. Da oggi, ognun per sé e Dio per tutti. T.v.b. Cribbio”.
Dice: incredibile davvero. Vabbe’, sennò che sogno è?
Ma questo è l’antefatto. Dovendo scegliere tra le varie e infinite conseguenze di uno tsunami del genere, tra la varia e multiforme massa di relitti e detriti che si lascerebbe dietro una decisione storica di tale levatura – Capezzone che, reclamato da un gorgo fangoso, si riattacca disperatamente alle chiome di Pannella, per dirne una – mi sono concentrato su  una speciale categoria di “papi boys”. I giornalisti. Certi giornalisti. E, sempre in sogno, mi chiedevo: “Dio mio… che fine farebbe Minzolini? E la Setta? E Facci? E Fede?”.
No, forse Fede si salvava: si era già guadagnato un posto alla destra del padre, una gabbietta nell’Arca verso Panama.
Ma loro? Gli altri? Tutti gli altri?
Nel sogno, si rassegnavano al lavoro nei campi. Zappa, melanzane, primizie, ravanelli. Ma non ho fatto in tempo a capire se si trattava di “A come agricoltura”: quindi di un ritorno in Rai sotto forma di baccelli rinati, purificati, freschi di succhi primaverili, senza memoria, con altri nomi. Facciolini. Minsetta. Settolini. O peggio ancora, rinascevano sotto forma di salici piangenti, nel reality “La fattoria”.
L’immagine è sfumata prima, purtroppo o per fortuna, e chi vivrà vedrà.
Che volete? Ho detto che era un sogno, non un incubo.

I mostri

donatella papi

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Domenica 22 novembre 2009, ore 17, 15, Canale Cinque. La trasmissione: “Domenica Cinque”.
Donatella Papi, giornalista, “pigmaliona” e “auto-promessa” sposa del pluriomicida Angelo Izzo evoca il calendario Maya, Dante con “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, Dio e sottoposti vari, per nobilitare il suo trasporto (a parole) per Izzo. Ovvero, per infiorettare di boccioli d’arancio quella che a me sembra una trovata all’aroma di sterco per “esserci”, e nell’unico modo in cui si “è” veramente oggi: stare in televisione. Ci è riuscita: siamo a quota due pomeriggi di spazio televisivo nazionale dedicati alla Papi (non al papi), e altri ne verranno.
Ore 17,16, stesso canale, stessa trasmissione.
Barbara D’urso, conduttrice, implora Donatella, con accoramento da sorella maggiore, di rispettare la dignità delle vittime (donne) di Izzo, pur amandolo. Questo, per profumare di bianco giglio quella che, a mio parere, è l’ipocrisia di chi campa di audience: sbatti la sconsiderata in prima pagina, ma falle la predica. C’è riuscita: è già mezz’ora che ospita la Papi e che, ospitandola, tra consigli per gli acquisti vari, si dissocia.
Domenica 22 novembre 2009, ore 17, 40.
Che starà facendo Angelo Izzo nella sua cella? Probabilmente starà sogghignando, come sogghignante ci ha abituati a vederlo nelle udienze di corte d’assise in cui – reo confesso – gli si ricordavano gli assassini commessi. Se voleva diventare più tristemente famoso di quello che è, ci è riuscito, grazie alla tv “d’intrattenimento, divulgazione e approfondimento” così come la intendiamo negli ultimi tempi.
Domanda finale per il montepremi.
Chi è il mostro?

Amore e psiche

Donatella Papi ha appena detto davanti alle telecamere di Studio Aperto che ama Angelo Izzo “perché lui è intelligente, è profondo, è umano e perché si è sacrificato tanto”. Insomma, una vita di sacrifici. Umani.

Grazie alla Contessa.