Italia 1… schifo

di Raffaella Catalano

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Io sto con Mesiano.

Il cacciatore di orchi

angeli e orchi

La prima delle dieci storie che compongono il libro richiama la caparbietà, l’ultima l’improvvisazione. Nel mezzo c’è tutta una vita passata a inseguire criminali, a sforzarsi di rimanere uomo tra le bestie, a vergare appunti per fermare i ricordi. Ora quei fogli sono diventate pagine di un libro. Un libro che lui, Nicolò Angileri, poliziotto in servizio a Palermo presso la Sezione specializzata in reati commessi contro i minori , ha scritto con Raffaella Catalano.
Angeli e Orchi
(Dario Flaccovio editore, 178 pagine, 12 euro) è un appassionante resoconto di vite al crocevia, in cui il lieto fine è dettato dal semplice istinto di sopravvivenza e l’orrore è stato depurato dalla morbosità. E’ una testimonianza che è anche atto d’accusa, senza orpelli sanguinolenti.  E’ soprattutto un atto d’amore nei confronti dei bambini e una dichiarazione di guerra alla pedofilia.

Domani alle 18 il libro sarà presentato a Palermo, al Circolo ufficiali, in piazza Sant’Oliva 25. Interverranno: Giacomo Cacciatore, la psicologa Angela Maria Ruvolo, il magistrato Alessia Sinatra e Ficarra &Picone (che hanno firmato la prefazione).

L’uomo che si fece re e pedina

Stasera a Palermo si presenta “Il mago dei soldi”, una docufiction su Giovanni Sucato realizzata dal sottoscritto insieme con Giacomo Cacciatore e Raffaella Catalano e prodotta da “S” e “Novantacento”. L’appuntamento è alle 21,30 a villa Filippina.

di Giacomo Cacciatore, Raffaella Catalano e Gery Palazzotto

Abbiamo scelto di occuparci della vicenda di Giovanni Sucato con lo spirito di chi voleva guardare la Sicilia da un’angolazione inconsueta. Sono i piccoli fatti di cronaca che, a nostro parere, completano il quadro d’insieme di un grande fenomeno criminale come quello di Cosa nostra. Questa non è una storia di leggendarie latitanze e di superboss dalle strategie imperscrutabili. E’, per così dire, una storia dal basso. Non volevamo puntare i riflettori su protagonisti noti perché la storia, spesso, la scrivono anche i comprimari. E perché le situazioni minori sono paradigma di scenari più vasti: ne ripetono i meccanismi, ma offrono uno spunto di interesse in più, perché consentono di far emergere dal passato fenomeni e personaggi dimenticati, che comunque hanno segnato epoche, costumi, economie, vite. Inoltre, la vicenda Sucato rappresenta una parabola davvero singolare: quella di un personaggio atipico, un self made man alla siciliana che da solo si è fatto re e pedina.
Parlare di mafia attraverso il percorso del mago dei soldi significa abbracciare cronaca e sogno, psicosi collettiva e ipnosi mediatica. Significa attraversare tutti gli strati sociali dell’isola, aggiungendo la dimensione che manca allo schematismo con cui spesso si ricostruiscono le guerre tra clan. Significa estrapolare dalla manifestazione macroscopica il dramma privato.
Senza trascurare l’interesse narrativo che la vita e gli affari di Giovanni Sucato offrivano.
Coinvolgere, spremere e trascinare esistenze, in Sicilia, è in genere una prassi dell’organizzazione mafiosa. Raramente è accaduto il contrario, cioè che un singolo uomo – addirittura un ragazzo, in questo caso – abbia coinvolto e trascinato pezzi di Cosa nostra. Seppur pagando il solito, ineluttabile conto.

Tutti per uno?

 

La vignetta è di Gianni Allegra
La vignetta è di Gianni Allegra

di Raffaella Catalano

In contemporanea con la manifestazione per la libertà di stampa (diretta su Sky Tg 24) con circa 150.000 persone in piazza, al Tg 4 delle 15.55 Fede trasmetteva un servizio su giornalisti dissenzienti, da lui definiti solennemente “la stampa”. Erano quattro o cinque. Solo del primo è stato mandato in onda il nome, con un doveroso sottopancia. Era del Giornale. Degli altri sparuti intervistati, nessuno, dico nessuno, aveva un’identità dichiarata. Solo facce (e parole) anonime. Come mai? Di solito, ogni tg fornisce il nome degli interpellati, spesso anche quando si tratta di cittadini comuni e sconosciuti. In questo caso no.
E’ lecito un dubbio: erano tutti del Giornale e/o di testate care a Berlusconi?

Basta la parola

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Una meravigliosa autich (o autique?) scovata a Palermo da Raffaella Catalano.

Il dolce forno del premier

Poche parole

di Raffaella Catalano

Avrete letto di Silvio Berlusconi e delle sue presunte orge, in gergo dette “torte”.
Trovo che in questo dolce ci sia un ingrediente molto indigesto: il fatto che, sulla torta, la ciliegina sia il presidente del consiglio.

“Forte”, non “buona”

Poche parole

di Raffaella Catalano

Mi pare pretestuoso il trionfalismo di Berlusconi e dei suoi accoliti riguardo all’atteggiamento di Obama nei confronti del nostro premier. Il presidente americano ha parlato di Silvio solo in termini di “leadership forte”. “Forte” non è un giudizio di merito: né buono né cattivo. Mi è sembrata una valutazione molto diplomatica, quella di Obama. Soprattutto che non creasse dissapori e scompiglio in una terra martoriata come l’Abruzzo. Sarebbe stato inopportuno.
Ma di leadership forti il mondo, nel corso della storia, ne ha conosciute tante. Anche molto dannose. Non dimentichiamocelo.

Grande, grandissimo fratello

Poche parole
di Raffaella Catalano

Apprendo che probabilmente la Endemol deciderà di recludere in casa i partecipanti al “Grande Fratello” per cinque mesi anziché per i soliti cento giorni.
Mi chiedo quale sarà il prossimo passo. Abolire la legge Basaglia e farne un manicomio permanente?

Assicurazioni

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Poche parole

di Raffaella Catalano

Il sottosegretario all’emergenza rifiuti Guido Bertolaso giungerà oggi a Palermo, dove presiederà in Prefettura un vertice con tutte le istituzioni interessate. Lo stesso Bertolaso ha dato assicurazione della sua presenza al sindaco di Palermo, Diego Cammarata.
Staremo a vedere se il sindaco di Palermo darà assicurazione della sua presenza a Bertolaso…

Sobrietà

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Poche parole

di Raffaella Catalano

Il correttore ortografico di Word è sobrio. Anzi astemio.
Non contempla molte voci del verbo “bere”. Provate, per esempio, a scrivere “beviamo”, “bevete”. Li segna come errori rossi.
E non gli piace nemmeno il caffè. Soprattutto non lo ama corretto (anche se in questo caso la grappa non c’entra). Tant’è che propone di scriverlo – sbagliando – con l’accento acuto.
E’ grave. Sì, quell’accento su “caffè”. Ma anche e soprattutto il fatto che un correttore funzioni così, in un programma che costa quanto costa.