Palermo è in difficoltà

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Il vecchio gioco non regge più. Il refrain della “città bella nonostante tutto” che attrae turisti e consola i più ottimisti tra i palermitani è solo l’eco lontana di una giustificazione che piaceva, ci piaceva. Palermo “bella nonostante tutto” era bella sin quando quel “nonostante tutto” non è diventato invadente, grottesco. Oggi la città soffre talmente da non opporre quasi più resistenza: e sappiamo bene che dalle nostre parti la rassegnazione è, nel migliore dei casi, una pericolosa forma di difesa, quella che più facilmente cede alle scorciatoie del qualunquismo, alle tentazioni del rimpianto nei confronti di chi non merita rimpianto. Al di là del traffico, dell’immondizia, delle bare senza sepoltura, la vera crisi di Palermo è nella visione di chi la amministra. Una visione novecentesca che procede (quando procede) per compartimenti stagni. Invece no, la città del futuro, come una grande azienda o come un consesso di teste pensanti, deve superare questa logica di guerra tra uffici, di barricate in consiglio comunale che rimandano più a un film dei Monty Phyton che a un dibattito politico o a un suo surrogato. La distanza della politica rispetto alle persone può essere accorciata soltanto se, ad esempio, la politica la smette di usare delibere (che sono atti importanti per la vita di una comunità) come strumento di guerra e capisce che la paralisi amministrativa non è più, come un tempo, uno stratagemma per gestire potere, ma un’offesa alla cittadinanza. Insomma una nuova visione, realistica e lungimirante, deve tener conto dei tempi che non sono più quelli del “nonostante tutto”. Niente più ardite scommesse, servono scelte consapevoli. Niente più politica dei piccoli passi, servono falcate.    

Tassa sui rifiuti come atto di fede

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Mettetela come volete, ma oggi come oggi la tassa sui rifiuti a Palermo tutto è tranne che una tassa per un servizio. Con l’azienda al collasso, la raccolta differenziata a singhiozzo e le strade che di certo non brillano, il pagamento della Tari suona sempre più come una beffa che anticipa il danno, come un piccolo monumento domestico alla sfiducia. Quello dell’immondizia è il problema dei problemi, e al confronto il traffico è roba da vetusta ironia cinematografica. Perché al di là dei numeri da pallottoliere dei mezzi in funzione e del sempiterno scaricabarile tra Comune e Regione, c’è una causa di una banalità disarmante alla base di tutto: la Rap è una macchina scassata e non dobbiamo mai dimenticare che anche il miglior pilota finisce in panne quando il motore lo manda a quel paese. Ingenuamente in tutti questi anni abbiamo visto sfilare amministratori di ogni casacca sperando che ogni volta fosse quella buona. Ci siamo persino rimbecilliti dinanzi al concetto del “fedelissimo”: ora arriva tal dei tali, che è un fedelissimo del sindaco, come se il risultato dipendesse da un vincolo di lealtà tra due persone. Invece no, i rifiuti e il mondo di interessi che gira intorno allo smaltimento non hanno nulla a che fare col sentimento. Sono un delicatissimo mix tra business e civiltà, sicurezza e decoro, legalità e lungimiranza. Ecco perché ormai, dopo anni di fallimenti, di inchieste, di trincee, di walzer di poltrone, di fetore e delusioni, il pagamento della Tari è un atto di fede. Una fede che comincia dove la ragione finisce, ma che poco si fonda sulla volontà di chi crede: insomma più Kierkegaard che Sant’Agostino, tanto per stemperare nei massimi sistemi le minime questioni di sacchetto e cassonetto.

L’assessore che governa on demand

L’articolo di oggi su Repubblica.

L’assessore regionale ai rifiuti Vincenzo Figuccia lancia un contest su Facebook: “Meglio Brescia o Vienna pulite attraverso impianti e nuove tecnologie o Catania e Palermo ‘ngrasciate con le discariche e la differenziata con numeri da prefisso telefonico? Aspetto idee e pareri di cittadini e di esperti in una logica di cittadinanza attiva, di condivisione e ampia partecipazione”. Bene, oggi la condivisione e l’ampia partecipazione sono sempre ben accette, il populismo un po’ meno soprattutto in un settore, come quello dei rifiuti, che da sempre ha scatenato gli appetiti delle organizzazioni criminali. Il problema delle scelte strategiche on demand è che non sono né scelte né strategiche per un semplice motivo, manca il metodo di valutazione: come pensa di vagliare “idee e pareri”, l’assessore Vincenzo Figuccia? Per numero di “mi piace”? Per alzata di mano? Per efficacia di foto profilo? O magari per originalità dei commenti: si va dall’esempio svizzero a quello tedesco, dagli altiforni ai tavoli comunali, dal “bravo!” al “continua così!”. Continua così, come? Aspettiamo idee e pareri di lettori ed esperti.

Sono bollito

Bollito dal caldo come sono, l’altro giorno sono incappato in un lapsus su Repubblica Palermo e sul blog  Trentarighe: ho scritto Amia anziché Rap, confondendo le due società per la raccolta dei rifiuti a Palermo. Bollito io, d’accordo. Ma bolliti anche tutti i lettori che non se ne sono accorti (tranne Pietro Galluccio che stanotte mi ha mandato un sms)? Sono propenso a pensare di no. Forse la verità è un’altra: c’è talmente poca differenza tra il servizio inefficiente della vecchia Amia e il servizio inadeguato della nuova Rap, che le sigle diventano insignificanti. Comunque lo si chiami, un problema irrisolto è sempre un problema irrisolto. E io sono comunque bollito (e mi scuso).

Pasqua tra i rifiuti

Foto di Mike Palazzotto
Foto di Mike Palazzotto

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Chiariamo un punto fondamentale: alla Rap il braccio di ferro non è tra sindacati e azienda, ma tra sindacati e cittadini. E anzi manco di braccio di ferro si tratta poiché i cittadini non hanno nessun modo di far valere la propria forza. Il che derubrica la protesta pasquale dei netturbini palermitani a sopruso bello e buono. Lo scenario apocalittico, con una Palermo che rischia di trovarsi stracolma di immondizia proprio nel momento in cui arrivano migliaia di turisti, suggerisce una chiave di lettura che nulla ha a che fare col sindacalese biascicato da certi caporioni dell’azienda per la raccolta dei rifiuti: solo chi odia una città può decidere di usare una vertenza come un’arma impropria. I cassonetti che rigurgitano sacchetti puzzolenti sotto il primo sole di Pasqua sono infatti una coltellata all’immagine della città. (…) La sporcizia pubblica, nell’era della civiltà interconnessa, della rivoluzione social, del tutto ora e adesso, è ontologicamente contro quella che anticamente si chiamava evoluzione, poi si chiamò progresso e oggi si chiama sviluppo sostenibile. A questi signori della Rap, che di certo avranno i loro buoni motivi per protestare ma che, usando un metodo pessimo, ce li rendono drasticamente irrisori, andrebbe spiegato che il loro lavoro, umile e faticoso, è in realtà preziosissimo. Una città pulita è una città più soddisfatta. Un marciapiede lindo può essere la pista di atterraggio di mille sentimenti, di grandi idee, di piccole felicità. Invece c’è chi lo vuole sporco, ridotto a un campo di battaglia dove una parte combatte e l’altra rimane indifesa e attonita.

La strada chiusa per lo schifo

via palatucci chiusa per immondizia
Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Chiudere una strada a causa dell’immondizia è come cercare di sopravvivere all’acqua alta cominciando a bere il mare: una resa malamente travestita da rimedio.
Accade nel cuore residenziale di Palermo, non nella periferia depressa o in un budello del centro storico.
Da ieri via Palatucci è ufficialmente vietata al traffico: un guard rail blocca l’ingresso alle auto e, pochi metri dopo, una trincea di immondizia alta un metro blocca il passaggio di qualunque essere umano, perché un ostacolo di metallo si scavalca, un ammasso di fetenzìe si sfugge. Ed è proprio in questo rapporto tra leggi (fisiche e penali) e istinto di sopravvivenza che si verifica il corto circuito che dà origine a un black-out di civiltà senza precedenti. Continua a leggere La strada chiusa per lo schifo

L’arte di trasformare i rifiuti in stipendi

RIFIUTI PALERMOUn estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Voi non ci crederete, ma a Palermo l’immondizia non esiste. Quella che vedete lungo le strade, nei parchi urbani, ai piedi dei monumenti non è spazzatura, ma un simbolo di ricchezza, un simulacro di opulenza. Non si spiegherebbe altrimenti la passione con cui molti palermitani si dedicano all’accumulo pubblico di questa risorsa: si sporca perché qualcuno raccolga, in un circuito virtuoso in cui la mano che getta la cartaccia per terra sta in realtà garantendo il posto di lavoro di chi dovrà raccoglierla. In questo quadro di perfetta cooperazione sociale che vede il cumulo di sacchetti puzzolenti come luogo di congiunzione tra domanda e offerta, non c’è da stupirsi se il servizio che deve garantire la gestione dei rifiuti a Palermo ha un costo elevato. Anzi il più elevato d’Italia, 207 euro pro capite contro 158 della media nazionale. Qui si lavora di fino, mica si scherza.
Ve l’immaginate una città finalmente pulita? Migliaia di ramazze orfane, la crisi di astinenza da emergenza ambientale (il fumo del cassonetto dà dipendenza come quello di tabacco e però costa meno), il crollo dell’ideologia madre dell’Amia (“grazie ai rifiuti si mangia benissimo, specialmente all’estero”).
No, la nuova bolletta che i palermitani dovranno pagare per lo smaltimento dell’immondizia non è affatto salata se si considera anche l’attenzione con la quale la Rap si deve occupare della cosiddetta differenziata: il cittadino che deve tenersi in casa per una settimana carte, cartacce, cartoni, plastica, metalli, tipo soggetto affetto da sindrome di accumulo compulsivo, non si distacca così facilmente dalle sue cose. E lì interviene l’operatore ecologico all’avanguardia, un po’ psicologo e un po’ amicone, che quelle cose gliele lascia lì, davanti all’uscio, così fetidamente rassicuranti.
(…)
Da Cartesio ai giorni nostri, una nuova certezza indubitabile si fa largo tra la preziosità del maleodorante e il valore del provvisorio. Lì dove un tempo si inorridiva, oggi si gioisce. Vomito ergo sum

 

Sorpresa, l’immondizia non ha le ali

Immondizia favorita palermo
Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

E’ una questione di coscienza. Cioè di quel campanellino che suona in noi quando, pur essendo soli, agiamo come se qualcuno ci stesse sorvegliando.
L’immondizia non ha né i piedi né le ali quindi se la si abbandona in un parco, il cassonetto non se lo va a cercare da sola. Eppure, per assoluta ed endemica mancanza di coscienza, molti palermitani sono convinti del contrario.
Prendete quel che è accaduto in questi giorni alla Favorita, giorni di festa, di abbuffate e di pic-nic. Il parco che in molti vorrebbero restituito alla città, è stato preso in ostaggio dalla solita orda di barbari che nessuna amministrazione comunale, nessuna truppa di polizia urbana, nessuna campagna di stampa è mai riuscita a scalfire.
Gli Unni della Conca d’Oro si confondono tra i gitanti perbene e, come loro, calano alle prime ore del giorno armati di piatti di plastica e carbonella. Ma la loro missione di conquista, al contrario di quel che si potrebbe immaginare, non è rivolta alle zone più belle del parco, quelle più nascoste, più panoramiche. No, costoro mirano ai ritagli di verde vicini alla strada, alle aiuole dei pochi parcheggi, ai fazzoletti di terra a tiro di scappamento. Perché il loro vero obiettivo è la scampagnata in compagnia dell’auto. Continua a leggere Sorpresa, l’immondizia non ha le ali

Il sogno (impossibile?) di una città pulita

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Un occhio elettronico spierà tra ramazze e sacchetti, conterà le pause sigaretta, ci dirà se il lavoratore è bravo o no, se la strada è pulita o sporca. La telecamera che il sindaco Leoluca Orlando vuole puntare sui dipendenti della Rap e della Gesip per combattere assenteismo e pigrizia, inciviltà e menefreghismo, però rischia di rivelarci anche una verità amara: una città che è costretta a vigilare in modo scientifico su un servizio fondamentale come quello che deve garantire la pulizia degli spazi collettivi, ha molto da interrogarsi.
Dopo il dipendente della Gesip, lo spazzino pubblico è sempre stato nell’immaginario del cittadino palermitano il simbolo dell’inazione. Solo che, prima con l’Amnu e poi con l’Amia pre-Cammarata, la percezione del disagio era attutita da una situazione finanziaria ancora fluida e non drammatica. Quando esplosero gli scandali della gestione Galioto e soprattutto dopo che l’Amia fu sepolta sotto una valanga di debiti, la figura già irritante del lavoratore che non lavora divenne insopportabile, un simbolo di ingiustizia. Continua a leggere Il sogno (impossibile?) di una città pulita

Una discarica molto naturale

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Palermo, Parco della Favorita, oggi alle 13,30. Per chi non lo sapesse si tratta di una zona che è riserva naturale orientata. Orientata verso la sua naturale vocazione di discarica.