Quello che mi convince di Beppe Grillo

A parte le frasi folkloristiche sui missili e sulla morte dei politici, due o tre di cose che ho ascoltato di Beppe Grillo nel suo comizio di Parma sono più che giuste, talmente scontate da sembrare banali.
Ad esempio nessuno ha pensato di mettere realmente mano alla semplificazione delle leggi, nonostante ci sia una sorta di ministero ad hoc. Grillo, da buon affabulatore, spiega che se una legge non si capisce, ha in sé un trucco. E ha ragione: basti pensare al groviglio di norme fiscali o ai capitoli di una finanziaria. Perché nessuno ha mai pensato di togliere le astrusità dai codici e scrivere in buon italiano?
Altro argomento sono i costi della politica. Tutta roba già detta, già sentita. Ma Grillo può vantare il successo dell’esperimento siciliano, in cui i suoi deputati hanno girato alla Regione la stragrande parte del loro compenso. Chi lo aveva mai fatto prima?
Infine i controlli fiscali con la presunzione di colpevolezza del contribuente. Vi ricordate quando ci dissero che “pagare le tasse è bello”? Ora ci vogliono convincere che non solo è meraviglioso dissanguarsi, ma è eccitante essere trattati da evasori sino a prova contraria. No, tuona Grillo (a ragione): non è lo Stato che deve chiedere al cittadino come spende i suoi soldi, ma esattamente il contrario.
Come vedete sono tutti temi elementari, che potrebbero stare alla base di ogni programma di ogni partito. Chi si sognerebbe di dire che le leggi devono essere scritte in modo incomprensibile o che è bene che i partiti costino milioni e milioni di euro?
Grillo ha dalla sua parte la linearità, anche violenta, dei ragionamenti: se rubi sei un criminale e non puoi stare al governo; se sei giovane, sei più forte di un vecchio; se un movimento a costo zero diventa una forza politica, vuol dire che la politica può essere fatta a costo zero.
Al momento, pur avendo in passato mosso critiche a Beppe Grillo, non ho sentito proposte più convincenti.

Band of bandits


Da appassionato di musica mi sono chiesto: se, con la massima libertà, dovessi paragonare una formazione politica a una band, come mi comporterei? Ci ho dormito su un paio di notti e poi dal taccuino accanto al comodino sono venuti fuori questi accoppiamenti.
Giudicate voi.

PdlDuran Duran: in fondo c’è un brano per ogni stagione.
Pd Simon & Garfunkel: si sta sempre un passo indietro rispetto all’entusiasmo.
Movimento 5 stelleMuse: la tecnologia aiuta, eccome.
Lega NordStatus Quo: l’ignoranza purtroppo non è un freno.
Udc Gipsy King: ne esistono in giro una decina di versioni ufficiali.
Fli Lynyrd Skynyrd: la fortuna sta nella loro disgrazia.
Agenda Monti per l’ItaliaSteve Miller Band: il solista si è fatto banda, e non è finita…
Rivoluzione Civile Art of Noise: poca musica, molto noise.
Italia dei valori Steely Dan: uno solo suonava, gli altri a scrocco.

Faccione bronzeo

Alle ultime elezioni regionali avevo votato Pd perché ritenevo pericolosa l’ascesa dell’Mpa di Raffaele Lombardo e perché non mi piaceva lo strapotere del centrodestra. Sapevo e/o temevo che il centrosinistra non ce l’avrebbe fatta, ma speravo in un’opposizione magari non proprio eroica ma tenace.
Lombardo vinse e il centrodestra col quale doveva governare finì presto all’opposizione soppiantato dal Pd, il mio partito, che si alleò con colui il quale non avrei mai votato.
Ieri ho visto i manifesti di uno di questi dinosauri della sinistra, un  professionista dello scranno, uno che se non facesse il deputato regionale non avrebbe come campare. Si candida di nuovo e promette battaglia, coerenza e blabla contro l’Mpa, contro il centrodestra.
Questo signore ha un faccione tondo e colorito. Sembra bronzo.

L’arte di annoiare

Bersani e Grillo si contendono uno spazio a sinistra. La Russa, Storace e Fini sgomitano per lo stesso motivo, ma dal lato opposto. Basterebbe solo prendere in considerazione il peso specifico dei personaggi per desumere la vacuità di concetti come destra e sinistra, che appartengono a un passato in cui la politica era ancora fatta di idee più che di posizioni da occupare. E oggi che i posti a sedere sono esauriti, ci si accapiglia per uno sgabello, per uno strapuntino nell’arena dei privilegiati. 
Berlusconi ci ha insegnato l’arte dell’invenzione nel rapporto tra governo e cittadini. Tutti gli altri, sopravvissuti e/o complici, l’hanno applicata a se stessi senza nemmeno prendersi la briga di dare un titolo nuovo allo spettacolo. Che a destra e a sinistra è quindi irrimediabilmente, inesorabilmente, tristemente uguale.

Contenti loro

Il meccanismo è tanto semplice quanto perverso. Un politico legge il giornale, magari si incazza e scrive la sua su Twitter. Al giornale, se sono svegli (non nel senso di attenti, ma proprio se sono in stato di veglia) raccolgono la battuta e la pubblicano l’indomani innescando una nuova tornata di reazioni che attraverseranno il web per approdare con enorme ritardo alla carta stampata.
Il risultato è duplice. Da un lato il politico, le cui dichiarazioni non sono più filtrate da un addetto stampa, sarà sempre più esposto al rischio corbelleria, dall’altro il giornale pubblicherà notizie sempre più vecchie.
Il fenomeno non è nuovo, ma quasi tutti si sono messi d’impegno per ignorarlo. Contenti loro.

Contrordine, i lettori del web non sono scemi

Appare sempre più decisivo il ruolo del web nei meccanismi di diffusione della notizia. La recente tornata elettorale ci ha dimostrato – ma non ce n’era bisogno – che la partecipazione diretta dei cittadini alla consultazione e al decrittamento dei dati del voto produce ricchezza informativa. I lettori del web non sono, come qualcuno ormai in minoranza vorrebbe fare credere, meno prudenti di quelli della carta stampata. Sono solo più fortunati perché hanno più mezzi per accedere alle infinite stanze della realtà. Continua a leggere Contrordine, i lettori del web non sono scemi

Il cittadino testimone

L’ultima moda tra i cultori delle ultime mode è il liveblogging (o il livetwitting) degli avvenimenti di cronaca, soprattutto di politica. Sono moltissimi i giornalisti che raccontano la riunione di partito o la presentazione di un candidato con flash di 140 battute al massimo.
In realtà questa pratica è ben conosciuta dai blogger più scafati. E ha una controindicazione pericolosissima: rivela in modo immediato la competenza dell’autore.
Sin dalle scuole elementari ci insegnano che il riassunto è una cosa complessa, spesso più del tema dove parole e frasi non si contano.
Il liveblogging ovviamente non è giornalismo, chiunque può farlo. Anzi credo che un non giornalista abbia una maggiore agilità mentale per fotografare un evento su Twitter senza necessariamente impelagarsi nell’interpretazione, nell’obiezione, nell’orpello stilistico.
Il cittadino testimone è anche una bella immagine metaforica, no?

Mi levo le mutande perché c’è un discorso politico

Mi levo le mutande perchè c’è un discorso politico da portare avanti.

Sara Tommasi a Libero (come dire Maometto e la montagna).
Sarebbe rassicurante immaginare, dietro simili dichiarazioni, un’intelligenza strategica, un guru della comunicazione che ci prende in giro, tutti quanti.
Invece Sara Tommasi fa tutto da sola. E’ un’enciclopedia vivente della stupidità, non sua ma del sistema che le dà ogni giorno nuova aria per i denti.

Comunisti

Dal suo lupanare dorato, Silvio Berlusconi torna a indicare la sua pubblica priorità (di quelle private sappiamo tutto a memoria): la lotta contro i comunisti.
Questa fissazione nel combattere un nemico che non esiste più ricorda l’esperienza di quel soldato giapponese che rimase nascosto per 28 anni nella giungla credendo che la guerra non fosse mai finita. Solo che lì c’era un misto di ingenuità, senso della patria e strane convergenze astrali. Nel nostro caso c’è tutto l’opposto, furbizia, egoismo, premeditazione.
Per fortuna la ruota gira e oggi Berlusconi può esercitarsi come vuole nel teatrino della politica. Magari dopodomani lo vedremo giocare in una delle sue tenute col fucile a tappi di sughero e le sagome cartonate di Bertinotti e Occhetto. E sarà il momento in cui verificheremo il nostro livello di attenzione: neanche in quel momento si dovrà essere tentati di sottovalutarlo.

Celentano cantante e basta

Da più parti, a sinistra, viene invocato periodicamente il ritorno in tv di Adriano Celentano (ieri ne ha parlato anche Santoro, che è uno dei big sponsor del rientro del molleggiato).
A me Celentano piace, e molto, come cantante. E non credo che la sua vena artistica abbia subito alcuna costrizione da parte dei recenti governi. Se poi devo esprimermi sulle performance televisive del Celentano opinionista, allora sarò categorico: non è roba sua. I silenzi in tv non hanno mai raccontato nulla (a parte i radicali imbavagliati di vent’anni fa), men che meno i suoi. Il chiacchiericcio sull’ecologia e sulla pulizia della politica vale quanto il dibattito dopo la moviola: inutile recensire il latte versato, meglio darsi da fare e pulire i fornelli. Continua a leggere Celentano cantante e basta