Cosa ti piace di lui?
“La semplicità…”.
Così la fidanzata di Gianluca Vacchi intervistata da Libero aggiunge una categoria alle “Lezioni americane” di Calvino. La semplicità.
Seguono alcuni esempi di calviniano rigore.
Cosa ti piace di lui?
“La semplicità…”.
Così la fidanzata di Gianluca Vacchi intervistata da Libero aggiunge una categoria alle “Lezioni americane” di Calvino. La semplicità.
Seguono alcuni esempi di calviniano rigore.
Renato Farina, il personaggio radiato dall’Ordine dei giornalisti per aver pubblicato notizie false su commissione dei servizi segreti italiani, condannato per favoreggiamento nel caso Abu Omar nonché per falso in atto pubblico dopo aver introdotto in carcere (durante una fondamentale visita a Lele Mora) una persona che non ne aveva titolo, è naturalmente anche un deputato della Repubblica: ci mancherebbe altro, con questo curriculum.
Come sapete Farina è anche il protagonista occulto, o meglio vigliacco, del caso Sallusti cioè l’autore anonimo dell’articolo incriminato. Solo l’altro giorno, dopo molti anni trascorsi a rintanarsi sotto gli impermeabili degli agenti del Sismi, il nostro personaggio ha trovato il coraggio di ammettere le sue responsabilità quando ormai la frittata era fatta.
E’ insomma uno che della segretezza storta, del trasversalismo bieco e della doppiezza, ha fatto uno stile di vita. Per questo, spulciando nella sua attività di parlamentare, mi ha colpito una delle sue più recenti interpellanze, dedicata alla pubblicazione delle carte segrete del Papa. Prendendo spunto da articoli del Corriere della Sera e del settimanale Sette, l’infarinato Farina tuona contro “tali notizie di stampa”… che “danno conto di patenti violazioni della segretezza delle comunicazioni private e della pubblicazione di documenti riservati di uno Stato amico”.
Tutto chiaro?
L’esperto della disinformazione a pagamento – perché i Servizi lo pagavano per pubblicare falsità, secondo sua stessa ammissione – se la prende con l’informazione ordinaria. E lo fa firmando un atto pubblico, in veste di rappresentante dei cittadini.
Se nessuno ancora ha il coraggio di prenderlo a calci in culo, è provato che siamo un Paese senza speranza.
Mi levo le mutande perchè c’è un discorso politico da portare avanti.
Sara Tommasi a Libero (come dire Maometto e la montagna).
Sarebbe rassicurante immaginare, dietro simili dichiarazioni, un’intelligenza strategica, un guru della comunicazione che ci prende in giro, tutti quanti.
Invece Sara Tommasi fa tutto da sola. E’ un’enciclopedia vivente della stupidità, non sua ma del sistema che le dà ogni giorno nuova aria per i denti.
Quando un giornale fa un sondaggio del genere persino lo stracotto Celentano risulta insipido. Eppure non c’è nessun appello da fare contro quelli di Libero. Semmai c’è da affidarsi alla buona creanza dei suoi lettori. Che possono decidere se spegnere o meno una voce così volgare.
Maurizio Belpietro mette nero su bianco quel che ieri nemmeno Angelino Alfano aveva il coraggio di dire. E cioé che esiste un filo logico che unisce le sorti del premier con quelle della nota ragazzina americana. I giochi a sfondo sessuale, direte voi. No, il fatto di essere finiti davanti ai giudici. E allora perché non “Silvio come Rudy Guede”?
Patrizia D’Addario rivela a Libero di essere stata costretta dal suo avvocato a fare le rivelazioni piccanti sui suoi incontri sessuali con Silvio Berlusconi. E’ atteso per le prossime ore un rimpasto nel governo.
Da anni cerco qualcuno o qualcosa che mi convinca del fatto che, in fondo, è giusto liberare un assassino.
Al momento però fin quando non mi verrà puntata una pistola alla schiena – vivendo in Italia e non in Brasile – nessuno riuscirà a estorcermi una folle intenzione: resto dell’idea che un delitto è un delitto a qualunque latitudine. Insomma, tra gli ideologi di una sinistra complottista e i parenti delle vittime scelgo quest’ultimi.
C’è una storia che non è nuova, ma che è passata quasi completamente sotto silenzio: ne parlo solo oggi perché proprio ieri un caro amico e collega me l’ha riportata alla mente.
Nel dicembre scorso Maurizio Belpietro scrisse un editoriale su Libero in cui rivelava che un killer della criminalità pugliese era pronto a uccidere Gianfranco Fini. Pur tra diversi distinguo, Belpietro dichiarava di fidarsi della fonte che gli aveva fatto la soffiata e aggiungeva che nel piano criminale era previsto che l’omicidio fosse attribuito in qualche modo ai berluscones. La notizia ebbe l’eco che meritava anche sugli altri giornali.
Un mese fa si è scoperto che tutta la vicenda era una bufala. La misteriosa fonte di Belpietro era un imprenditore di simpatie pidielline che aveva architettato il tutto per dimostrare la fallacità dei controlli sulle notizie e anche per strigliare quelli di Libero per il trattamento riservato al presidente della Camera.
In pochi ne hanno parlato. Sui giornali la notizia è stata relegata alle pagine interne e in tv non ne ho registrato traccia. Belpietro è ancora al suo posto, nessuno gli ha chiesto conto e ragione del suo errore (si spera in un sussulto d’orgoglio dell’ordine dei giornalisti). L’imprenditore ha raccontato candidamente il suo piano ai magistrati e rischia l’incriminazione per procurato allarme (insieme al giornalista).
Siamo un Paese in cui il primo che si sveglia con un’idea balzana, chiama il direttore di un quotidiano a tiratura nazionale e, senza passare attraverso nessun filtro, ottiene lo spazio che l’ideologia nella quale sguazza il giornale in questione gli assegna in modo acritico.
Ho un’agenda telefonica ben aggiornata, da domani comincio a fare qualche esperimento. Si accettano consigli.