Pare

Pare che tra le carte dei pm napoletani coperte ancora da segreto ci sia un’intercettazione del premier che ha qualcosa a che fare con le dimissioni di Jürgen Stark dalla Banca centrale europea. E non è nulla che riguardi i titoli di Stato o l’economia in genere. Pare.

Programma di governo

Ciò che dovrebbe stupire dell’affare Ruby-Papi-Berly non è l’aspetto economico-sessuale – con un anziano ricco, presuntuoso e potente che fa la parte dell’anziano ricco, presuntuoso e potente – ma l’occupazione fisica della poltrona.
Dire “non mi dimetto e non rispondo ai magistrati” quando si è chiamati a spiegare non solo ai giudici ma ai cittadini, equivale a compiere un atto di totalitarismo. Silvio Berlusconi può rivendicare il suo diritto a sfasciare l’Italia, ma non può pretendere di farlo col consenso degli italiani che lo hanno eletto senza sapere delle sue imprudenze, della sua spericolatezza sessuale, delle sue baggianate, delle sue frequentazioni.
Invece in questo Paese stravolto nelle regole e nella morale si pretende una sorta di soddisfazione collettiva dinanzi al delitto, che in realtà è propria del delinquente perverso o dell’astante deviato.
C’è un però, piccolo e sottovalutato dalla maggioranza politica: l’Italia non è fatta (solo) da delinquenti e psicopatici.

Avvertenza per i lettori distratti

La ministra Carfagna minaccia le dimissioni parlando di volgarità. Uno pensa al governo di cui fa parte e tira un sospiro di sollievo: finalmente! Poi si scopre che non si riferisce alle volgarità “istituzionali” di cui tutto il mondo parla, ma a questioni sue, elettorali, a roba campana.

Il ministro del troppo lavoro

Sono veramente sconcertato, per non dire schifato, dall’idea che ci possa essere uno sciacallaggio politico che chiede le dimissioni del ministro Bondi per un crollo a Pompei, imputandolo a lui. Mi fa ridere che quelli che non si dimisero per il crollo del muro di Berlino oggi vogliono le dimissioni di Bondi per il crollo di un tetto.

Il ministro Sacconi in un sol colpo ha fatto strike di corbellerie. Mettendo da parte la genialità di certe metafore, va detto che il signore in questione confonde la tutela dei patrimoni artistici (che consta di fatti) con il giudizio sulla storia (che consta di opinioni). E non è roba da poco giacché in questa colpevole confusione c’è tutta la visione del moderno regime: i dati di fatto non sono mai tali, in quanto c’è sempre un punto di vista governativo a sconvolgere la verità; le leve del pensiero dominante non vanno mosse da chi è saggio, cioè da chi è ontologicamente deputato a separare la cronaca dalle opinioni, ma da chi è furbo, cioè da chi emulsiona la realtà con la finzione.
Questo è il nostro paese, al momento.
Questo è il nostro ministro del Lavoro. Che forse avrebbe bisogno di riposo.

Grazie a Paolo Lussi.

Testa di Marrazzo

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

Non so quanti di voi si concedano festini con trans o pratichino il sesso mercenario, però ritengo che chiunque si cimenti in queste attività debba essere ben conscio dei rischi ai quali va incontro. Rischi di immagine (le precauzioni non sono mai troppe) e rischi di salute (le precauzioni non sono mai troppe) innanzitutto.
Però se siete personaggi in vista – tipo il governatore di una Regione – e avete pure famiglia, i rischi sono decuplicati. Come potreste mai pensare di mantenere la riservatezza? O come potreste mai appellarvi a quel diritto alla privacy che, ultimamente in questo Paese, si invoca come lasciapassare, come indulto mediatico, come pezza per pulirsi quando si è sorpresi con le dita nella marmellata?
Certo, potreste sempre rifugiarvi all’ombra del peccatore più grande: c’è sempre qualcuno che ha fatto di peggio, lo ha fatto prima e con maggiori danni. Però che tristezza…
Non so quanti di voi si concedano certe trasgressioni, però ritengo che chiunque lo faccia lecitamente, debba essere perfettamente conscio che la trasgressione comporta una lacerazione nel telo della riservatezza: perché è condivisa, perché chiama in causa la fiducia dei sodali, perché è un atto che rivela ad altri ciò che spesso si tiene nascosto persino a se stessi.
Quindi voi potete fare tutto quello che volete – a patto di non violare la legge – solo se rappresentate voi stessi, la vostra indole e la vostra capacità di rischio. Ma se siete il simbolo di una collettività (che vi ha eletto, che a voi si affida e che vi stipendia) le cose cambiano radicalmente: il vostro operato, anche fuori dall’ufficio, non prevede sussulti che mettano a rischio la vostra credibilità perché voi siete essenzialmente un simbolo.
Ecco perché se voi foste Piero Marrazzo sareste obbligati a girare per il Lazio, porta a porta, a chiedere scusa perché quel simbolo è stato oltraggiato dalla vostra stupidità.

Un altro lenzuolo ancora

lenzuolo contro cammarata

Un altro lenzuolo

manifesto contro cammarata

Spunta un lenzuolo

Lenzuolo contro Diego Cammarata, sindaco di Palermo

Quando arriva la Primavera?

cammarata_operaio

La foto è di Daniela Groppuso.

Guerra santa

Nessuno mi toglie dalla testa che le dimissioni di Dino Boffo sono tutto tranne che un atto di resa.
Strategicamente pesano più delle dieci domande di Repubblica.