Nessuna risposta

Prendete tutti quelli superindaffarati, uomini e donne in carriera con una vita di superlavoro, e metteteli da parte. Poi prendete tutti quelli distratti, quelli che dimenticano tutto, e metteteli da parte. Poi prendete tutti quelli depressi, quelli che non vogliono sentire e/o vedere nessuno perché non sanno che faccia affittare, e metteteli da parte. Poi prendete tutti quelli borderline con la legge, quelli che hanno debiti o pendenze (non anatomiche) di vario tipo, e metteteli da parte. Poi prendete tutti quelli negati per la tecnologia, quelli che non distinguono un telefonino da una ceramica di Nino Parrucca se non per il fatto che il primo glielo ha regalato la moglie e l’altra la suocera, e metteteli da parte. Prendete tutti quelli a cui voi fate una profonda antipatia e metteteli da parte.
Tra quelli che restano ci sono alcuni esemplari da studiare: sono quelli che si negano senza un apparente motivo, quelli che quando li chiamate al cellulare non rispondono mai.
Perché ignorano la chiamata di qualcuno che – loro lo sanno bene – non ha da chiedere nulla e semmai ha da offrire?
Perché sopravvivono senza sensi di colpa davanti ai messaggi del loro cellulare che gli ricorda la loro inadempienza?
Perché quando richiamano, freschi e pettinati, vi devono intavolare la favola di un impegno che per giorni o settimane ha impedito loro di schiacciare un minuscolo tasto?
Perché mentono senza che, in fondo, ce ne sia bisogno?
Nella mia esperienza ci sono due o tre casi di questo genere, che non fanno fenomeno ma mi forniscono un’indicazione di massima: si tratta di persone che confondono affetti con interessi, tempo libero con tempo pieno, sentimenti con alimenti, volontarietà con contingenza, prima con dopo. Si tratta comunque di persone infelici.
Se uno ci tiene alla loro amicizia, le richiama come se giocasse un terno al lotto. Altrimenti le manda a quel paese senza passare dal via.

Onorevole Cintola, un esamino

Pare che il deputato regionale siciliano dell’Udc Salvatore Cintola sia un consumatore di cocaina. Lui dice che non è vero. Bene, l’onorevole sarà di certo pronto a sottoporsi a un esame tossicologico (o come caspita si chiama). Lo faccia subito. Così, entro il weekend, tutti sapremo se lui mente o se è stato calunniato. Dopodiché ci sarà qualcuno che dovrà chiedere scusa e qualcun altro che dovrà essere cacciato a pedate.

Fenomenologia di Marcello Lippi

Fenomenologia di Marcello Lippi. Si mostra soddisfatto quando c’è da essere allarmati (pur non essendo allarmisti). Mastica rabbia perché il popolo non condivide, con un’unica ola da Aosta a Pachino, le sue scelte. Rimanda perennemente a una resa dei conti coi suoi detrattori dimenticando che lui è solo un allenatore di calcio e non un presidente del consiglio. Preferisce mettere in squadra i soliti noti piuttosto che dare spazio ai nuovi fuoriclasse. Ostenta il suo appeal di antipatico come se fosse una rockstar. Non è ancora cosciente della fortuna che, quattro anni fa, lo ha portato a vincere il Mondiale.
Si crede l’unico mister della nazionale di calcio in un Paese che ne conta più o meno sessanta milioni.

Vuoti di potere

Marciapiede davanti alla scuola Alberico Gentili, a Palermo.

Poche parole

di Raffaella Catalano

A Palermo, è sempre la solita vecchia storia.
Dove manca lo Stato, supplisce (ahinoi) la mafia.
Dove mancano l’Amia e Cammarata, supplisce (per fortuna, ma di certo non è gratis) Netturbini.com.
E così la “munnizza” ora è anche online.

Cammarata mondiale

Pare che l’evanescente sindaco di Palermo sia in Sudafrica per assistere alle partite dei Mondiali. A nessuno si nega una vacanza, né la possibilità di uno svago. Ma Cammarata è ormai il catalizzatore delle pochezze di Palermo. Svogliato, superficiale, inefficiente, questo sindaco è l’immagine riflessa di una città che galleggia davanti a un orizzonte di eutanasia civile e che non ha la forza, o il coraggio, di buttare via l’ultimo respiro e calarsi giù, a fondo.
Diego Cammarata può ovviamente andare in Sudafrica, come alle Maldive o chissà dove senza che nessuno gli chieda conto e ragione. Il problema è che poi ritorna, allungando l’agonia di una città che rischia di estinguersi prima di lui. E questo non è bello.

Prepararsi al tracollo

Volo Alitalia Palermo-Roma, la settimana scorsa. Se esiste ancora una compagnia di bandiera, la bandiera sarà di certo bianca.

La foto è di Giuseppe Giglio.

Il dio dei calli


“Nella vita privata, uno può fare quello che vuole”.
“Tutti  gli altri, quelli della sinistra, non è che sono meglio”.
“Basta con i fatti personali che vengono spiattellati sui giornali”.
“Mi dà fiducia perché è un imprenditore capace”.
“E’ stato costretto a scendere in campo, sennò lo avrebbero massacrato”.

Questo è un minimo campionario di frasi ricorrenti che potete ascoltare quando vi trovate al cospetto di un berlusconiano convinto. Inutile entrare nel dettaglio dei modi con cui smontare ogni singola affermazione: sarebbe come stilare un manualetto in cui si spiega a un bambino che il fuoco brucia. Meglio lasciare che l’incauto tenda la mano verso il tizzone e che impari sulla propria pelle. Noi confidiamo nei nostri calli e nella Provvidenza.

Venerdì prossimo

Ve lo dico con un certo anticipo, così magari non prendete altri impegni. Venerdì prossimo alle 18,30 alla libreria Feltrinelli di Palermo, io, Giacomo Cacciatore e Raffaella Catalano presentiamo il nostro nuovo romanzo “Salina, la sabbia che resta” (Dario Flaccovio Editore). Con noi ci sarà Salvo Toscano.

Parole contro i ladri di democrazia

C’è un fiorire di pagine bianche, fogli vuoti, rubriche vacanti per protestare contro la legge bavaglio imposta dai rapitori della democrazia.
In realtà adesso ci sarebbe un gran bisogno di pagine e fogli stracolmi, di un surplus di frasi, di un’overdose di concetti sensati proprio per contrastare chi vuole fermare le parole libere, chi vuol minare le fondamenta del mondo civile.
Vada per i post-it, ma non dimentichiamo la sana indignazione. Che è fatta di righe che riempiono, sanano, denunciano. L’importante è non lasciare spazio al vuoto.

La libido è un’opinione

di Abbattiamo i termosifoni

Ci sono certe cose, negli uomini, che mi frantumano l’attrazione. Nel senso che se una delle caratteristiche che citerò la avessero Mick Jagger, Denzel Washington, Filippo Timi o Pierfrancesco Favino – per nominare solo alcuni dei rappresentanti del genere maschile che più mi fanno gola – non potrei comunque passarci sopra. E quelle che per me sono le più potenti mine anti-seduzione credo rappresentino, almeno in parte, dei classici: A) calzini bianchi, B) calzini corti, ammessi solo se sportivi, ma non certo di filo di Scozia, C) anelli, bracciali e collane, se di metallo prezioso, D) perizoma, E) eccesso di peli, sebbene io non ami affatto i “cerettati”, F) mani brutte o femminee, peggio se visibilmente “manicurizzate”, G) chi si lava poco.
Aggiungo, e questi sono meno classici: H) struttura anche minimamente “a pera”, I) capelli biondi a contorno di faccette pulite da bravi ragazzi, L) altezza superiore all’1,85, perché gli spilungoni, soprattutto se molto magri, non mi attizzano quasi mai, M) labbra sottili.
Non ho mai amato la bellezza canonica. E infatti non boccio la pancetta, la testa rasata, il petto villoso, né un filo di sano “tamarrismo” (inteso come il contrario dell’eccessiva raffinatezza), che anzi…
Però ho un’idiosincrasia che nel campo della libido forse è solo mia: l’ignoranza sistematica della sintassi, della grammatica e della consecutio temporum. Non censuro gli scivoloni occasionali (quelli capitano a chiunque), ma la poca dimestichezza reiterata con la lingua italiana. Che mi smonta anche se viene fuori dalla magnifica bocca del più straordinario esemplare maschile. Il potere seduttivo del maschio, in quel caso, per me crolla allo zero assoluto.
E’ un grosso limite in tempi di sottocultura. Lo so.