di Abbattiamo i termosifoni
Ci sono certe cose, negli uomini, che mi frantumano l’attrazione. Nel senso che se una delle caratteristiche che citerò la avessero Mick Jagger, Denzel Washington, Filippo Timi o Pierfrancesco Favino – per nominare solo alcuni dei rappresentanti del genere maschile che più mi fanno gola – non potrei comunque passarci sopra. E quelle che per me sono le più potenti mine anti-seduzione credo rappresentino, almeno in parte, dei classici: A) calzini bianchi, B) calzini corti, ammessi solo se sportivi, ma non certo di filo di Scozia, C) anelli, bracciali e collane, se di metallo prezioso, D) perizoma, E) eccesso di peli, sebbene io non ami affatto i “cerettati”, F) mani brutte o femminee, peggio se visibilmente “manicurizzate”, G) chi si lava poco.
Aggiungo, e questi sono meno classici: H) struttura anche minimamente “a pera”, I) capelli biondi a contorno di faccette pulite da bravi ragazzi, L) altezza superiore all’1,85, perché gli spilungoni, soprattutto se molto magri, non mi attizzano quasi mai, M) labbra sottili.
Non ho mai amato la bellezza canonica. E infatti non boccio la pancetta, la testa rasata, il petto villoso, né un filo di sano “tamarrismo” (inteso come il contrario dell’eccessiva raffinatezza), che anzi…
Però ho un’idiosincrasia che nel campo della libido forse è solo mia: l’ignoranza sistematica della sintassi, della grammatica e della consecutio temporum. Non censuro gli scivoloni occasionali (quelli capitano a chiunque), ma la poca dimestichezza reiterata con la lingua italiana. Che mi smonta anche se viene fuori dalla magnifica bocca del più straordinario esemplare maschile. Il potere seduttivo del maschio, in quel caso, per me crolla allo zero assoluto.
E’ un grosso limite in tempi di sottocultura. Lo so.