Mignotte

Le liste del Pdl mi fanno venire i conati di vomito, Berlusconi ha ricandidato i soliti, con operazioni incomprensibili come mettere la Polverini nel Lazio. Non siamo mica nati ieri e sappiamo che ha candidato di nuovo delle mignotte. È cambiato troppo poco rispetto alle aspettative, la serietà delle persone è importante. Un censimento è difficile e vedendo le liste, volando basso, mi sono saltati agli occhi i nomi di una decina di mignotte, intese come persone che si adattano a fare qualsiasi cosa, che fanno quegli esercizi che non sono titolo di merito. Non è che se io faccio una scopata allora merito un aumento di stipendio.

Non lo dice Beppe Grillo. Né lo scrive Marco Travaglio. Non lo afferma Gianfranco Fini. Né lo manda a dire Antonio Ingroia.
Lo dice Vittorio Feltri, che dalla famiglia Berlusconi riceve un lauto stipendio.

Cavolo a merenda (o a Sanremo?)

pfm

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Nessuno potrà negare che una regola di vita del bravo cerimoniere, organizzatore di serate in compagnia o di menù da cena in piedi, sia innanzitutto il buonsenso negli accoppiamenti. Chi si impegna a creare una situazione conviviale valuterà, prima ancora del tono che intende dare alla serata, la prevalenza del “materiale” umano e mangereccio che ha a disposizione. Sarà tale prevalenza a definire lo spirito dell’evento. Chiamando in soccorso una punta di snobismo necessario (che confina con la ragionevolezza e le migliori intenzioni), sceglierà dunque di riunire vecchi compagni di scuola dalla battuta grassa con nuovi amici capaci di reggere botta. Chi ha una scorta di caviale varierà il menù con un’aggiunta di ostriche, mentre chi si ritrova con pane e olive si butterà sulla bruschetta e il vino corposo. Certo, nulla impedisce di mettere alla stessa tavola fois gras e broccoli, preti e mignotte, ma solo se si ha in animo di vivacizzare la riunione. Il contrasto dovrebbe essere supportato dalla consapevolezza dell’effetto che si vuole ottenere: altrimenti fa rima con disastro, e – parlando del cerimoniere – con impiastro. Il contrasto voluto e ricercato può essere una forma d’arte. Quello che ci sfugge di mano, invece, porta a un pessimo risultato: stridore, imbarazzo generale. Le affinità elettive in minoranza sprofonderanno nella costernazione. Quelle in maggioranza si chiuderanno a riccio. E l’ospitalità offerta dal padrone di casa sarà a dir poco ricordata  come goffa. Inopportuna. E’ la sensazione che ho provato ieri sera quando sul palco di Sanremo sono saliti i musicisti della Pfm a rimescolare le carte ammuffite della “kermesse” canora. Un piatto di caviale tra vassoi di ceci bolliti e bucce di fave, accolto da un applauso in piedi, che mi è sembrato quasi liberatorio, speranzoso, persino rabbioso, e che per un istante ha denudato il festival di Sanremo mostrandone lo stato di salute, l’assoluta ignoranza delle proprie condizioni. La storia di un minuto ha fatto sfigurare ore, anni di brutto spettacolo.  Un pugno di musicisti ha annichilito un’accozzaglia di ugole allo sbando. I cerimonieri l’hanno scambiato per un trionfo. Si sbagliano. E’ stata una zappata sui piedi.

Crisi e mignotte

Un pensiero mi ha preso, mentre mi riconnettevo col mondo dopo una breve e felice vacanza. Leggevo articoli arretrati, guardavo un tg, scorrevo qualche sito internet. Se c’è una parola che può racchiudere un panorama che parta dall’anno vecchio e arrivi all’anno nuovo, quella parola è – scusate la poca originalità – crisi.
Il pensiero che mi ha preso è stato questo: riuscirò a far quadrare i conti (almeno) nei prossimi dodici mesi? Il conforto di una consapevolezza globale dello stato di emergenza economica che da oriente a occidente allarma governi, aziende, condomini e minuscoli cittadini come il sottoscritto, non serve a nulla. Quando il male è comune, il mezzo gaudio è degli stolti: dovrebbero insegnarlo a scuola.
Serve invece una reale cultura premiale, con appendice rivoluzionaria. Traduco. Chi vale e chi ha meriti deve avere la possibilità (almeno la possibilità) di essere messo alla prova. Chi vale meno o chi gode di privilegi che non merita deve subire gli effetti di una classifica. Il caso più eclatante è quello dei parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana che brillano per improduttività e che, in controtendenza con il pianeta che li ospita, continuano a elargirsi nuovi privilegi: recentemente si sono raddoppiati il sostegno per l’acquisto della casa (che può essere adibita anche a segreteria politica) e si sono dati un bonus di cinquemila euro per il loro futuribile funerale.
Reale cultura premiale significa, in questo caso, distinguere il consenso elettorale dai meriti oggettivi. L’esperienza ci insegna che accumulare voti non è una garanzia universale di maestria (non parliamo di onestà). Se, in tempi di crisi, i suddetti parlamentari si togliessero dalle tasche almeno cinquemila euro di benefit, a fronte di svariate migliaia mensilmente percepiti, compirebbero un atto politico di una dirompenza inimmaginabile (infatti loro non riescono nemmeno a immaginarlo).
Appendice rivoluzionaria. E se qualcuno provasse a toglierglielo, quel surplus di soldi immeritati, come reagirebbero questi squallidi figuri? Avrebbero l’ardire di scendere in piazza e di sfilare in corteo con il codazzo di auto blu, portaborse, addetti stampa e mignottone esentasse?