Peccato

Manlio Di Stefano Francesco Merlo

Il bravo Francesco Merlo su la Repubblica compie un passo falso: bastava ammettere l’errore in una riga e mezzo e passare ad altro.

I costi (obbligati) della politica

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Certo, chiamarli “portaborse” è un modo per chiudere le porte della ragione e arroccarsi sulla rupe dell’indignazione. Ma provando a identificarli come “collaboratori esterni” forse lo scenario cambia. Il caso è deflagrato quando il Movimento 5 Stelle all’Ars ne ha assunti 26, tra giovani avvocati e laureati in giurisprudenza. Le prime grida di scandalo sono partite da uno che vede rosso quando all’orizzonte appare un grillino: il vicepresidente dell’Ars Antonio Venturino, ex pentastellato ed ex onorevole a stipendio ridotto. E, diciamolo, questa caccia allo strafalcione nei conti dei 5 Stelle è tanto stucchevole quanto fuorviante.

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Un presidente piccolo piccolo

giorgio napolitano

La mazzata di Giorgio Napolitano al Movimento 5 Stelle è senza precedenti. Ed è sbagliata nella forma e nella sostanza. Mai prima di oggi, il presidente della Repubblica aveva caricato a testa bassa un partito politico con regolare rappresentanza in Parlamento, neanche quando si trattava di bande di lestofanti acclarati.
Il fatto che il presidente della Repubblica accusi pubblicamente un partito di fregarsene dei problemi del Paese equivale a stangare la classe politica più giovane (e anche inesperta) e condizionare l’elettorato come mai era accaduto prima. Significa inoltre uscire da un ruolo istituzionalmente equidistante ed entrare in un ambito che non compete al Capo dello Stato.
Le posizioni del M5S possono essere più o meno condivisibili, questo attiene al dibattito politico e  a noi elettori. E’ certo che a fare una classifica di politici che se ne fregano dei problemi del Paese ci sarebbe ben altro da elencare. Eppure Napolitano sino ad adesso è stato equilibrato, e anche un po’ equilibrista, quando c’era da ululare per la vergogna di politici ladri, puttanieri, delinquenti, voltagabbana. I suoi richiami sono stati apprezzati, spesso, per il garbo e per la serena fermezza che oggi, ironia della sorte, sanno tanto di pavidità.
Non mi piace un Presidente che fa il politicante, forte coi deboli, arrogante, conservatore. Non mi piace proprio.

Il tetto che scotta

movimento 5 stelle sul tetto di monetcitorio

Al netto delle simpatie politiche, delle tare ideologiche, dei risentimenti personali, c’è da chiedersi: ma è mai possibile che un Paese in sbattimento per scoprire come salvare dalla legge – e contro la legge – un vecchio pregiudicato, proprietario di un partito che a sua volta è proprietario di una decina di milioni di voti, abbia la faccia di chiedere il conto a quattro parlamentari incensurati che pacificamente, e per mero interesse della collettività, hanno occupato il tetto di Montecitorio?
Si può essere più Online gokken een Nederlands live casino wordt steeds populairder, met de huidige internet technologie is het mogelijk om met dealers uit een echt casino uw favoriete casinospellen te spelen . o meno d’accordo con la politica del Movimento 5 Stelle, ma sprecare tempo istituzionale per andare a cercare il pelo nell’uovo in una manifestazione che ha comunque qualcosa a che fare con la democrazia, è spaventosamente scandaloso rispetto all’esercizio di incostituzionalità in cui i nostri parlamentari si stanno esibendo per strappare dalle maglie dei codici, delle norme basilari della Repubblica, un personaggio losco e pericoloso come Silvio Berlusconi.
Insomma, il danno economico di un manipolo di parlamentari che si asserraglia sul tetto di un palazzo del governo può mai essere ipotizzato, in una Nazione asserragliata sul tetto della civiltà per evitare che i delinquenti prendano, o mantengano, il potere?

Ricordate, il web non è democratico

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Dopo gli ultimi eventi che riguardano il Movimento 5 Stelle (ma non a proposito della politica del Movimento) mi ha colpito l’ennesimo riproporsi del concetto di democrazia in rete. E’ una discussione ormai antica, ma che non si arricchisce di nuovi contributi rimanendo vincolata a un concetto vetusto di maggioranza.
Il web, oggi più di ieri, non garantisce diritti e non sancisce patti di uguaglianza. La falsa prospettiva che chiunque in rete possa avere diritto di parola ha fatto molti danni non già alla verità, che è concetto astratto e delicato, ma alla verosimiglianza, che è concetto più alla portata di noi mortali. Un clic non è un voto, un clic non vale come un altro clic: non esistono certificazioni scientifiche e logiche che diano al web la corona di sovrano della democrazia.
E ciò soprattutto perché quel che è infinitamente grande, è infinitamente ristretto nell’attendibilità giacché se non ci si può contare con ragionevole certezza non si ha l’idea base del terreno su cui muoversi e confrontarsi.
Per non parlare dell’emivita di un clic ragionato, figura molto di moda in questi tempi di politica telematica (e, ripeto, non è solo al M5S che mi riferisco): in un secondo col mouse si può scegliere qualcosa e il suo contrario, basta un movimento impercettibile di polso.
Insomma, chiunque sul web può fare qualunque cosa con la speranza di contare come chi invece si muove con cauti ragionamenti. E ciò è esattamente il contrario della democrazia.

I grillini e lo specchio deformante del web

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Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

E’ vero: la vittoria ha cento padri, ma la sconfitta è orfana. Per questo già da tre giorni gli esponenti siciliani del Movimento 5 Stelle stanno cercando di trovare qualche genitore per il disastro delle amministrative siciliane. (…)
In Sicilia per queste elezioni è sostanzialmente mancato Beppe Grillo come è mancato Silvio Berlusconi, e le rispettive formazioni politiche sono colate a picco. Ciò induce a pensare che la capacità di presa, di calamitare attenzione, del Movimento 5 Stelle sia più simile a quella del Pdl che a quella del Pd, che infatti ha stravinto senza avere un vero leader (manco a pagarlo). Continua a leggere I grillini e lo specchio deformante del web

Dite a Grillo che sono preoccupato

beppe grillo

Dove vuole arrivare Beppe Grillo? La domanda la pongo a me stesso e non ai militanti del Movimento 5 stelle che, come telecomandati, mi risponderebbero: “Ad azzerare il sistema attuale”. Che poi sarebbe anche una risposta che mi convince se solo intravedessi i passaggi elementari di una strategia così dirompente. Perché – lo dico pubblicamente – io il movimento di Grillo l’ho votato: mi sentivo di dare fiducia ai giovani, alle facce nuove, alla politica pulita, alla democrazia low-cost.
Però adesso sono allarmato perché non ci capisco niente.
Grillo mostra, almeno nelle prime battute, di muoversi con schemi vetusti, lui che si pone come il grande rinnovatore. La logica di schieramento rigida e inscalfibile è roba da partito comunista di quarant’anni fa, chi ha la mia età se la ricorda. La blindatura delle dichiarazioni non concordate e l’accentramento del sistema di comunicazione è un’invenzione di Berlusconi, anno di grazia 1994. La ruggine del “chi non è con me è contro di me” è l’elemento che ha distrutto movimenti di popolo come la Rete, ed è passato qualche decennio. Continua a leggere Dite a Grillo che sono preoccupato

Dal “resistere” al cubo, al lapidario “vaffanculo”

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Ci sono due modi per cercare di capire come il “Movimento 5 stelle”, che ha la ruvidezza della protesta e la profondità dell’opinione, possa aver attecchito in modo così esemplare in una terra come la Sicilia, nella quale il voto di scambio – sia reale che simbolico – è sempre stato il perno di ogni competizione elettorale.
Il primo consiste nello scattare una fotografia dell’attuale situazione sociale ed economica e nell’analizzarne, con una lente d’ingrandimento, alcuni dettagli. Nella grana dell’immagine sono evidenti molti spazi vuoti: è il vuoto delle promesse che non possono più essere fatte, il vuoto di credibilità della politica isolana, il vuoto di motivazione strategica dei partiti. Nel voto di scambio è fondamentale la merce che passa di mano e se questa manca, viene meno la garanzia sulle speranze a buon mercato. Il movimento di Grillo ha riempito questi buchi, ponendosi non come alternativa – che sarebbe stato un tipico ragionamento politico, di quelli classici insomma – ma fisicamente come mastice, che ha chiuso, sigillato gli spazi vuoti.

Grillo, il trionfo e le risposte che servono

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Da ieri pomeriggio se uno dice “rivoluzione civile” è più intuitivo pensare al “Movimento 5 stelle” che al partito di Antonio Ingroia, che pure quelle parole se le era messe nel simbolo. E ciò perché alla luce dei fatti (e dei misfatti) elettorali i candidati di Beppe Grillo sono i protagonisti di un mutamento epocale che introduce una sorta di nuovo modello di rappresentanza sociale.
Se in passato si è parlato della Sicilia come di un laboratorio politico – un modo spesso elegante per ammantare nefandezze e tradimenti di una veste pittoresca e un po’ naif – oggi è il caso di identificarla come un palcoscenico: niente esperimenti, ma esibizioni, niente soluzioni scientifiche, ma doppi salti mortali.
Il movimento di Beppe Grillo ha riempito le piazze e i cuori di molti disillusi dalla politica, pur non riuscendo a influire sensibilmente, come invece da più parti ci si aspettava, sui refrattari al voto, ed ha saputo approfittare del vento contrario della politica per accelerare l’andatura: i velisti la chiamano bolina, tutti gli altri furbizia. All’Ars con la restituzione di parte dei compensi dei deputati e con l’opposizione al Muos e alle trivelle nel Belice ha dato una sua efficace interpretazione della “politica del fare”. Un buon punto di partenza, certo, ma tra l’atto dimostrativo, figlio legittimo dell’entusiasmo e della novità, e una coerente strategia amministrativa c’è differenza: una cosa sono i numeri in cui esibirsi, un’altra sono quelli da far quadrare.
L’esito delle elezioni politiche è quindi per il “Movimento 5 stelle” l’occasione per tendere i muscoli e spiccare il grande salto. Il vero ostacolo da superare è la coesistenza con gli altri, partiti e soprattutto elettori. L’ambizione dei grillini di rappresentare la vera Italia si schianta con i risultati elettorali che ci raccontano di tante piccole Italie, e soprattutto di tante piccole Sicilie che votano da un lato guardando dall’altro. Sinora Grillo ha scelto di non rispondere delle sue scelte riscuotendo una fiducia degna di un mahatma. Tra i suoi seguaci ha mostrato le migliori casalinghe, ha esibito i disoccupati più valorosi, ha schierato i laureati più incompresi. Si è persino scelto i giornalisti che dovevano interagire con lui (tagliandone fuori la maggior parte). (…)